"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

31 maggio 2017

A Mosul dopo il Daesh si torna a dire Messa

By Avvenire
Luigi Ginami*

Pubblichiamo una anticipazione di «Nasren» (Ed.Velar Marna), istant book scritto durante il viaggio dell’autore in Iraq. Una missione umanitaria per inaugurare delle aule di catechismo, ristrutturate dalla Fondazione Santina Onlus, ad Araden. In quei giorni, nel campo profughi di Dawdya, pure l’incontro con Nasren, yazida di 11 anni che racconta con gli occhi di una bimba l’irruzione dei terroristi del Daesh nel suo villaggio. Quello di seguito è un estratto dal capitolo «Mosul», scritto a poche centinaia di metri dal fronte.
 
Partiamo presto da Erbil. È venerdì, la strada è completamente libera. Arriviamo al primo dei numerosi check-point. Ivan parcheggia la grossa jeep. «Torno subito padre, ma per ogni evenienza sappi che qui nel cruscotto vi è una pistola!» Il cruscotto è lì che mi sfida: apro. È vero! «Tutto in ordine, quando hanno visto che tu eri un sacerdote ci hanno subito concesso il permesso ». Partiamo. Venire a Mosul? Tutti hanno sconsigliato! Perché? Perché? Perché? La domanda diventa ritmica mentre le prime immagini della città si presentano agli occhi. È un grande mercato. La macchina nera rallenta. Ivan prende la pistola. «Vedi questa gente? Loro non ti faranno nulla. Ma tra di loro, a qualche finestra potrebbe esserci un cecchino». Rimango senza parole. Piano piano la grossa vettura esce dal mercato. Ivan rimette la sicura alla pistola e la richiude nel cruscotto. 

Ora invece i militari non la devono vedere. Siamo nella parte sinistra della città, divisa in due dal Tigri. La prima chiesa che visitiamo ci sta davanti: la croce è divelta dal campanile. Una porta arrugginita si apre. Ivan mette l’arma sotto la camicia dietro la schiena e nuovamente mi spavento. Un uomo con il volto sorridente ed accogliente ci saluta. Salgo le scale sconnesse e visibilmente rovinate. Ma mentre avverto la furia di Daesh, dei piccoli bambini mi corrono incontro con dei grandi sorrisoni. Si avvicinano. Sollevò il più piccolino alla mia guancia e lui si accoccola comodo comodo e pacioso. La chiesa è pulita, ma vuota... Il bel marmo viene staccato con cura e messo in ordine per la vendita. «Padre dobbiamo andare», mi pressa Ivan. Dopo aver visitato la chiesa dedicata allo Spirito Santo, andiamo alla chiesa dedicata a San Giorgio: i militari, questa volta, non ci danno il permesso.
È una zona strategica. Regaliamo due bottiglie di acqua ai giovani militari al caldo dei 40 gradi e Ivan mi porta a vedere un’altra chiesa.

«Quando quel demonio del Daesh si è ritirato, ha lasciato cariche di dinamite nascoste. Basta urtare male una pietra che salta in aria tutto».
Entriamo: il pavimento è spoglio e liscio, una enorme lastra di cemento armato. Nessuna bomba può essere qui. «Bene padre tu aspetta qui, faccio un giro attorno per essere sicuro. Tu prepara per la Messa, celebreremo qui». Con un fazzolettino di carta pulisco l’altare dalla polvere, una lastra di cemento spogliata dal marmo, pongo sull’altare il mio caro ed inseparabile Vangelo aperto e pongo il pane ed il vino. Ma ci pensate? Gesù tornerà a Mosul. Forse è la prima Messa che si celebra qui dalla liberazione del Daesh. Un brivido ritorna prepotente, forse provocato dal rumore di un elicottero che si avvicina ed inizia a mitragliare. Se ne va, più lontano odo il rumore del conflitto a fuoco. E Gesù? Verrà qui tra poco... È la voce di Ivan ad interrompere il mio pensiero. «Padre qui non abbiamo molto tempo. Celebra bene la Messa con devozione e calma ma cerca di non essere troppo lungo...».

Prego per la città, per i cristiani, per Ivan, per i morti, per coloro che sono feriti o che stanno morendo proprio durante questo nuovo sacrificio di Gesù sulla croce. «Prendete e mangiate questo è il mio corpo, questo è il mio sangue». Mi inginocchio e mi fermo in adorazione. Da lontano qualcuno arriva. Istintivamente mi dico: devo proteggere questo tesoro prezioso che è la divina Eucaristia, male che vada subito mangio e bevo... Ivan mi dice in inglese stai calmo e soprattutto fermo. Lui si blocca e con voce calma e tranquilla saluta il giovane. Il giovane guarda incuriosito e chiede: «Ma state dicendo Messa?». Ivan risponde di sì e il ragazzo con un grande sorriso chiede: «Posso partecipare anche io? Sono cristiano. Sono un soldato dell’esercito iracheno». Avrà 22 o 23 anni, il mio forte abbraccio lo riempie di gioia e mi dice: «Abuna», padre. Mi viene in mente una frase bellissima di Gesù: Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro! Lo benedico.
La Messa è finita. Sto mettendo via il Vangelo, quando Ivan mi porta ad una finestra, dove da lontano si vede una croce. «Si padre e l’ho portata io con altri tre amici musulmani. È alta tre metri e larga due, di legno, sulla cima di quella collina e ogni volta che vengo a Mosul, quando la guardo mi dà forza e coraggio». Lo guardo negli occhi. Che coraggiosa iniziativa, se ne vuoi portare un’altra in futuro... Ti darò una mano.

* Sacerdote, presidente Fondazione Santina Onlus

Istant book

«Nasren», di Luigi Ginami, con la prefazione di monsignor Nunzio Galantino, è il diario di un viaggio di solidarietà svolto dal 29 aprile al 7 maggio in Iraq per «seminare speranza, per raccogliere futuro» nelle terre devastate dal Daesh