"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

15 ottobre 2015

Contro la cultura del confessionalismo. Il patriarca Sako ci scrive

By Oasis
Louis Sako

Nel 2003 gli americani sono arrivati in Iraq con la pretesa di liberare il Paese dalla tirannide e di promuovere la democrazia, il pluralismo, la libertà e la stabilità.
Ma è accaduto esattamente il contrario. È emersa una nuova cultura, estranea alle nostre società: la cultura del “confessionalismo” religioso ed etnico. Ne sono risultati combattimenti, lotte, pulizia di città e regioni su base etnica e confessionale, rese dei conti e violazione della dignità. Questo ha favorito l’ascesa di organizzazioni terroristiche takfiriste come l’ISIS, con la sua barbarie terrificante. È come se tutto questo avesse lo scopo di mettere fine alla pluralità sociale, religiosa, etnica e culturale dell’Iraq e di tutta l’area. Questa situazione di anarchia sfrenata ha mietuto e continua a mietere migliaia di morti e feriti e lasciato dietro di sé 3 milioni di sfollati, infrastrutture semi-distrutte, disoccupazione, povertà e analfabetismo.
La cultura takfirista e terrorista ha steso la sua ombra sui cristiani e sulle altre minoranze religiose, diventati bersaglio degli estremisti.
Sono stati rapiti, uccisi e costretti a emigrare, le loro chiese sono state distrutte: questo è successo ai cristiani di Mosul e della piana di Ninive. La “spartizione confessionale” li ha emarginati politicamente, ed essi si sono sentiti discriminati, trattati come cittadini di seconda classe e indesiderati. Perciò hanno cercato rifugio nei paesi limitrofi, nel Regno giordano hashemita, in Libano e in Turchia e, da qui, hanno preso la via dell’Occidente per proteggere la loro vita e il futuro loro e dei loro figli.
Le minoranze in Iraq e nell’area si domandano che cosa ne sarà del loro destino
e del loro futuro, delle loro case e delle loro proprietà, delle loro città e dei loro villaggi. Potranno un giorno, loro che sono cittadini autoctoni, fare ritorno alle loro terre storiche? Le loro case e i loro negozi violati dai gruppi organizzati saranno ricostruite? Verranno realizzate riforme sostanziali nella Costituzione e nella legislazione a garanzia della loro uguaglianza? Il governo iracheno, gli Stati Uniti e la comunità internazionale faranno qualcosa per proteggerli e garantire loro i diritti? È necessario affrontare queste crisi con realismo e decisione e trovare una via d’uscita sicura e durevole soprattutto per quanto riguarda il pensiero takfirista e il terrorismo, diventato ormai un fenomeno globale capace di suscitare ovunque il terrore.

Alcune proposte pratiche

Illustriamo ora alcune proposte realistiche e concrete per una vera riforma.
È innanzitutto necessario formare una coalizione internazionale con i Paesi arabi e musulmani nell’ambito di un mandato delle Nazioni Unite per intraprendere un’azione militare seria volta a liberare le aree occupate dai gruppi terroristici e ripristinare la stabilità politica, securitaria, economica e un buon vicinato. È una responsabilità morale che incombe ai Paesi che hanno creato questo caos che è tutt’altro che “creativo”.
Una volta liberate le città occupate, sarà necessario fornire una protezione internazionale agli sfollati perché possano far ritorno alle loro case, e vivere in sicurezza, libertà e dignità.
A questo punto sarà doveroso risarcire le vittime per i danni subiti, ricostruire le loro case, scuole, chiese e monasteri distrutti, e garantire loro pieni diritti.
Poi occorrerà mettere in campo delle riforme in ambito politico e finanziario per istituire un sistema civile che si fondi sul principio di cittadinanza, sulla convivenza e sull’uguaglianza tra le componenti della società, che rispetti le convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo, e che coinvolga nel processo politico tutte le componenti del popolo iracheno senza discriminazioni. La forza di un Paese è nell’unità e nell’attaccamento dei cittadini alla propria terra e alla propria identità.
Non meno importanti sono le riforme del sistema giudiziario
, in particolare per quanto riguarda lo statuto personale dei cittadini non-musulmani e la situazione dei minori con uno dei due genitori convertito all’Islam. Occorre proteggere la libertà di coscienza e la libertà di credo. La religione è un fatto personale tra la persona e il Signore.
I musulmani nel mondo devono assumersi le proprie responsabilità
di fronte al terrorismo che si ammanta della religione per ottenere potere e denaro. I capi religiosi devono affrettarsi a decostruire questo pensiero takfirista che costituisce una minaccia diretta per i musulmani, per i cristiani e non solo. Questo è possibile promuovendo un pensiero moderno e aperto, e un’educazione religiosa, solidamente basata sulla moderazione, purificata da idee infernali, che rispetti la diversità, rafforzi i legami di fratellanza tra i cittadini e diffonda la cultura della pace, della tolleranza e della convivenza pacifica e sociale.
Infine, sarà importante promulgare una legge che garantisca il rispetto di tutte le religioni e punisca chi compie atti che offendono la religione e le cose sacre, le forme di discriminazione, e l’istigazione all’odio e alla divisione, sull’esempio di quanto recentemente fatto dagli Emirati Arabi.
I cristiani e le altre minoranze sono persone pacifiche, cittadini leali che hanno contribuito in misura notevole a edificare la civiltà e la cultura delle loro patrie, e meritano di essere apprezzate per questo. Ci auguriamo che questi Paesi non si svuotino dei cristiani e delle altre minoranze autoctone.

*Tradotto dall'arabo da Chiara Pellegrino