"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

29 novembre 2006

La Chiesa Caldea in Turchia

Fonte: Osservatore Romano su Korazim.org

Una breve storia della presenza della Chiesa Cattolica Caldea in Turchia

Le vicende storiche dell’antica comunità caldea
sempre in comunione con il Successore di Pietro
di
François Yakan
Vicario Patriarcale di Diarbekir, Amida dei Caldei


Gli storici fanno risalire a 4.760 anni prima della nostra era la presenza del popolo assiro-caldeo in questa terra d’Oriente. In questa terra in continuo cambiamento gli assiro-caldei hanno conservato attraverso i secoli, anche negli anni turbolenti, le loro tradizioni e la loro lingua, l’aramaico-siriaco.
La storia della Chiesa caldea in Turchia comincia con la storia del cristianesimo. Non è dunque esagerato dire che è stata la prima Chiesa missionaria, dunque la prima Chiesa cattolica, sempre in comunione con il Successore di San Pietro, anche se in passato le sono stati attribuiti altri titoli e nomi. È stata la Chiesa che, fin dai primi secoli, ha istituito una liturgia propria per la festa di San Pietro e san Paolo.
In passato, vi sono state diverse Diocesi in Turchia, soprattutto nell’Est, e Diarbekir è stata Sede patriarcale. L’Arcidiocesi, fino al 1966, è stata presente nella Turchia orientale, a Diarbekir. A partire da quell’anno, l’Arcivescovado, a seguito degli eventi politici succedutisi nella regione, ha trasferito la sua sede a Istanbul.
La comunità caldea della Turchia ha conosciuto alti e bassi dal 1966 al 1980, e la maggior parte dei caldei dell’Est è andata in esilio all’estero. Negli otto ultimi villaggi nell’Est non è restato un solo cristiano. Attualmente la comunità nazionale consta di 1.000 fedeli, ai quali bisogna aggiungere i numerosi rifugiati provenienti da tutto il Medio Oriente, soprattutto dall’Iraq. È impossibile aggiornare queste cifre in quanto ogni settimana riceviamo decine di nuovi rifugiati spesso traumatizzati, malati, disabili, o vedove con molti figli e senza risorse. Il numero oscilla fra 3.400 e 5.600 persone, a seconda della situazione vissuta in Medio Oriente...

La situazione religiosa
Il lavoro pastorale consiste nei tre campi descritti di seguito. La catechesi dei bambini occupa il primo posto. Per i bambini di nazionalità turca da qualche anno prevediamo un percorso catechetico dalla durata di 4 anni, inter-rituale, e più specificatamente con i siro-cattolici, con la formazione di catechisti (risveglio alla fede, primo, secondo e terzo anno: preparazione alla comunione, studio biblico e formazione di animatori e animatrici). È prevista inoltre la produzione di strumenti catechetici in lingua turca.
Per i bambini dei rifugiati, sono previsti corsi per i catechisti rifugiati in lingua araba e caldea, con l’aiuto dei Padri salesiani. Ogni anno, da 30 a 40 bambini vengono preparati alla prima Comunione. Si tratta di una pastorale adattata alla situazione dei rifugiati che sono sul punto di perdere la speranza poiché si sentono dimenticati da tutti. È veramente urgente trovare soluzioni durature per i cristiani in Iraq.
Nell’insieme, i parrocchiani, che vivono in diverse zone di questa grande città di Istanbul e nella sua periferia, partecipano regolarmente in famiglia alla Messa domenicale.
Celebriamo decine di battesimi e proponiamo ai genitori e alle giovani coppie una preparazione al battesimo della durata di tre mesi, al fine di approfondire il significato del nostro battesimo e della nostra identità di cristiani oggi, in un contesto non cristiano.
Proponiamo anche ai futuri sposi una preparazione al matrimonio, per approfondire il significato di questo sacramento. Purtroppo da qualche anno si sono verificati diversi casi di divorzio. I matrimoni inter-rituali non pongono problemi enormi come in passato.
L’Associazione delle donne, che si riunisce ogni quindici giorni per pregare e ricevere un insegnamento religioso tematico (2000-2001: approfondimento del Vangelo e studio degli evangelisti; 2001-2002: Lettere di san Paolo; 2002-2003: come pregare con il Nuovo Testamento; 2004-2005: Eucaristia; 2006-2007: la carità e la vita cristiana). Abbiamo osservato una vera sete di conoscenza della cultura cristiana da parte dei nostri fedeli in Turchia.
Un anno fa l’Associazione di Aiuto ai Rifugiati è stata riconosciuta dalle autorità turche e aperta a fedeli di diversi riti al fine di soccorrere e difendere le migliaia di rifugiati dimenticati lungo le vie dell’esilio. Per ciò che concerne la collaborazione con i Vescovi di altri riti cattolici, questa avviene secondo i bisogni e in particolare nel corso delle riunioni della Conferenza Episcopale. È naturale e urgente rimettersi in discussione in tutti gli ambiti e vedere come ampliare e portare avanti la Chiesa cattolica in Turchia e adattare i modi di trasmissione della fede ai bisogni e alle mentalità dei nostri giorni, pur restando fedeli alla Sacra Scrittura in questi tempi difficili.

