By Sicurezza Internazionale
Maria Grazia Rutigliano
L’amministrazione Trump ha abbandonato i progetti volti a facilitare l’acquisizione dello status di rifugiati per i cristiani perseguitati del Medio Oriente. Tuttavia, “aumenterà la sicurezza” nelle zone di conflitto e nelle zone pacificate, in modo da permettere a queste comunità storiche di rimanere nei loro Paesi d’origine.
Maria Grazia Rutigliano
L’amministrazione Trump ha abbandonato i progetti volti a facilitare l’acquisizione dello status di rifugiati per i cristiani perseguitati del Medio Oriente. Tuttavia, “aumenterà la sicurezza” nelle zone di conflitto e nelle zone pacificate, in modo da permettere a queste comunità storiche di rimanere nei loro Paesi d’origine.
Secondo quanto ha dichiarato un funzionario americano al quotidiano The New Arab,
gli Stati Uniti hanno speso “centinaia di milioni di dollari” per
stabilizzare la turbolenta regione mediorientale, al fine di arrestare
la partenza delle minoranze perseguitate dei caldei, yazidi, assiri,
etc. Sam Brownback, l’ambasciatore globale per la libertà religiosa del
Dipartimento di Stato americano, ha affermato: “In passato abbiamo già
visto questo esodo, in particolare dei cristiani, dal Medio Oriente, e
abbiamo sempre detto, va bene, concediamo l’asilo a queste persone in
Occidente, che si tratti di Europa, Canada, Stati Uniti Stati,
Australia”, aggiungendo, “l’asilo è ancora concesso, ma questa volta
l’amministrazione vuole provare a dare alle comunità storiche di questi
Paesi la possibilità rimanere nella propria regione e di godere di una
vita libera e sicura”.
Brownback, ex governatore repubblicano del Kansas, ha
raccontato di aver visitato l’Iraq settentrionale a luglio. In
quell’area, i progetti di supporto statunitensi ed europei hanno
contribuito a decimare città e villaggi cristiani. “Erano rimaste circa
la metà delle comunità di queste minoranze religiose, nonostante le
chiese e le case fossero state ricostruite, queste antiche comunità
storiche dovrebbero poter rimanere lì”, ha affermato. Negli anni ’90,
l’Iraq ospitava ben 1,4 milioni di cristiani, due terzi dei quali erano
cattolici caldei, un gruppo di cristiani mediorientali in comunione con
la chiesa di Roma. Oggi ne rimangono meno di 250.000, secondo le stime
del rapporto annuale del governo americano sulla libertà religiosa. Tali
comunità hanno gravemente sofferto a seguito dell’invasione guidata
dagli Stati Uniti nel 2003, che ha portato ad una guerra tra le varie
fazioni. I cristiani della regione, in tale periodo, si trovarono in
mezzo a diversi scontri ed oggi continuano ad essere perseguitati nella
guerra civile in corso in Siria.
Durante le elezioni americane del 2016, il presidente Donald
Trump, allora candidato, sottolineò il fatto che, nonostante le palesi
persecuzioni, era “quasi impossibile” per i cristiani del Medio Oriente
ottenere lo status ufficiale di rifugiato negli Stati Uniti. “Cambierà
tutto”, aveva dichiarato. Da quando è entrato in carica, il
vicepresidente, Mike Pence, che promuove il sostegno elettorale da parte
dei cristiani evangelici, ha sottolineato in diverse occasioni che la
sopravvivenza delle comunità cristiane in Medio Oriente era a rischio e
che gli Stati Uniti sarebbero accorsi in aiuto. “La realtà è che in
tutto il mondo la fede cristiana è sotto assedio”, ha dichiarato Pence
in una conferenza tenutasi nel 2017 e dedicata ai cristiani
perseguitati. “E in nessun luogo questo assalto contro la nostra fede è
più evidente che nell’antichissima terra in cui è nato il
cristianesimo”.
Nonostante queste promesse, i numeri non sono a favore del
presidente Trump e del vice Pence. Uno studio di ottobre del Cato
Institute*, un gruppo di ricerca sulle libertà fondamentali nel mondo, ha
rilevato che i cristiani sono stati vittime di estreme restrizioni
nelle libertà di movimento, a causa delle politiche portate avanti dai
Paesi a maggioranza musulmana del Medio Oriente. Queste ne ha
influenzato le partenze verso Europa e America. Complessivamente, il
numero di rifugiati cristiani negli Stati Uniti è sceso del 64%,
rispetto agli ultimi mesi dell’amministrazione Obama. In particolare, il
numero di rifugiati cristiani siriani è diminuito del 94%, mentre
quelli provenienti dall’Iraq sono diminuiti del 99%. Nel maggio 2017, le
autorità statunitensi hanno iniziato a arrestare centinaia di cristiani
caldei e altri immigrati iracheni nel Michigan e in altri stati, con
l’accusa di violazione delle leggi sull’immigrazione. Tali detenuti sono
spesso stati minacciati di deportazione.
Anche i cristiani del Medio Oriente che hanno vissuto e
lavorato negli Stati Uniti per anni sono stati presi di mira in quella
che New Arab definisce la più ampia repressione recente
dell’immigrazione, con dozzine di cristiani iracheni che si trovano ora
nei centri di immigrazione, a rischio espulsione. Il contrasto tra la
retorica dell’amministrazione e le sue azioni ha deluso alcuni
evangelici che avevano sostenuto l’elezione di Trump nel 2016 e ha
provocato accuse di ipocrisia da parte di attivisti cristiani, gruppi
per i diritti umani e alcuni deputati. “Il presidente Trump ha promesso
di aiutare i rifugiati cristiani, ma le azioni parlano più delle parole:
finora, i numeri non ci sono”, ha riferito Mark Arabo, un sostenitore
dei cristiani iracheni perseguitati in Medio Oriente, che lavora presso
la Minority Humanitarian Foundation. “Ha promesso sicurezza, ha promesso
case, e cosa abbiamo da ottenuto? Niente. Ma questo potrebbe cambiare. I
soldi che stanno inviando non raggiungono le persone che ne hanno più
bisogno, e riceviamo ancora chiamate dai caldei che sono disperati e
vogliono solo venire negli Stati Uniti”. Tuttavia, per ora, sotto
l’amministrazione Trump, il sogno americano non sembra poter essere
accessibile ai cristiani perseguitati.
* Note by Baghdadhope
Cato Institute
October 3, 2018