Fonte: Radiovaticana
Parla di emorragia mons. Georges Casmoussa, arcivescovo di Mosul, riferendosi all’esodo che quotidianamente priva l’Iraq di molti dei suoi figli, in fuga dalle violenze. Nel suo intervento, tenuto a Parigi nel corso della tavola rotonda dal titolo “Cristiani d’Iraq: voci, realtà, sfide”, il presule ha sottolineato che la violenza minaccia tutte le comunità ma i cristiani, in quanto minoranza, si sentono particolarmente vulnerabili. “La Siria ha accolto non meno di 1,2 milioni di iracheni, tra cui decine di migliaia di cristiani; persone che hanno perso tutto e con pochissimi risparmi per sostenersi” ha raccontato mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo. In Giordania - ha aggiunto mons. Salim Sayegh, vicario del Patriarcato latino di Amman - il governo passa da un atteggiamento severo all’indulgenza, e i rifugiati si confrontano sempre più con l’esigenza di ottenere permessi di soggiorno. Suona come un grido di allerta, infine, l’intervento di mons. Francois Yakan, vescovo caldeo di Istanbul. Ricordando che la Turchia accoglie circa 10.000 rifugiati iracheni, il presule ha sottolineato infine che "bisogna agire e reagire, domandare ai nostri governi di avere un atteggiamento responsabile riguardo alle politiche sul Medioriente”. Segnali positivi arrivano nelle ultime settimane dal progressivo rientro in Iraq di un numero crescente di profughi. In queste ore - riferisce l’agenzia Asianews - un convoglio di autobus messo a disposizione dal governo di Baghdad permette a 800 rifugiati in Siria di tornare a casa in un clima di maggiore sicurezza. Secondo i dati diffusi dal governo iracheno a metà novembre sarebbero migliaia i rientri quotidiani incoraggiati da incentivi di natura economica. Tra i motivi del rientro, l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) invita a non trascurare il peso delle difficili condizioni economiche che grava sui rifugiati in terra straniera.
Parla di emorragia mons. Georges Casmoussa, arcivescovo di Mosul, riferendosi all’esodo che quotidianamente priva l’Iraq di molti dei suoi figli, in fuga dalle violenze. Nel suo intervento, tenuto a Parigi nel corso della tavola rotonda dal titolo “Cristiani d’Iraq: voci, realtà, sfide”, il presule ha sottolineato che la violenza minaccia tutte le comunità ma i cristiani, in quanto minoranza, si sentono particolarmente vulnerabili. “La Siria ha accolto non meno di 1,2 milioni di iracheni, tra cui decine di migliaia di cristiani; persone che hanno perso tutto e con pochissimi risparmi per sostenersi” ha raccontato mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo. In Giordania - ha aggiunto mons. Salim Sayegh, vicario del Patriarcato latino di Amman - il governo passa da un atteggiamento severo all’indulgenza, e i rifugiati si confrontano sempre più con l’esigenza di ottenere permessi di soggiorno. Suona come un grido di allerta, infine, l’intervento di mons. Francois Yakan, vescovo caldeo di Istanbul. Ricordando che la Turchia accoglie circa 10.000 rifugiati iracheni, il presule ha sottolineato infine che "bisogna agire e reagire, domandare ai nostri governi di avere un atteggiamento responsabile riguardo alle politiche sul Medioriente”. Segnali positivi arrivano nelle ultime settimane dal progressivo rientro in Iraq di un numero crescente di profughi. In queste ore - riferisce l’agenzia Asianews - un convoglio di autobus messo a disposizione dal governo di Baghdad permette a 800 rifugiati in Siria di tornare a casa in un clima di maggiore sicurezza. Secondo i dati diffusi dal governo iracheno a metà novembre sarebbero migliaia i rientri quotidiani incoraggiati da incentivi di natura economica. Tra i motivi del rientro, l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) invita a non trascurare il peso delle difficili condizioni economiche che grava sui rifugiati in terra straniera.