By Baghdadhope*
Sangue e pezzi di corpi dilaniati dalle esplosioni.
Questo rimase nella chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad dopo che anche l'ultimo dei sopravvissuti all'assedio armato, durato ore ed iniziato al momento della messa pomeridiana del 31 ottobre 2010, ebbe lasciato l'edificio convinto di essere un miracolato.
Sangue che imbrattava le pareti, l'altare ed i dipinti. Pezzi di corpi sotto i banchi ma anche sui lampadari e le vetrate.
Una scena raccapricciante.
Qualcuno, allora e sull'onda della commozione, suggerì di ripulire il sangue e rimuovere i resti ma di lasciare il resto così com'era, a perenne ricordo non solo dei 47 martiri di quell'attacco ma di tutte le sofferenze degli iracheni di fede cristiana.
La voglia, o il bisogno di lasciarsi il dolore alle spalle però ha prevalso.
La voglia, o il bisogno di lasciarsi il dolore alle spalle però ha prevalso.
Il restauro della chiesa è costato, secondo quanto dichiarato dal Ministro della Ricostruzione Mohammad al-Daraji, quasi 2 milioni di dollari ed è stato portato a termine dall'impresa di costruzioni Al Faw che si è basata su modelli di altre chiese di Baghdad ed i cui ingegneri non hanno mancato, secondo il ministro, di consultare il Vaticano per la progettazione.
I lavori, fortemente voluti dall'attuale vescovo siro cattolico di Baghdad, hanno previsto un totale riammodernamento ed hanno riguardato sia l'interno che l'esterno dell'edificio la cui facciata è stata rivestita di marmo e pietra. Grande uso di materiali pregiati è stato fatto anche all'interno dove 47 lastre quadrate di granito rosso ricordano la posizione in cui sono cadute le vittime dell'attacco, ed altrettanti specchi posti ad esse specularmente sul soffitto simboleggiano le loro anime che salgono in cielo. I nomi delle vittime sono stati poi intagliati in pannelli di legno posti davanti alle vetrate colorate così da poter risaltare alla luce del sole.
Ieri, 14 dicembre, la nuova chiesa di Nostra Signora della Salvezza è stata consacrata con una cerimonia solenne presieduta dal patriarca della chiesa siro cattolica, Mar Ignatius Joseph Younan III.
Molti gli alti prelati presenti tra cui:
Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali
Cardinale Mar Emmanuel III Delly, patriarca della chiesa caldea
Mar Addai II, patriarca della Chiesa Antica d'Oriente
Mons. Giorgio Lingua, Nunzio apostolico in Giordania ed Iraq
Mons. Efrem Yousif Abba, vescovo siro cattolico di Baghdad,
Mons. Athanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo emerito siro cattolico di Baghdad
Mons. Shleimun Warduni e Mons. Jacques Isaac, ausiliari del patriarca caldeo
Mons. Jean Benjamin Sleiman, vescovo latino di Baghdad
Mons. Emmanuel Dabbaghian, vescovo armeno cattolico di Baghdad
così come le personalità politiche:
Nouri Al Maliki, primo ministro iracheno
Raad Kachaci e Raad Emmanuel dell'ufficio governativo per le proprietà dei cristiani
Sargon Lazar Sliwa, Ministro dell'ambiente
Yonadam Kanna, parlamentare cristiano
Vari altri rappresentanti politici e religiosi.
Nel discorso pronunciato in occasione della riapertura della chiesa e riportato ieri nei punti salienti dalla rete televisiva Ishtar Tv il primo ministro Nouri al Maliki ha chiesto che l'Unione Europea non incoraggi i cristiani a lasciare l'Iraq, ed ha affermato come il governo da lui rappresentato abbia chiesto che ad invitare gli iracheni cristiani a rimanere in patria sia lo stesso pontefice perchè così come in occidente vivono i musulmani l'oriente non sia privato della sua componente cristiana.
