Per tutti i bambini del mondo il Natale è
un giorno speciale. Ma per migliaia di piccoli cristiani iracheni
questo lo sarà ancor di più, perché sarà il primo trascorso nelle loro
case.
Al 5 dicembre, infatti, nella
Piana di Ninive sono rientrate 6.330 famiglie cristiane, ovvero il 33
percento delle circa 19.452 costrette a fuggire nel 2014 a seguito
dell’occupazione dei loro villaggi da parte di Isis. Aiuto alla Chiesa
che Soffre continua a sostenere la ricostruzione delle oltre 13mila
abitazioni distrutte o danneggiate dai jihadisti, 2.222 delle quali sono
già state riparate.
Per Natale ACS ha voluto inoltre pensare
espressamente ai bambini, donando loro 15mila pacchetti regalo. In
questi giorni un grande magazzino di Ankawa, il sobborgo a maggioranza
cristiana di Erbil dove decine di migliaia di cristiani hanno trovato
rifugio in questo tre anni, si è trasformato nel laboratorio di Babbo
Natale. Decine di volontari della locale parrocchia caldea sono al
lavoro per confezionare migliaia di pacchetti contenenti giacche a
vento, essenziali per il freddo inverno, cioccolata ed una Bibbia del
fanciullo o un libro di catechismo a seconda dell’età. Ogni pacco dono
prevede un contributo di 20 euro, per un totale di 300mila euro offerti
da ACS. I regali verranno consegnati ai bambini cristiani di tutte le
confessioni a Qaraqosh, Karamless, Bartella e Bashiqa, senza dimenticare
i piccoli ancora rifugiati in Kurdistan.
«È un piccolo contributo per rendere
speciale il loro Natale – spiega il direttore di ACS-Italia, Alessandro
Monteduro – anche se purtroppo non possiamo donare loro i regali che i
piccoli cristiani di Ninive vorrebbero davvero ricevere». Nelle loro
letterine domandano infatti a Gesù Bambino o a Babbo Natale di donare
loro la pace e un luogo finalmente sicuro in cui vivere. Tanti chiedono
inoltre di poter vedere ricostruite le scuole e i luoghi in cui
giocavano sino al 2014. «La nostra speranza – aggiunge Monteduro – è di
poter presto esaudire anche questi desideri».
«Questo Natale sarà gioioso e al tempo
stesso doloroso – afferma Suor Ni’am, religiosa caldea della
Congregazione delle Figlie di Maria Immacolata che coordina il progetto –
Gioioso perché siamo tornati a casa e doloroso a causa dello stato di
distruzione dei nostri villaggi. Tante famiglie vogliono ritornare ma le
loro abitazioni devono ancora essere ricostruite. Continuate ad
aiutarci».