di Dario Salvi
Per i cristiani irakeni "la visita del Papa è una necessità", perché è sempre più forte il "bisogno della sua solidarietà e del suo sostegno"; come il Pontefice ha compiuto "un miracolo in Siria, può fare un miracolo qui". È quanto racconta sua Beatitudine Mar Louis Raphael I Sako, commentando la sua recente visita in Vaticano per la plenaria della Congregazione delle Chiese orientali alla presenza di Papa Francesco. A conclusione dei lavori, i Patriarchi orientali hanno incontrato il papa emerito Benedetto XVI, il quale ha assicurato loro di pregare tutti i giorni "per l'Iraq, la Siria e i cristiani d'Oriente".
Raggiunto al telefono a Baghdad, il Patriarca caldeo ha voluto condividere le speranze della comunità cristiana irakena, l'atmosfera che si respira in questo periodo di Avvento in preparazione al Natale, ma soprattutto il desiderio profondo di un viaggio apostolico del Papa nella terra di Abramo.
Ecco, di seguito, quanto ha raccontato Mar Sako ad AsiaNews:
Beatitudine, come giudica i recenti incontri in Vaticano con Papa Francesco e Benedetto XVI?
Entrambi sono stati molto emozionanti, mi sono commosso moltissimo. Abbiamo trascorso due ore [di lavori per la plenaria] molto intense con il Pontefice. Poi abbiamo incontrato per una mezz'ora Benedetto XVI, una persona semplice e ancora oggi vicina alla nostra situazione. Il Papa emerito è in buona salute, sereno e lucido, dice di essere come un monaco che prega e riposa. Mi ha detto che non può venire in Iraq per l'età avanzata, ma prega sempre per il nostro Paese.
Un Papa in Iraq: quale significato avrebbe per la comunità cristiana e l'intera nazione?
Entrambi sono stati molto emozionanti, mi sono commosso moltissimo. Abbiamo trascorso due ore [di lavori per la plenaria] molto intense con il Pontefice. Poi abbiamo incontrato per una mezz'ora Benedetto XVI, una persona semplice e ancora oggi vicina alla nostra situazione. Il Papa emerito è in buona salute, sereno e lucido, dice di essere come un monaco che prega e riposa. Mi ha detto che non può venire in Iraq per l'età avanzata, ma prega sempre per il nostro Paese.
Un Papa in Iraq: quale significato avrebbe per la comunità cristiana e l'intera nazione?
Un
viaggio di Papa Francesco in Iraq - il primo nella storia - sarebbe un
grande passo, di forte impatto e un sostegno straordinario [per una
comunità a lungo oggetto di persecuzioni, ndr]. In passato un
Pontefice si è recato in Siria, Giordania, Libano, ma mai qui in Iraq.
E, ad oggi, si possono creare le condizioni per un viaggio perché il
governo farebbe di tutto per garantirne la sicurezza. Per noi cristiani
d'Iraq la sua visita è una necessità, perché abbiamo bisogno della sua
solidarietà e del suo sostegno: come ha compiuto un miracolo in Siria [contribuendo a fermare l'escalation militare del conflitto e il ventilato intervento della comunità internazionale, ndr] può fare un miracolo anche qui.
E il Pontefice come ha risposto?
E il Pontefice come ha risposto?
Prendeva nota. Ha seguito con profonda attenzione tutti i lavori.
Del resto Papa Francesco è apprezzato e gode del rispetto dei musulmani...
Del resto Papa Francesco è apprezzato e gode del rispetto dei musulmani...
I
musulmani pensano che il Papa sia molto vicino (anche) a loro. E lo
apprezzano per quei gesti simbolici che è solito compiere, la sua
semplicità; per le parole che escono dal cuore e non sono solo lettera
di carta, ma una testimonianza viva e concreta. Per la comunità islamica
è un Pontefice "diverso", un pastore davvero profetico; sono loro a
dirlo a noi cristiani. Con questi gesti così umani e profondi, Papa
Francesco non manifesta solo una fede speculativa e teologica, ma rende
una testimonianza viva, nel concreto, anche senza usare le parole.
È quasi trascorso un anno dalla sua elezione a Patriarca caldeo, nel gennaio 2013. Come descrive oggi la comunità cristiana d'Iraq?
È quasi trascorso un anno dalla sua elezione a Patriarca caldeo, nel gennaio 2013. Come descrive oggi la comunità cristiana d'Iraq?
La Chiesa in Iraq può crescere, ma serve un
lavoro comune. Per noi cristiani irakeni, in particolare, la
testimonianza di un viaggio apostolico nel nostro Paese sarebbe
fondamentale, in questo periodo caratterizzato da una fuga dei
cristiani. La nostra presenza è minacciata ed è a rischio una storia di
duemila anni. Siamo diventati quello che la Bibbia definisce il "piccolo
resto", ma dobbiamo sopportare le prove. Detto questo, serve anche
l'aiuto della Chiesa universale, che deve pensare al futuro. Un giorno
si realizzerà l'obiettivo di una vera libertà di religione e di
coscienza [anche in Iraq], ma se non ci sono più cristiani, che
racconterà la nostra storia? Siamo noi i responsabili: siamo noi che
dobbiamo testimoniare ai musulmani i valori cristiani. Questa presenza è
importante anche per loro, siamo una comunione e questa comunione e
vicinanza è fonte di crescita e un mezzo per esercitare il nostro ruolo
[per la nazione] a livello cristiano, umano e politico.
Sono questi gli elementi al centro del suo intervento alla plenaria?
Sono questi gli elementi al centro del suo intervento alla plenaria?
Certo!
Sono proprio questi i due aspetti che mi stanno a cuore e sui quali ho
insistito: come mantenere i cristiani in Medio oriente e come
preservarne l'identità, la storia, la lingua, la fede e la tradizione.
Il Papa non è solo il vescovo di Roma, ma è il Pastore della Chiesa
cattolica universale. È il simbolo di unità e comunione. Lui è per
tutti... e bisogna capirlo e sostenerlo!
Beatitudine, è il primo Natale in veste di Patriarca dei caldei: come vive il periodo di Avvento?
Beatitudine, è il primo Natale in veste di Patriarca dei caldei: come vive il periodo di Avvento?
Finora
non vi sono state pressioni contro cristiani. È vero che la sicurezza è
molto fragile e debole, ci sono attacchi e violenze, ma sono di natura
confessionale e settaria [nel fine settimana tre bombe sono esplose nel
nord dell'Iraq, durante i funerali di un leader sunnita, uccidendo
almeno 12 persone e ferendone oltre 40, ndr]. Inoltre, la scorsa
settimana a Baghdad è stato ordinato un sacerdote e nei prossimi giorni
festeggeremo sei nuovi diaconi permanenti. In questo periodo di Avvento,
sono simbolo di vita, di una Chiesa che cresce ed è viva. Un tempo vi
erano 35 parrocchie nella capitale, ora solo 20 perché non abbiamo
abbastanza preti e alcuni quartieri sono problematici; ma vogliamo dare
testimonianza di una rinascita della Chiesa irakena. Aggiungo un ultimo
punto: nei prossimi giorni in Iraq arriverà un gruppo di pellegrini
italiani, che nel contesto delle celebrazioni per l'Anno della Fede
compirà un pellegrinaggio a Ur, poi a Bassora e infine a Baghdad, dove
celebreremo una messa solenne. Il gruppo sarà composto da sacerdoti e
laici e porterà una reliquia del Beato Giovanni Paolo II, che durante il
pontificato aveva espresso il desiderio di visitare il nostro Paese.