La situazione economica
L’edificio dell’Arcivescovado, del 1874, è stato piano piano ristrutturato. Purtroppo è stato danneggiato dal terremoto del 1999. Abbiamo nuovamente provveduto al restauro, in particolare della copertura del tetto, del sesto piano, dei canali di scolo dell’acqua e anche degli affreschi della cappella, danneggiati dalle inondazioni. Grazie ai doni dei benefattori abbiamo potuto porre rimedio ai danni provocati dal terremoto. Tuttavia nel 2003 l’attentato contro il Consolato britannico ha recato enormi danni alla nostra chiesa e al nostro edificio, e due persone sono state leggermente ferite. L’edificio è stato evacuato ed è rimasto vuoto per diverse settimane. Sono restato da solo a sorvegliare la chiesa demolita, con le sue vetrate rotte e senza protezioni e per un mese ho lavorato alla luce delle candele. Abbiamo lanciato un appello alla solidarietà e i benefattori sono venuti subito in nostro aiuto. La comunità ha preso a prestito la somma mancante per concludere il restauro della chiesa e dell’edificio.
Attualmente noi abbiamo due luoghi di culto a Istanbul: nella cripta della chiesa di sant’Antonio e nella cappella dell’Arcivescovado.
Nell’Est della Turchia la Diocesi comprende diverse antiche chiese storiche, a Diarbarik e a Mardin in particolare, con i loro titoli di proprietà. Le chiese sono però in cattivo stato e hanno bisogno di riparazioni per la salvaguardia di questo patrimonio culturale e religioso. Per tutta la Chiesa cattolica si tratta di una vera posta in gioco per il futuro.
La Diocesi non ha entrate, a parte la questua e le offerte del culto provenienti da un centinaio di famiglie. Ciò non permette neppure di pagare le spese dei due luoghi di culto, il loro mantenimento, il riscaldamento e le piccole riparazioni. Il clero fa fatica a soddisfare le proprie necessità quotidiane e non vi è neppure una previdenza sociale, un sostegno da parte di altri organismi. I parrocchiani fanno il possibile e si organizzano fra loro per soddisfare i bisogni più urgenti e ogni mese attribuiscono una somma simbolica al loro clero. L’intera gestione della Diocesi è affidata all’associazione dei parrocchiani. I conti sono gestiti da un gruppo composto da 12 persone.

La Liturgia
La vita dei nostri fedeli è scandita dalla liturgia, che rivela l’identità dei nostri popoli. Celebriamo sempre nella lingua aramaica, secondo la liturgia assiro-caldea di Addaï e Mari. Ci sforziamo di celebrare una parte della liturgia nella lingua nazionale turca. I santi e i martiri sono venerati e festeggiati come in passato. Il sacramento della penitenza è ancora praticato, ma è in diminuzione. Il sacramento dell’Eucaristia è molto seguito e la festa della Croce riveste grande importanza. Il sacramento del matrimonio è sempre più inter-rituale, il che comporta una preparazione più approfondita. Nelle Chiese orientali è raro amministrare il sacramento del matrimonio a una persona non battezzata.
La mancanza di sacerdoti non può essere colmata dai laici. Fino al 1986 la Diocesi aveva diversi sacerdoti. Con l’esodo dei fedeli, questi sacerdoti si sono recati tutti all’estero e più in particolare in Francia. Forse non è stato fatto tutto il possibile per trattenere questi cristiani a Istanbul. Non si è potuto forse aiutarli dal punto di visto sociale e finanziario.
Dal 2004 sono il solo sacerdote caldeo per tutta la Turchia e per le migliaia di rifugiati disperati che meritano più di tutti protezione e di sentirsi degni. Non riesco ad affrontare, le giornate non sono abbastanza lunghe, la pesante mole di lavoro da svolgere e sempre con urgenza. La Diocesi non ha religiosi ed è urgente che altri sacerdoti vengano qui per recare aiuto.