Nel discorso pronunciato in occasione della riapertura della chiesa e riportato ieri nei punti salienti dalla rete televisiva Ishtar Tv il primo ministro Nouri al Maliki ha chiesto che l'Unione Europea non incoraggi i cristiani a lasciare l'Iraq, ed ha affermato come il governo da lui rappresentato abbia chiesto che ad invitare gli iracheni cristiani a rimanere in patria sia lo stesso pontefice perchè così come in occidente vivono i musulmani l'oriente non sia privato della sua componente cristiana.
Le parole del Cardinale Sandri sono state invece riportate oggi da Radio Vaticana:
Grande gioia oggi a Baghdad, dove il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha partecipato alla consacrazione della restaurata Cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Nella Chiesa, il 31 ottobre 2010, un commando di al Qaeda in uccise due sacerdoti e circa 50 fedeli. Ieri la riapertura al culto, alla presenza del premier iracheno al Maliki. Il porporato ha portato la benedizione del Papa, con lo sguardo rivolto “specialmente ai più piccoli, ai sofferenti e agli anziani, alle persone sole e abbandonate. Il suo cuore di padre – ha detto - pensa agli iracheni, che vivono in patria tra mille incertezze, e a quanti sulle vie del mondo cercano più sicurezza e dignità. Egli è vicino soprattutto ai vostri cari giovani perché ad essi sia garantito il futuro. La sua sollecitudine – ha proseguito - vuole alleviare le sofferenze dei figli e delle figlie di tutte le religioni quando sono colpiti dalla cieca violenza. Davanti ai responsabili dei popoli è perseverante il suo appello: solo il rispetto dei diritti di ciascuno è il presupposto della civile convivenza”.
Grande gioia oggi a Baghdad, dove il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha partecipato alla consacrazione della restaurata Cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Nella Chiesa, il 31 ottobre 2010, un commando di al Qaeda in uccise due sacerdoti e circa 50 fedeli. Ieri la riapertura al culto, alla presenza del premier iracheno al Maliki. Il porporato ha portato la benedizione del Papa, con lo sguardo rivolto “specialmente ai più piccoli, ai sofferenti e agli anziani, alle persone sole e abbandonate. Il suo cuore di padre – ha detto - pensa agli iracheni, che vivono in patria tra mille incertezze, e a quanti sulle vie del mondo cercano più sicurezza e dignità. Egli è vicino soprattutto ai vostri cari giovani perché ad essi sia garantito il futuro. La sua sollecitudine – ha proseguito - vuole alleviare le sofferenze dei figli e delle figlie di tutte le religioni quando sono colpiti dalla cieca violenza. Davanti ai responsabili dei popoli è perseverante il suo appello: solo il rispetto dei diritti di ciascuno è il presupposto della civile convivenza”.
Il porporato ha ricordato le “indelebili” le parole che il primo novembre 2010 il Santo Padre pronunciò all’Angelus. Era il giorno seguente al gravissimo attentato: “Prego per le vittime di questa assurda violenza, tanto più feroce in quanto ha colpito persone inermi, raccolte nella casa di Dio, che è casa di amore e di riconciliazione”. Il Papa aveva ha incoraggiato i cristiani ad essere forti e saldi nella speranza, rinnovando la preghiera per la pace che “è dono di Dio, ma anche il risultato degli sforzi degli uomini di buona volontà, delle istituzioni nazionali e internazionali. Tutti – era stata la sua esortazione - uniscano le loro forze affinché termini ogni violenza!”.
