By Il Foglio
In Siria e Iraq non è in corso alcun genocidio contro i cristiani. A
dirlo, nel briefing di routine con i giornalisti accreditati, è stato
il portavoce della Casa Bianca, John Earnest: “Il mio pensiero è che
l’uso di questa parola (genocidio, ndr) comporti una vera determinazione
legale, che al punto in cui ci troviamo non c’è. Da tempo – ha aggiunto
Earnest – abbiamo espresso le nostre preoccupazioni in merito alla
tattica impiegata dall’Isis per massacrare le minoranze religiose in
Iraq e Siria. Ricorderete che proprio all’inizio della campagna militare
contro lo Stato islamico condotta dai nostri militari alcune delle
prime azioni ordinate dal presidente Obama avevano come obiettivo la
protezione degli yazidi, messi con le spalle al muro sul monte Sinjar
dai miliziani”. La Casa Bianca recepisce dunque pressoché alla lettera
il rapporto della missione effettuata nella piana di Ninive dallo U.S.
Holocaust memorial museum. Dall’indagine, risalente all’agosto 2014,
emergeva che “sotto l’ideologia dello Stato islamico, gli aderenti a
religioni considerate infedeli o apostate – inclusi gli yazidi – sono
costretti alla conversione o uccisi, e i membri di altre religioni –
come i cristiani – sono soggetti a espulsione, estorsione o alla
conversione forzata”.
Questione di semantica, insomma. E pazienza se un successivo dossier, stavolta messo nero su bianco dal Comitato per i diritti umani dell’Onu, abbia certificato che “gli atti di violenza perpetrati contro i civili a causa della loro affiliazione (o presunta affiliazione) a un gruppo etnico o religioso possono essere considerati un genocidio”.Poco prima di Natale, quando le indiscrezioni su una presa di posizione assai prudente della Casa Bianca sulla questione iniziavano a circolare, al Dipartimento di stato fu recapitata una lettera in cui diverse personalità – tra cui l’arcivescovo di Washington, il cardinale Donald William Wuerl – chiedevano all’Amministrazione di basare ogni decisione circa la questione in oggetto sulla base di quanto prevede la Convenzione sul genocidio del 1948.
Il documento è chiaro quando afferma che per genocidio si deve intendere una serie di “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etncio, razziale o religioso”. La posizione della Casa Bianca, però, è un’altra. Davanti ai giornalisti, il portavoce ricorda che “siamo stati abbastanza chiari ed espliciti riguardo al fatto che le azioni dello Stato islamico meritino la robusta risposta che la comunistà internazionale sta conducendo. E quelle azioni includono la volontà di colpire le minoranze religiose, compresi i cristiani”.
Questione di semantica, insomma. E pazienza se un successivo dossier, stavolta messo nero su bianco dal Comitato per i diritti umani dell’Onu, abbia certificato che “gli atti di violenza perpetrati contro i civili a causa della loro affiliazione (o presunta affiliazione) a un gruppo etnico o religioso possono essere considerati un genocidio”.Poco prima di Natale, quando le indiscrezioni su una presa di posizione assai prudente della Casa Bianca sulla questione iniziavano a circolare, al Dipartimento di stato fu recapitata una lettera in cui diverse personalità – tra cui l’arcivescovo di Washington, il cardinale Donald William Wuerl – chiedevano all’Amministrazione di basare ogni decisione circa la questione in oggetto sulla base di quanto prevede la Convenzione sul genocidio del 1948.
Il documento è chiaro quando afferma che per genocidio si deve intendere una serie di “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etncio, razziale o religioso”. La posizione della Casa Bianca, però, è un’altra. Davanti ai giornalisti, il portavoce ricorda che “siamo stati abbastanza chiari ed espliciti riguardo al fatto che le azioni dello Stato islamico meritino la robusta risposta che la comunistà internazionale sta conducendo. E quelle azioni includono la volontà di colpire le minoranze religiose, compresi i cristiani”.
Machiavellismi che hanno portato Robert P. George e Cornel West,
entrambi professori alla Princeton University, a lanciare un appello che
ha come destinatario l’organigramma politico americano al completo: “In
nome della decenza, dell’umanità e della verità, chiediamo al
presidente Obama, al segretario di Stato John Kerry e a tutti i membri
del Senato e della Camera dei rappresentanti di riconoscere e di dire
pubblicamente che i cristiani in Iraq e Siria – insieme a yazidi,
turcomanni, shabak e musulmani sciiti – sono vittime di una campagna di
genocidio condotta contro di loro dallo Stato islamico”. George e West,
nell’appello pubblicato sulla rivista First Things, domandano “che
questo genodicio sia riconosciuto e chiamato con il suo nome”.