Una Chiesa missionaria
Si tratta di una Chiesa profondamente missionaria fin dalla sua creazione. Prima di tutto di una Chiesa profondamente cattolica, in quanto è questa Chiesa ad avere annunciato il Vangelo in Medio Oriente, in Armenia, nel Caucaso, in India e persino in Cina. Quest’anima missionaria è sempre viva, continua a donare testimonianze di fede, continua a vivere la "Via Crucis" di Nostro Signore nel tempo presente come è stato in passato. Nella liturgia le preghiere per la missione sono molto importanti.
In Turchia non abbiamo seminari, pertanto ci troviamo a volte di fronte a vocazioni che non sappiamo dove orientare. Per questo è urgente trovare un luogo di studio per queste vocazioni. Nel programma di Educazione nazionale vi è posto solo per l’insegnamento dell’islam e ai nostri bambini cristiani l’insegnamento religioso può essere impartito solo nelle parrocchie nei giorni in cui non vanno a scuola. La cultura cristiana ci manca veramente!
I laici sono particolarmente legati al loro clero. Ci mettono tanta buona volontà per collaborare con noi in tutti gli ambiti: spirituali e materiali. Danno quello che possono e servono ugualmente secondo le loro possibilità. Si è potuto costituire un comitato molto attivo composto da 12 persone. Ci riuniamo una volta al mese o di più se necessario al fine di risolvere alcuni problemi che riguardano l’insieme della Diocesi.
Con i salesiani abbiamo istituito una pastorale rivolta ai rifugiati, agli adolescenti, ai giovani. Si riuniscono ogni settimana. Noi assicuriamo loro una formazione umana e spirituale adatta alla loro età e ai loro bisogni di esiliati. Il nostro fine è di proteggerli, anima e corpo, affinché restino fedeli al loro battesimo. Una riunione di condivisione della Parola e di preparazione alla liturgia e alle celebrazioni si tiene nel centro socio-culturale dell’Arcivescovado, tutti i sabati e le domeniche. S’impartono anche corsi di lingua aramaica.

Ecumenismo
I nostri rapporti con i non cattolici sono buoni. Gli incontri e le riunioni hanno un valore simbolico e non portano a risultati significativi per avvicinare i fedeli di entrambi i credi. Se gli uomini metteranno da parte il loro orgoglio e la loro ideologia, allora l’auspicio del Nostro Salvatore "che tutti siano uno" sarà realizzato. Non è forse questo un compito urgente per i Pastori e per tutti i battezzati del terzo millennio? Di fatto è attraverso l’unità che la pace germina nei cuori degli uomini. Laddove vi è l’unità, vi sarà la pace.

Che cosa fare in futuro?
È difficile parlare del futuro, ma non bisogna incrociare le braccia. In effetti abbiamo una grande responsabilità nel vivere e lavorare in questa regione in cui il cristianesimo è nato, e nel conservare la lingua di Cristo e annunciare le Sue lodi e le Sue meraviglie.
Per questo prima di tutto occorrerebbe creare strutture in loco adatte al popolo e alla sua mentalità per salvaguardare l’identità culturale e religiosa della comunità assiro-caldea. Bisognerebbe creare un centro di accoglienza per i giovani esiliati e per quanti sono nel bisogno e un centro di irradiamento spirituale, per suscitare le vocazioni. Una volta realizzate queste opere, nascerebbe un nuovo slancio per la Chiesa assiro-caldea e per tutta la Chiesa cattolica in Turchia.
"Sia fatta la tua volontà", Signore, donaci al più presto la Tua Pace.