Fonte: Radiovaticana
In Iraq, proseguono gli attacchi contro la comunità cristiana di Mossul. Ieri sera, è stato ucciso un uomo di 75 anni, proprietario di un piccolo negozio di verdura e legumi di fronte al convento dei Padri domenicani. E non si hanno poi più notizie di una studentessa cristiana rapita lo scorso 31 dicembre da un gruppo islamico. Si tratta di azioni terroristiche che alimentano una spirale di violenza caratterizzata da attacchi a chiese, da sequestri e omicidi per costringere i cristiani a fuggire dal Paese.
E’ quanto sottolinea l’arcivescovo siro-cattolico di Mossul, mons. Georges Casmoussa, raggiunto telefonicamente in Iraq da Amedeo Lomonaco:
"La situazione dei cristiani in Mossul non è molto buona. Molti episodi, brutti episodi, si sono verificati nel mese di dicembre: molte chiese sono state bombardate o attaccate e alcuni cristiani sono stati uccisi a Mossul. Cinque o sei persone sono state uccise nel mese di dicembre. A Natale e Capodanno, le nostre chiese erano vuote, perché molte delle strade per raggiungere le nostre chiese sono state chiuse. Non è una situazione normale, non c’è sicurezza e sentiamo che le autorità centrali o locali non riescono ad avere il pieno controllo soprattutto ora, prima delle elezioni."
D - Ieri, il Papa nel discorso al Corpo diplomatico ha esortato governanti e cittadini iracheni ad oltrepassare la divisione, la tentazione della violenza e l’intolleranza per costruire insieme l’avvenire del Paese. Quale significato hanno per la comunità cristiana irachena le parole del Santo Padre?
"Sappiamo che il Santo Padre parla spesso della Chiesa irachena. Noi abbiamo molte, molte difficoltà nel restare in città - a Baghdad, a Mossul, a Bassora - e molte famiglie lasciano queste città per altri luoghi in Iraq. Apprezziamo, con molta gratitudine, il Santo Padre per i suoi appelli. Ogni volta che il Papa parla dell’Iraq, per noi è molto importante."