Tuttavia – ha sottolineato - il sacrificio di quei fedeli “non è stato vano! Il Signore lo ha esaltato nella potenza del dolore salvifico del suo Figlio Gesù. Questo giorno e questo splendido Tempio Sacro sono stati preparati dall’amore di Dio, che non ha dimenticato la loro immolazione e ha dato voce al loro silenzio innocente”. Infine, il cardinale Sandri ha consegnato un Calice, dono del Santo Padre e da lui benedetto per la rinnovata Cattedrale. “Sia il Calice della carità di Cristo! – ha esclamato - Il Calice della consolazione e della gioia". Ieri il porporato aveva assistito al Concerto di Natale organizzato per l’Anno della fede nella Cattedrale armena di Baghdad: nell'occasione ha elevato la sua preghiera di pace anche per la vicina Siria. Domani incontrerà a Kirkuk la comunità caldea. Ultima tappa del porporato sarà la Messa celebrata lunedì 17 dicembre in rito latino nel Seminario di Erbil. Martedì 18 dicembre il rientro a Roma.
Purtroppo però è di oggi anche la notizia data da Asia News:In un'intervista rilasciata il 13 dicembre scorso alla televisione egiziana Al Baghdadia, l'ayatollah sciita Ahmad Al Hassani Al Baghdadi ha lanciato una fatwa contro i cristiani in Iraq. Bollandoli come "politeisti" e "amici dei sionisti", il leader estremista ha sottolineato che essi devono scegliere "o l'islam o la morte", mentre "le loro donne e ragazze possono essere legittimamente considerate mogli dei musulmani". Al Baghdadi è noto per le sue posizioni "jihadiste" e per aver attaccato in passato gli americani durante la presenza nel Paese; oggi egli vive in Siria e sostiene l'opposizione armata.
Fonti cattoliche della capitale riferiscono ad AsiaNews che si tratta di "una fatwa molto grave", ma "è difficile che la gente possa essere turbata più di tanto". Il governo presta "attenzione" a questi proclami estremisti, tuttavia non è escluso che simili parole possano "creare panico in alcune aree della capitale", dove i cristiani "sono pochi".
Da Mons. Louis Sako, l'Arcivecovo caldeo di Kirkuk, arriva infine, riportata da Fides, il sostegno alle parole di maliki contro la fuga dei cristiani dall'Iraq: I paesi dell'Europa e dell'Occidente “devono aiutare i cristiani iracheni a rimanere nella propria terra natìa, piuttosto che investire risorse in programmi di assistenza che di fatto incoraggiano la loro fuga”. A denunciare le politiche occidentali che finiscono per accelerare l'emorragia dei cristiani dall'Iraq è l'Arcivescovo caldeo di Kirkuk, Louis Sako. Nel mirino di monsignor Sako ci sono gli effetti magari involontari della prassi adottata in molte nazioni occidentali nei confronti delle comunità cristiane locali, oggetto di attentati e vessazioni di ogni tipo anche nell'Iraq post-Saddam. “Paesi come la Francia, la Germania, la Svezia o l'Australia” spiega all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Sako “concedono con facilità i visti alle famiglie cristiane, e quando esse arrivano in Occidente, offrono loro la casa e un sussidio mensile. Questa accoglienza, pur fatta con buone intenzioni, finisce per incentivare la fuga dei cristiani. Questi, arrivati nel loro nuovo paese, spesso perdono i contatti con la comunità d'origine, si isolano e si smarriscono, anche dal punto di vista della fede”. Secondo monsignor Sako, sarebbe più utile dirottare in Iraq le risorse profuse in tali programmi d'accoglienza: “I paesi occidentali – suggerisce l'Arcivescovo – invece di favorire l'emigrazione, attraverso la rete delle parrocchie o creando dei comitati ad hoc, potrebbero incentivare i cristiani iracheni a rimanere nelle loro terre, finanziando progetti nel campo dell'agricoltura, dell'educazione e del commercio, e favorendo la creazione di posti di lavoro”.
Ieri il Primo Ministro iracheno Nuri al-Maliki ha esortato “i paesi dell'Unione europea a astenersi dall'incoraggiare l'emigrazione dei cristiani iracheni”.
Ieri il Primo Ministro iracheno Nuri al-Maliki ha esortato “i paesi dell'Unione europea a astenersi dall'incoraggiare l'emigrazione dei cristiani iracheni”.