By Fides
La Chiesa caldea “non è responsabile” delle posizioni espresse da partiti, organizzazioni e fazioni armate guidati da esponenti delle locali comunità cristiane, riguardo alla situazione dell'Iraq riguardo ai problemi attuali. In questa fase delicata – si legge in un testo diffuso dai media ufficiali del Patriarcato, e pervenuto all'Agenzia Fides - “Ognuno è responsabile personalmente delle proprie dichiarazioni e delle proprie azioni, e le prese di posizione di singoli e di militanti appartenenti alle comunità cristiane non vincolano in alcun modo gli altri battezzati di ogni parte del Paese, da Bassora fino a Zakho”.
Il pronunciamento patriarcale avviene in un momento critico: oggi, lunedì 25 settembre, le autorità della Regione autonoma del Kurdistan iracheno hanno fatto aprire le urne del referendum indetto unilateralmente per proclamare la propria indipendenza dal governo centrale di Baghdad. Nel documento citato, accennando al referendum indipendentista, il Patriarcato caldeo invita di nuovo tutti i soggetti interessati ad assumere un atteggiamento responsabile, e a procedere sulla via di un “dialogo coraggioso”, avendo come obiettivo la salvaguardia del bene delle popolazioni “che hanno tanto sofferto per le guerre e le violenze negli ultimi anni”.
Alla vigilia del referendum, le autorità della Regione autonoma del Kurdistan iracheno hanno messo in atto una ulteriore mossa per guadagnarsi l'appoggio delle minoranze, comprese quelle cristiane: il Consiglio supremo per il referendum, in una conferenza stampa svoltasi domenica 24 settembre, ha presentato un documento politico in 16 punti in cui vengono presi impegni sulla piena garanzia dei diritti personali e comunitari che verrà assicurata nel Kurdistan indipendente a tutte le componenti nazionali e religiose presenti nella regione. Nel testo, che vuole attestare e affermare il pluralismo etnico, religioso e culturale della società curda, l'articolo 2 promette anche autonomia e decentramento amministrativo nelle aree della regione in cui turkmeni, yazidi e cristiani caldei, assiri, siri e armeni hanno il loro radicamento storico. Il documento, che dovrebbe essere approvato nella prima sessione del parlamento indipendente del Kurdistan, promette anche l'eliminazione di ogni discriminazione su base etnica o religiosa, l'adesione del nuovo Stato alle convenzioni internazionali in tema di tutela dei diritti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose, e il coinvolgimento di tutte le componenti sociali, etniche e religiose negli organismi chiamati a redigere la nuova Costituzione.
Le diverse sigle e organizzazioni politiche locali animate da militanti assiri, caldei e siri, hanno reagito in maniera non uniforme al documento predisposto dal Comitato per il referendum: il Partito Zowaa (Assyrian Democratic Movement) ha ribadito che le promesse contenute nel documento non sono sufficienti a garantire la reale tutela dei diritti delle diverse componenti religiose e etniche, mentre tutti i portavoce delle sigle cristiane favorevoli al referendum hanno ringraziato Masud Barzani, Presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, per aver accolto le loro richieste anche in merito alla futura autonomia amministrativa da garantire alle aree di insediamento storico delle comunità cristiane .
La Chiesa caldea “non è responsabile” delle posizioni espresse da partiti, organizzazioni e fazioni armate guidati da esponenti delle locali comunità cristiane, riguardo alla situazione dell'Iraq riguardo ai problemi attuali. In questa fase delicata – si legge in un testo diffuso dai media ufficiali del Patriarcato, e pervenuto all'Agenzia Fides - “Ognuno è responsabile personalmente delle proprie dichiarazioni e delle proprie azioni, e le prese di posizione di singoli e di militanti appartenenti alle comunità cristiane non vincolano in alcun modo gli altri battezzati di ogni parte del Paese, da Bassora fino a Zakho”.
Il pronunciamento patriarcale avviene in un momento critico: oggi, lunedì 25 settembre, le autorità della Regione autonoma del Kurdistan iracheno hanno fatto aprire le urne del referendum indetto unilateralmente per proclamare la propria indipendenza dal governo centrale di Baghdad. Nel documento citato, accennando al referendum indipendentista, il Patriarcato caldeo invita di nuovo tutti i soggetti interessati ad assumere un atteggiamento responsabile, e a procedere sulla via di un “dialogo coraggioso”, avendo come obiettivo la salvaguardia del bene delle popolazioni “che hanno tanto sofferto per le guerre e le violenze negli ultimi anni”.
Alla vigilia del referendum, le autorità della Regione autonoma del Kurdistan iracheno hanno messo in atto una ulteriore mossa per guadagnarsi l'appoggio delle minoranze, comprese quelle cristiane: il Consiglio supremo per il referendum, in una conferenza stampa svoltasi domenica 24 settembre, ha presentato un documento politico in 16 punti in cui vengono presi impegni sulla piena garanzia dei diritti personali e comunitari che verrà assicurata nel Kurdistan indipendente a tutte le componenti nazionali e religiose presenti nella regione. Nel testo, che vuole attestare e affermare il pluralismo etnico, religioso e culturale della società curda, l'articolo 2 promette anche autonomia e decentramento amministrativo nelle aree della regione in cui turkmeni, yazidi e cristiani caldei, assiri, siri e armeni hanno il loro radicamento storico. Il documento, che dovrebbe essere approvato nella prima sessione del parlamento indipendente del Kurdistan, promette anche l'eliminazione di ogni discriminazione su base etnica o religiosa, l'adesione del nuovo Stato alle convenzioni internazionali in tema di tutela dei diritti delle minoranze etniche, linguistiche e religiose, e il coinvolgimento di tutte le componenti sociali, etniche e religiose negli organismi chiamati a redigere la nuova Costituzione.
Le diverse sigle e organizzazioni politiche locali animate da militanti assiri, caldei e siri, hanno reagito in maniera non uniforme al documento predisposto dal Comitato per il referendum: il Partito Zowaa (Assyrian Democratic Movement) ha ribadito che le promesse contenute nel documento non sono sufficienti a garantire la reale tutela dei diritti delle diverse componenti religiose e etniche, mentre tutti i portavoce delle sigle cristiane favorevoli al referendum hanno ringraziato Masud Barzani, Presidente della regione autonoma del Kurdistan iracheno, per aver accolto le loro richieste anche in merito alla futura autonomia amministrativa da garantire alle aree di insediamento storico delle comunità cristiane .