By Baghdadhope*
Fonte delle notizie: Ankawa.com
Ci sono molti modi per far sentire una comunità non ben accetta in un luogo. A Mosul non si può dire non li abbiano provati tutti. E' di oggi la notizia riportata dal sito Ankawa.com dell'ennesimo assassinio di un membro della comunità cristiana.
Abu Saif, "padre di Saif" come lo chiamavano in omaggio al nome del suo primo figlio maschio, si chiamava Sa'adallah Yousef Girgis, aveva 52 anni, era sposato, vendeva frutta e verdura a Mosul ed è stato ucciso a sangue freddo da diversi colpi di pistola sparatigli da uomini sconosciuti proprio mentre era al lavoro.
Assassinii di civili, sacerdoti e vescovi, rapimenti, intimidazioni, sgomberi. Per i cristiani di Mosul sono storia vecchia. Ogni metodo è buono per intimidirli e costringerli alla fuga forse per "pulire" la città da ogni elemento non islamico, certamente per impossessarsi delle loro case, delle loro attività commerciali, dei loro posti di lavoro.
Non è possibile ucciderli tutti. Qualcuno rimarrebbe, ed una simile azione potrebbe attirare l'attenzione internazionale - peraltro sempre prudente nell'associare il termine genocidio a quello dei cristiani - ma è possibile terrorizzarli al punto da farli "volontariamente emigrare" con la certezza che la fuga dei singoli - una lenta agonia per la comunità - si perderà nel calderone delle storie di tutti i profughi del mondo.
Forse succederà, ad esempio, per gli studenti cristiani dell'università di Mosul alla luce di quelle che in Italia normalmente si chiamerebbero "intimidazioni mafiose" avvenute giorni orsono.
Il 10 gennaio l'esplosione di un ordigno esplosivo piazzato su una delle ruote posteriori di uno dei circa 20 autobus che trasportano gli studenti a Mosul dalla vicina cittadina di Bakhdida ha causato il ferimento di alcuni di loro. L'esplosione è avvenuta nel garage dove l'autobus era parcheggiato in attesa degli studenti da riportare a casa. Cinque di loro sono rimasti leggermente feriti dai vetri del mezzo e tre di loro, le sorelle Wafa e Nada Youssef Alqassab e un ragazzo, Karim Younadam, hanno sofferto ferite più gravi. Secondo alcune fonti di Ankawa.com il preside dell'università avrebbe immediatamente incaricato il dipartimento di ingegneria di costruire delle protezioni per gli autobus che trasportano gli studenti cristiani, la polizia ha avviato delle indagini ed addirittura catturato un sospetto: uno studente della stessa università residente nella provincia di Telafar. Nonostante ciò il 16 gennaio un altro ordigno, fatto detonare dagli artificeri della polizia in un'area sicura, è stato ritrovato su un autobus questa volta quando ancora era nei pressi di Bakhdida.
Ci stupiremo quando scopriremo che uno studente di Bakhdida, Iraq, cercherà di continuare la sua vita altrove? Magari proprio nella nostra città?
Ma noi, cosa faremmo al suo posto?