By ADNKronos
20 dicembre 2017
20 dicembre 2017
Dove lo scorso anno sventolavano le bandiere nere dell'Isis, ora si
accendono le luci dei presepi e degli alberi di Natale. Per i cristiani
che vivono ad Aleppo in Siria come nella piana di Ninive in Iraq, questo
sarà il primo 'vero' Natale dopo tante feste passate sotto i
bombardamenti della guerra civile e gli attentati delle azioni
terroristiche dei fondamentalisti islamici. E proprio in queste
località, si farà più forte la presenza dei volontari di Acs, la
fondazione pontificia 'Aiuto alla Chiesa che soffre' con diverse
iniziative umanitarie.
Nella città siriana di Aleppo, dove la comunità cristiana si è
ridotta di oltre due terzi passando da 150.000 a 40.000 fedeli, saranno
tre i progetti finanziati da Acs: la distribuzione di latte in polvere a
2.850 bambini, l'acquisto di materiale medico per l'ospedale Saint
Louis, la ricostruzione dell'asilo gestito dalle suore assicurando a 50
piccoli un luogo dove giocare e imparare.
"Il Natale è un momento di pace e quest'anno finalmente riusciamo a
intravederla - afferma all'AdnKronos suor Annie Demerjian dell'ordine
delle Sorelle di Gesù e Maria - Oggi le armi tacciono ma c'è un'altra
guerra in corso: quella contro la miseria che dilaga in tutta la città".
Anche nella piana di Ninive, nel nord dell'Iraq, si tornerà a festeggiare il Natale, dopo che sono stati liberati i villaggi cristiani invasi dall'Isis. A inizio mese, erano rientrate 6.330 famiglie cristiane ovvero circa un terzo delle quasi 20.000 costrette a fuggire nel 2014. Qui, Acs sostiene finanziariamente la ricostruzione di 13.000 abitazioni distrutte o danneggiate dalle azioni dei jihadisti mentre oltre 2.000 sono state già riparate.
Anche nella piana di Ninive, nel nord dell'Iraq, si tornerà a festeggiare il Natale, dopo che sono stati liberati i villaggi cristiani invasi dall'Isis. A inizio mese, erano rientrate 6.330 famiglie cristiane ovvero circa un terzo delle quasi 20.000 costrette a fuggire nel 2014. Qui, Acs sostiene finanziariamente la ricostruzione di 13.000 abitazioni distrutte o danneggiate dalle azioni dei jihadisti mentre oltre 2.000 sono state già riparate.
A Qaraqosh, quella che una volta era la principale città cristiana
dell'intero Iraq, sono rientrati oltre la metà dei suoi 50.000 abitanti.
"Celebrare la nascita di Gesù Cristo lontano da casa e per di più nella
condizione di rifugiati è davvero doloroso. Ora, quasi tutte le
parrocchie sono state riaperte - riferisce all'AdnKronos padre Georges
Jahola sacerdote siro-cattolico - Ci stiamo preparando al Natale con
canti, preghiere e varie attività".
Soltanto un anno fa, era impensabile poter festeggiare il Natale
nella piana di Ninive. "Ritornare qui - afferma ancora padre Jahola -
significa per noi riacquistare le nostre radici e poter vivere la nostra
fede in unione con quella dei nostri antenati".
Ai bambini di questa zona dell'Iraq, la fondazione pontificia 'Aiuto
alla Chiesa che soffre' donerà 15.000 pacchetti-regalo, grazie al fatto
che un grande magazzino della località di Ankawa, sobborgo a
maggioranza cristiana della città di Erbil, si è trasformato in una
sorta di laboratorio di Babbo Natale, con decine di volontari della
parrocchia caldea al lavoro per confezionare i pacchi natalizi
contenenti una giacca a vento, una tavoletta di cioccolata e una Bibbia o
un libro di catechismo a seconda dell'età di chi li riceve.
Ogni pacco-dono prevede un contributo di Acs pari a 20 euro per
un'offerta totale di 300.000 euro. I regali saranno consegnati ai
bambini di tutte le confessioni cristiane nelle località di Qaraqosh,
Karamless, Bartellah e Bashiqa oltre ai piccoli ancora rifugiati nel
Kurdistan.
Inoltre, a Tellskuf sempre nella piana di Ninive, dove è rientrato
quasi il 70% delle 1.500 famiglie che abitavano il villaggio a 30
chilometri da Mosul, si potrà assistere alla messa di Natale celebrata
nella chiesa di San Giorgio, già danneggiata e profanata dall'Isis e poi
ricostruita grazie a un contributo di 100.000 euro da parte di Acs.
Commenta all'AdnKronos il direttore di Acs, Alessandro Monteduro:
"Anche se Aleppo pare dimenticata dallo scenario dei mass-media, è
doveroso ricordare i suoi drammi, perché se i bombardamenti sono cessati
restano purtroppo aperte le ferite profonde di una guerra lunga ed
estenuante".
Sottolinea ancora Monteduro: "I cristiani siriani di Aleppo hanno
bisogno del nostro sostegno, l'unico che può permettere loro di restare
in Siria. Altrimenti, l'oramai decimata comunità di quella che un tempo
era la capitale siriana del Cristianesimo rischia di scomparire per
sempre".
Il direttore della fondazione pontificia 'Aiuto alla Chiesa che
soffre' assicura: "Penseremo ai cristiani a Natale e continueremo a
farlo anche dopo, come sempre dall'inizio di questa tragica guerra. Il
nostro impegno è inoltre di testimoniare l'immensa generosità della
comunità cattolica italiana, che non si dimentica mai dei propri
fratelli e sorelle sofferenti".