"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 aprile 2022

La Chiesa Assira dell'Est e l'Antica Chiesa dell'Est ci riprovano. Inizio di nuovi colloqui per la riunificazione.

By Baghdadhope*

Il patriarca della Chiesa Assira dell’Est, Mar Awa III, ed il patriarca vicario della Antica Chiesa dell'Est, il Metropolita Mar Yako Daniel, hanno annunciato che il prossimo 9 maggio a Chicago (USA) si terrà un incontro ai massimi livelli delle due chiese per discuterne la riunificazione dopo lo scisma del 1968.
Le due chiese discendono infatti dall’unica Chiesa dell’Est il cui patriarca Mar Eshai Shimun XXIII nel 1933 fu costretto all’esilio dall’Iraq prima a Cipro e poi negli Stati Uniti d’America. L’aumento dell’emigrazione dei cristiani iracheni verso l’occidente spinse nel 1964 il patriarca ad adottare per le festività natalizie e pasquali al posto del calendario giuliano quello gregoriano più diffuso nei paesi della diaspora.
Questo cambiamento, unito al desiderio dei fedeli rimasti in patria di avere la sede patriarcale a Baghdad ed alla contestazione della pratica del "Natar Kursi", l’ereditarietà del titolo patriarcale che passava da zio a nipote come era successo anche nel caso di Mar Eshai Shimun XXIII, portarono nel 1968 allo scisma.
Mar Thoma Darmo, il Metropolita di Trichur (India) della Chiesa dell’Est si trasferì a Baghdad dove nominò tre vescovi che a loro volta lo elessero patriarca della Antica Chiesa dell’Est, carica che poté esercitare però per un solo anno vista la sua morte l’anno successivo.
Da quel lontano 1968 i rapporti tra le due chiese sono stati altalenanti anche se quasi all’inizio del nuovo millennio si sono intensificati e sono genericamente migliorati. La riunione di due chiese, per quanto sorelle, presenta però degli ostacoli non facili da superare e che sono emersi ogni qualvolta se ne sia parlato.
Perché, ad esempio, annunciare per il 9 di maggio l’inizio della discussione sulla possibile riunificazione delle due chiese quando il 3 di marzo Mar Gewargis Younan, Segretario del Sinodo dell’Antica Chiesa dell’Est e vescovo degli Stati Uniti d'America Orientali e d'Europa ha annunciato che la scelta del successore del patriarca Mar Addai II (morto l’11 febbraio scorso) sarà il tema del prossimo sinodo che inizierà sempre a Chicago ma il 30 di maggio?
Una domanda che ne suggerisce un’altra: in un’ipotetica nuova chiesa unita come potrebbero convivere due patriarchi? Quale tra le due chiese riconoscerebbe la superiorità dell’altra rinunciando a tutto ciò che da essa la distingue?
Se per decenni le due chiese sono state geograficamente divise avendo una la sede patriarcale a Chicago (Chiesa Assira dell’Est) e l’altra a Baghdad (Antica Chiesa dell’Est) ora che entrambe hanno sede in Iraq in un processo di riunificazione quale sede sarebbe la prescelta? Baghdad, dal 1968 sede patriarcale dell’Antica Chiesa dell’Est, perché rappresenta la continuità con la terra ancestrale ma che di anno in anno perde fedeli ed importanza, o Erbil dove è “tornata” la sede patriarcale della Chiesa Assira dell’Est dopo l’esilio americano e che per la massiccia emigrazione dei cristiani da ogni parte del paese a seguito della guerra, delle violenze e del periodo di controllo del nord da parte dell’ISIS è diventata ormai la capitale cristiana in Iraq?
E che ne sarebbe dei vescovi delle due chiese che ora hanno giurisdizione sugli stessi territori come ad esempio i due metropoliti dell’Australia e della Nuova Zelanda, Mar Yako Daniel (sempre che non sia lui il nuovo patriarca prescelto dell’Antica Chiesa dell’Est) e Mar Meelis Zaia?
E se, una volta prescelto il nuovo patriarca dell’Antica Chiesa dell’Est, nel corso delle discussioni per la riunificazione che di certo non saranno brevi,  uno dei due patriarchi dovesse mancare i vescovi della sua chiesa accetterebbero di buon grado l’autorità dell’altro o si sentirebbero svantaggiati al punto di fermare il processo di riunificazione?
Le risposte a queste domande non sono facili, ma d'altra parte nulla lo è per gli iracheni di fede cristiana, pochi e divisi tra diverse chiese la cui unione, formale ma anche solo nelle azioni, è però l'unico sistema per far fronte comune al pericolo della lenta ma inesorabile sparizione che da decenni incombe su di loro.