By AgenSIR
Daniele Rocchi
“Siamo tornati, siamo tornati”.
La voce di padre Paolo Mekko, parroco caldeo di Karamles, villaggio cristiano della Piana di Ninive, non ha più il tono sommesso di quando raccontava la fuga dei cristiani, almeno 100mila, da Mosul e dai loro villaggi incalzati dalle bandiere nere dello Stato islamico (Isis). Era l’estate del 2014. Il Califfo al-Baghdadi voleva cancellare la presenza cristiana ma è stato sconfitto e i cristiani stanno tornando nelle loro proprietà, mano a mano che vengono ristrutturate e ricostruite. Un messaggio di speranza e di vittoria che trova ulteriore significato in questo Natale, “il vero primo Natale nei nostri villaggi oramai sicuri e liberati” dice il sacerdote. Non lo erano nel dicembre 2016, subito dopo la liberazione avvenuta solo due mesi prima. Molti jihadisti, infatti, erano ancora rintanati a combattere tra le case distrutte. Ma oggi i boati delle bombe, i sibili delle pallottole sono un ricordo che tutti, “qui nella Piana vogliono lasciarsi dietro le spalle. Vogliamo guardare avanti”. Rinascono le case e anche le chiese, in questo lembo di terra culla della cristianità irachena: lo scorso 8 dicembre è stata riconsacrata la chiesa di San Giorgio a Tellskuf, gravemente danneggiata e profanata da Isis e ricostruita grazie ad un contributo di 100mila euro da parte di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs).
Daniele Rocchi
“Siamo tornati, siamo tornati”.
La voce di padre Paolo Mekko, parroco caldeo di Karamles, villaggio cristiano della Piana di Ninive, non ha più il tono sommesso di quando raccontava la fuga dei cristiani, almeno 100mila, da Mosul e dai loro villaggi incalzati dalle bandiere nere dello Stato islamico (Isis). Era l’estate del 2014. Il Califfo al-Baghdadi voleva cancellare la presenza cristiana ma è stato sconfitto e i cristiani stanno tornando nelle loro proprietà, mano a mano che vengono ristrutturate e ricostruite. Un messaggio di speranza e di vittoria che trova ulteriore significato in questo Natale, “il vero primo Natale nei nostri villaggi oramai sicuri e liberati” dice il sacerdote. Non lo erano nel dicembre 2016, subito dopo la liberazione avvenuta solo due mesi prima. Molti jihadisti, infatti, erano ancora rintanati a combattere tra le case distrutte. Ma oggi i boati delle bombe, i sibili delle pallottole sono un ricordo che tutti, “qui nella Piana vogliono lasciarsi dietro le spalle. Vogliamo guardare avanti”. Rinascono le case e anche le chiese, in questo lembo di terra culla della cristianità irachena: lo scorso 8 dicembre è stata riconsacrata la chiesa di San Giorgio a Tellskuf, gravemente danneggiata e profanata da Isis e ricostruita grazie ad un contributo di 100mila euro da parte di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs).
“Pronti a celebrare”.
Ma i numeri della devastazione restano ancora preoccupanti: 13mila le case danneggiate di cui 1.234 quelle distrutte, 3.557 le case bruciate e 8.297 quelle danneggiate. La ricostruzione procede lenta ma costante.
Ma i numeri della devastazione restano ancora preoccupanti: 13mila le case danneggiate di cui 1.234 quelle distrutte, 3.557 le case bruciate e 8.297 quelle danneggiate. La ricostruzione procede lenta ma costante.
I cristiani non mollano e in molti celebreranno il Natale nei loro villaggi.
A Qaraqosh sono tornate oltre 400 famiglie, 800 a Bartella, più di
900 a Tellskuf. In totale sono 6.330 i nuclei cristiani che hanno potuto
finora fare ritorno alle proprie case. Ma le stime sono provvisorie e
in crescita.
“Qui a Karamles la chiesa è ancora un cantiere – spiega padre Mekko –
ne abbiamo una più piccola ma è insufficiente ad accogliere tutti i
parrocchiani rientrati, oltre 300 famiglie, e quindi celebreremo in una
grande sala che stiamo sistemando con decorazioni, fiori e un grande
presepe, forse il più grande tra quelli dei villaggi della Piana. La
mangiatoia è rappresentata dall’altare dove poggeremo Gesù bambino la
notte di Natale”. Sulle strade di nuovo frequentate dei villaggi si
notano le prime luminarie. “Alberi e simboli natalizi sono tornati anche
a Mosul dove fino ad oggi sono circa 70 le famiglie cristiane
rientrate”, rivela il sacerdote, originario della città che si affaccia
sulla sponda occidentale del fiume Tigri. A Kirkuk, per decisione delle
Istituzioni locali, il 25 dicembre sarà giorno festivo, un modo concreto
per esprimere la solidarietà di tutta la società verso i cristiani, in
occasione del Natale.
Scintilla di speranza.
Ed è proprio a Mosul che il patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, aprirà il 24 dicembre le celebrazioni del Natale con una messa, alle ore 10 del mattino, nella chiesa di San Paolo che si trova nei pressi dell’università cittadina.
Ed è proprio a Mosul che il patriarca caldeo, Mar Louis Raphael I Sako, aprirà il 24 dicembre le celebrazioni del Natale con una messa, alle ore 10 del mattino, nella chiesa di San Paolo che si trova nei pressi dell’università cittadina.
“La chiesa – sottolinea padre Mekko – sarà allestita da giovani
cristiani e da giovani musulmani molto attivi che vogliono in questa
maniera lanciare un messaggio di pace e di riconciliazione. Con il
patriarca caldeo ci saranno anche i vescovi di Mosul, il siro ortodosso,
mons. Nicodemus Daoud Sharaf, e quello siro cattolico, mons. Petrous
Moshe. Tutti insieme renderanno omaggio alla tomba del vescovo caldeo,
mons. Paulos Faraj P. Raho”, rapito il 28 febbraio 2008 e ritrovato cadavere il 13 marzo a Mosul.
Dopo il prologo a Mosul, aggiunge il sacerdote, “nei villaggi la sera
del 24 si recitano i primi vespri, poi accenderemo il tradizionale
‘fuoco dei pastori’, per arrivare alla messa di Mezzanotte. Le liturgie
proseguiranno poi anche per tutto il 25. Oggi la Piana di Ninive è
sicura e celebrare di notte, come vuole la tradizione, è possibile –
afferma senza tentennamenti il parroco di Karamles - I nostri giovani
stanno lavorando anche alla preparazione di momenti di gioco per i più
piccoli, lo scambio di doni, tempi di festa con musica e danze. Per
la notte di Capodanno i giovani visiteranno le famiglie, cristiane e
musulmane, del villaggio per fare doni ai bambini da parte di Babbo
Natale. Tutto questo serve a ricreare quel senso di gioia e di speranza che sembrava svanito con la violenza cieca dell’Isis”.
Nelle nostre preghiere chiederemo pace e perdono anche per i
nostri nemici per chi ha sparso morte, per chi ci ha scacciato via dalle
nostre terre, chiederemo al Signore il dono della riconciliazione per
il nostro Paese.
La pace dei nostri nemici sarà anche la nostra pace”.