Fonte: Fides
“In un clima di insicurezza e illegalità in Iraq, si vuole colpire la comunità cristiana. A tutti i cristiani del mondo diciamo. Non abbandonateci”: è l’appello accorato affidato all’Agenzia Fides da S. Ecc. Mons. Shlemon Warduni, Vescovo Ausiliare Caldeo di Baghdad, giunto in Vaticano per l’incontro con Benedetto XVI. Nel suo viaggio in Europa, Mons. Warduni chiede solidarietà e aiuti concreti da istituzioni cristiane per la ricostruzione e il restauro di chiese e edifici pastorali di Baghdad, danneggiati dagli attentati dei mesi scorsi.
Fides gli ha rivolto alcune domande.
Com’è la situazione attuale della comunità cristiana in Iraq?
La nostra situazione desta preoccupazione e dolore. Il contesto è noto: da anni l’Iraq è sconvolto da guerre interne ed esterne, che hanno privato la popolazione della pace e dei servizi sociali di base come la sanità e l’istruzione. Le conseguenze dell’ultima guerra e dell’occupazione militare sono tragiche: l’instabilità politica e l’ ingovernabilità hanno generato miseria e distruzione. Per questo molti cristiani – insieme con migliaia di altri cittadini – hanno dovuto lasciare il paese. Abbiamo perso circa un terzo della nostra comunità. E’ una tragedia di vaste dimensioni, che va sottoposta agli occhi del mondo.
Avete notato nell’ultimo anno dei miglioramenti? Cosa sperate dalle nuove elezioni?
Il punto è che la mancanza di pianificazione politica ha generato il proliferare del terrorismo, che oggi ha la sua agenda e destabilizza il paese. Mancano legalità e sicurezza, il governo è debole e le elezioni (non ancora fissate con certezza) dovranno dare un svolta a partire da queste urgenze, altrimenti non serviranno a nulla. Intanto gli attentati contro le chiese e gli attacchi contro i cristiani proseguono: nelle ultime due settimane si sono verificate esplosioni in tre chiese a Mosul, per non parlare di Baghdad, dove tre mesi fa un’autobomba davanti a una chiesa ha ucciso due giovani, ne ha feriti 30, causando tanta distruzione materiale. La tranquillità è un piccola pausa fra due attentati.
Cosa provano e cosa pensano i cristiani iracheni?
Questi episodi incidono molto negativamente sui cristiani. Seminano paura e ci privano della speranza. Non è questione di “pulizia etnica” ma, guardando la situazione nel complesso, c’è un disegno che vuole colpirci. Collocare dieci ordigni contro le chiese nello stesso giorno ha un preciso significato di intimidazione. La paura e lo scoraggiamento, circolanti nella comunità, provocano l’emorragia dei fedeli che, a aragione, temono per la loro vita e per le loro famiglie.
Come giudica la proposta di riunire tutti i cristiani iracheni nel territorio della Piana di Ninive?
E’ un progetto assurdo e insensato. Significherebbe ridurre i cristiani in un ghetto, metterli in gabbia, schiacciarli nel conflitto fra arabi e curdi. Cristo ci ha detto di annunziare la Buona Novella a tutto il mondo: noi siamo chiamati a essere sale, luce e lievito per la nazione. Non possono confinarci in un unico territorio sulla base dell’appartenenza religiosa.Cosa chiedete al governo?Chiediamo al governo di individuare, perseguire e prevenire gli attentatori. Chiediamo protezione. Vogliamo solo i nostri diritti: l’Iraq è la nostra nazione, siamo cittadini iracheni come gli altri. Siamo in Iraq dal I secolo dopo Cristo, quando è passato San Tommaso a predicare nella nostra terra. Siamo in Iraq da 600 anni prima dei musulmani. Non chiediamo alcun trattamento di favore, ma solo il rispetto della dignità, delle nostre libertà e dei diritti fondamentali: vivere in pace, annunziare il Vangelo e contribuire a costruire la nostra nazione.
Quale appello rivolge alla comunità internazionale?
Alla comunità internazionale chiediamo un appoggio più forte e deciso. Urge una pressione forte dei governi occidentali per stabilizzare il quadro iracheno e ripristinare legalità e sicurezza. I governi che promuovono la democrazia e i diritti umani, pronti a tutelare i loro interessi economici in Iraq, dovrebbero impegnarsi per sradicare il terrorismo e promuovere pace e legalità in Iraq.
Come vi apprestate a vivere il Natale?
Natale sarà un momento critico: durante tutte le maggiori festività cristiane si verificano attentati e cresce il clima di intimidazione. La nostra comunità cattolica è fervente, ma la gente ha paura di venire in Chiesa. Speriamo che Dio ci doni la pace e ci aiuti a celebrare con coraggio la festa del Santo Natale.
Cosa chiedete al Papa e a tutti i cristiani nel mondo?
Di sostenerci, di non abbandonarci a noi stessi, di alzare la voce per difenderci nella comunità internazionale. A tutti i credenti in Cristo nel mondo, diciamo: pregate e aiutate le vittime della violenza, della guerra e del terrorismo. Ricordate la popolazione martoriata dell’Iraq che soffre da molti anni. Il Santo Padre, che ho incontrato ieri, mi ha assicurato la sua preghiera e il sostegno per l’Iraq e tutti gli iracheni.