By SIR
“Ci sono stati scontri lo scorso 24 ottobre tra le truppe curde
Peshmerga e l’esercito iracheno, nel quale sono comprese anche le
‘Brigate Babilonia’ (milizie di protezione popolare che conta nelle
proprie fila anche cristiani, ndr). Durante lo scambio a fuoco alcuni
razzi hanno colpito diverse abitazioni e la chiesa. A causa di ciò oltre
850 famiglie hanno lasciato Tellusqof per trovare riparo e rifugio in
quelli vicini, come Alqosh e Batnaya. Sono rimasto io con alcuni giovani
del villaggio per mantenere la sicurezza ed evitare che le abitazioni
dei cristiani vengano prese di nuovo dagli arabi”.
Così il sacerdote caldeo, padre Salar Kajo, racconta al Sir le tensioni nella Piana di Ninive rinfocolate dopo l’esito del referendum del 25 settembre scorso sull’indipendenza del Kurdistan da Baghdad. “Tellusqof è di nuovo deserto. Le famiglie vorrebbero rientrare – spiega il sacerdote la cui presenza nel villaggio è nota sia ai militari curdi che a quelli iracheni – però la situazione non è ancora chiara, non sappiamo come intendono risolverla. Si era parlato di un accordo tra curdi e iracheni per assumere il controllo della zona senza combattere. Ma di questo accordo non abbiamo ancora visto nulla di concreto. Per adesso non è cambiato niente”.
Così il sacerdote caldeo, padre Salar Kajo, racconta al Sir le tensioni nella Piana di Ninive rinfocolate dopo l’esito del referendum del 25 settembre scorso sull’indipendenza del Kurdistan da Baghdad. “Tellusqof è di nuovo deserto. Le famiglie vorrebbero rientrare – spiega il sacerdote la cui presenza nel villaggio è nota sia ai militari curdi che a quelli iracheni – però la situazione non è ancora chiara, non sappiamo come intendono risolverla. Si era parlato di un accordo tra curdi e iracheni per assumere il controllo della zona senza combattere. Ma di questo accordo non abbiamo ancora visto nulla di concreto. Per adesso non è cambiato niente”.
Chiaro il riferimento di padre Kajo ad un comunicato in cui la Regione
autonoma del Kurdistan iracheno auspicava un “immediato
cessate-il-fuoco” e ribadiva la disponibilità a “congelare” l’esito del
voto così da aprire un canale di dialogo con il governo centrale di
Baghdad. Una vera e propria beffa per gli abitanti cristiani soprattutto
adesso che la maggior parte delle case danneggiate durante
l’occupazione dell’Isis erano state ripristinate e che oltre il 70%
delle famiglie espulse dalle milizie nere del Califfo avevano fatto
ritorno in città. È andata peggio ad un altro villaggio cristiano della
Piana di Ninive, Telkeif: “Prima dell’Isis era interamente cristiano
oggi, invece, totalmente abitato da musulmani, tra loro anche famiglie
dell’Isis che sono state alloggiate lì. Le case dei cristiani sono state
occupate dai musulmani. Difficile prevedere un ritorno delle famiglie
cristiane se non cambierà la situazione sul terreno”. A tale riguardo i
vescovi iracheni, al termine della loro assemblea svoltasi il 24 e 25
ottobre a Baghdad, hanno diffuso un comunicato in cui esprimono
preoccupazione per le tensioni e sottolineato i rischi di un nuovo
conflitto che troverebbe nella Piana di Ninive, tradizionalmente abitata
dai cristiani, l’ipotetico campo di battaglia. Da qui l’appello ai
leader politici “a impegnarsi per la pace attraverso il dialogo”,
evitando così la spartizione della Piana tra Iraq e Kurdistan.