Photo Mons. Basel Yaldo |
Gabriella Ceraso
"L'Iraq, la mia patria, la Siria e altri paesi del Medio Oriente, hanno vissuto e vivono ancora episodi di guerre atroci che minacciano la vita di semplici cittadini che non sono gli attori, ma le vittime quotidiane". E' forte la testimonianza che da Baghdad porta a Roma il cardinale designato Louis Raphael I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei. La sua voce si alternerà questa sera ai brani di Verdi, Franck e Perosi fino al momento in cui la piazza d’Armi della legione Allievi Carabinieri si illuminerà di rosso in ricordo del sangue versato, ancora oggi, da tanti cristiani in tutto il mondo, così come erano stati illuminati Fontana di Trevi nel 2016 e il Colosseo lo scorso 24 febbraio.
Il patriarca ricorda l'opera dell'Arma dei Carabinieri impegnati in
Iraq nella formazione delle forze di polizia locale e anche nella difesa
della diga di Mosul e dunque nella difesa dell'acqua che è vita per la
popolazione. Quindi traccia il quadro della realtà del Paese. Dalle
parole del patriarca emerge la necessità di tutti i cristiani del Medio
Oriente di un ambiente sicuro dove vivere in dignità e libertà come
cittadini. Più volte rimarca che "non importa essere musulmani o
cristiani, importante è essere cittadini: la mentalità settaria non è
giusta. Occorre arrivare ad una dichiarazione ufficiale nel mondo
musulmano per dire che tutti hanno gli stessi diritti: la religione va
considerata fatto privato non deve toccare la sfera politica". (Ascolta l'intervista al patriarca Sako sui cristiani perseguitati)
Altra azione necessaria- obiettivo anche del Concerto offerto dalla
Banda dei Carabinieri- è sollecitare un cambiamento di mentalità a
livello internazionale. "Non seguire solo interessi economici o guadagni
sicuri col traffico di armi, ma avere a cuore il bene dei popoli" è
l'auspicio di Sua Beatitudine Lous Raphael I Sako. La guerra condotta
dalle grandi potenze in territorio iracheno ha portato solo distruzione,
dice, ora deve lasciar spazio al dialogo: nelle parole del patriarca il
racconto di città rase al suolo, di chiese ridotte in macerie e di
responsabilità anche occidentali. La pace, afferma, sarà raggiunta solo
attraverso gli sforzi di tutti "contro l'ignoranza, l'oscurantismo e il
fanatismo".
Nella parole del patriarca anche i segni di speranza da cogliere
nella realtà irachena attuale. Come vescovo confessa di essere tenuto a
"cogliere i piccoli positivi cambiamenti in corso" e cita la voglia di
un "regime civile" che coinvolge anche i giovani musulmani, la richiesta
comune di una riforma constituzionale, l'attenuarsi dei toni di odio
dei predicatori nelle moschee o, ancora, il fronte compatto dei
musulmani contro l'estremismo dell'Isis. Poi, nelle sue parole,
l'incoraggiamento a tutti i cristiani affinchè prendano parte alla vita
civile e politica e si impegnino in prima linea a cambiare le cose.
La Chiesa in Pakistan, piccola ma viva
Mons. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi in Pakistan e cardinale designato, è il portavoce nel concerto di Roma della realtà cristiana del piccolo e complesso Paese asiatico. E' una minoranza- pari circa al 2% della popolazione- e assiste con preoccupazione al sorgere di un nuovo tipo di islam estremista e fanatico. Tutto- dice- influisce su di noi e sulla nostra Chiesa. Nonostante ciò, mons. Coutts presenta la comunità pakistana come libera e attiva in tante opere caritative, scuole, ospedali, centri di assistenza ad handicappati e drogati. E' con questo lavoro che conquistiamo, rivela l'arcivescovo, l'apprezzamento di tutti anche del governo. “Siamo una piccola minoranza ma non siamo una chiesa nascosta o silenziosa, siamo una chiesa viva, abbiamo le nostre sfide e tanti problemi ma per noi vivere come cristiani è testimoniare la fede con l'azione: così possiamo essere sale e luce nella società". (Ascolta l'intervista a mons.Joseph Coutts sui cristiani perseguitati)
Difficile la percezione del mondo cristiano Tra i problemi che devono affrontare i cristiani pakistani c'è anche la percezione distorta dell'Occidente e delle sue azioni. Parlando a Vatican News, l'arcivescovo racconta che i musulmani del Pakistan considerano Occidente come equivalente di "mondo cristiano". E allora la guerra in Iraq o l'invasione dell'Afghanistan, tutto è letto come un "attacco dei cristiani ai paesi musulmani". Alcuni imam, afferma, fanno di questo materia delle loro prediche, dicendo che le "crociate non sono mai finite ma continuano in un'altra forma". E' per questo che urge per i cristiani pakistani lottare per affermare una identità propria e radicata nel Paese.
La Chiesa in Pakistan, piccola ma viva
Mons. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi in Pakistan e cardinale designato, è il portavoce nel concerto di Roma della realtà cristiana del piccolo e complesso Paese asiatico. E' una minoranza- pari circa al 2% della popolazione- e assiste con preoccupazione al sorgere di un nuovo tipo di islam estremista e fanatico. Tutto- dice- influisce su di noi e sulla nostra Chiesa. Nonostante ciò, mons. Coutts presenta la comunità pakistana come libera e attiva in tante opere caritative, scuole, ospedali, centri di assistenza ad handicappati e drogati. E' con questo lavoro che conquistiamo, rivela l'arcivescovo, l'apprezzamento di tutti anche del governo. “Siamo una piccola minoranza ma non siamo una chiesa nascosta o silenziosa, siamo una chiesa viva, abbiamo le nostre sfide e tanti problemi ma per noi vivere come cristiani è testimoniare la fede con l'azione: così possiamo essere sale e luce nella società". (Ascolta l'intervista a mons.Joseph Coutts sui cristiani perseguitati)
Difficile la percezione del mondo cristiano Tra i problemi che devono affrontare i cristiani pakistani c'è anche la percezione distorta dell'Occidente e delle sue azioni. Parlando a Vatican News, l'arcivescovo racconta che i musulmani del Pakistan considerano Occidente come equivalente di "mondo cristiano". E allora la guerra in Iraq o l'invasione dell'Afghanistan, tutto è letto come un "attacco dei cristiani ai paesi musulmani". Alcuni imam, afferma, fanno di questo materia delle loro prediche, dicendo che le "crociate non sono mai finite ma continuano in un'altra forma". E' per questo che urge per i cristiani pakistani lottare per affermare una identità propria e radicata nel Paese.