"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

17 novembre 2008

Iraq: RItiro USA. Warduni (Baghdad) "Prima garantire sicurezza e stabilità, poi ritiro"

Fonte: SIR

“Devono lasciare un Paese sicuro e stabile prima di andare via. Il rischio, altrimenti, è quello di far sprofondare la nazione nel caos”.
Commenta così il vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, l’accordo sul ritiro delle truppe americane dall’Iraq entro il 31 dicembre 2011. “Non spetta alla Chiesa fare valutazioni politiche – dichiara al Sir il vescovo – ma l’Iraq deve essere libero ed indipendente, deve vedersi riconosciuti i suoi diritti, quelli del suo popolo e delle minoranze che lo compongono. Il nostro Paese non deve essere sottomesso da nessuno ed ha diritto alla autodeterminazione”.
Per Warduni “è necessario in questi tre anni preparare il Paese perché sia effettivamente indipendente. Ciò significa favorire la riconciliazione nazionale: garantendo a tutti gli iracheni i medesimi diritti – è la conclusione - nessuno si sentirà più sotto occupazione, e nella libertà, potranno cooperare per il bene dell’Iraq allacciando relazioni paritarie con tutte le altre nazioni”.

Iraq: agreement on US withdrawal, Warduni (Baghdad) "Security and stability must be secured before any withdrawal"

Source: SIR

“The US must ensure security and stability before leaving the country. Otherwise the region would be plunged into chaos.”
With these words the Patriarchal Vicar of Baghdad, Mgr. Shlemon Warduni, commented the agreement on US troops withdrawal from Iraq by 31 December 2011. “The Church is not passing a political judgment,” said the Bishop to the SIR, “but Iraq must gain its freedom and independence and must have its rights recognised, namely those of its people and minorities. Our country is not subject to any other country and has the right to self-determination.”
According to Mgr Warduni, “over the next three years, we must prepare the country so that Iraq could eventually achieve its independence. This means to promote national reconciliation, by guaranteeing the same rights to all the Iraqi people.” “In conclusion,” he said “nobody will feel under occupation and ultimately everyone could cooperate in freedom for the goodness of Iraq by establishing peer-to-peer relations with all other nations.”

14 novembre 2008

Mons. Isaac (Baghdad): L’esercito USA restituisce il Babel College alla chiesa caldea.

By Baghdadhope

Il 6 novembre 2008, la sede di Baghdad del Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in Iraq, è stata restituita alla chiesa caldea che ne è proprietaria dall’esercito americano che la occupava dalla fine di marzo del 2007.
Le attività ospitate dal complesso, la sede universitaria affiliata all’Università Urbaniana di Roma, ma anche il Seminario Maggiore Caldeo di San Pietro e l’Istituto delle Scienze Religiose per la preparazione dei catechisti, a gennaio dello stesso anno a causa della pericolosità del quartiere di Dora erano state trasferite ad Ankawa, nel nord del paese controllato dal Governo Regionale Curdo dove tuttora si svolgono.
Ma la speranza di poter un giorno tornare a Baghdad – pur mantenendo le istituzioni anche ad Ankawa - non era mai svanita e si univa a quella che il quartiere di Dora potesse tornare ad essere uno dei centri della cristianità di Baghdad non solo per la presenza del complesso del Babel College ma anche di conventi e chiese appartenenti a diverse confessioni, cattoliche e non.
A marzo del 2007, però, il cammino verso il ritorno a Baghdad sembrò imboccare una strada chiusa. Nei lunghi corridoi del Babel College, nelle aule, nella biblioteca, nelle camere del seminario, persino nella cappella non camminavano più giovani seminaristi, suore, studenti o professori, ma soldati armati di tutto punto. Il Babel College era diventato Cop Amanche, un avamposto avanzato di combattimento del 4° Squadrone di Cavalleria della Prima Divisione di Fanteria Meccanizzata USA, i soldati del “Grande Uno Rosso” che avevano il compito di “pacificare” la zona.
La situazione però a Dora era talmente grave che ci volle la metà di aprile perché iniziassero a filtrare le prime notizie sulla sorte del complesso che suscitò le immediate rimostranze della chiesa caldea che non ne aveva concesso l’uso all’esercito americano e che ne richiese l’immediata restituzione.
Tra incontri tra le parti e trattative intanto il tempo passava. Da Cop Amache il Babel College diventò, nell’autunno del 2007 Cop Blackfoot, ed i soldati del Grande Uno Rosso vennero sostituiti da quelli dai Dragoni del 2-2 SCR, il 2° Squadrone del 2° Reggimento di Cavalleria.
Ora, a distanza di 19 mesi il Babel College è tornato nella mani della chiesa caldea complice la nuova politica americana di lasciare il controllo delle strade all’esercito iracheno. Così il 6 novembre sono stati firmati i documenti che sanciscono la restituzione degli edifici ed il risarcimento per i danni provocati.

Baghdadhope
ha chiesto a Monsignor Jacques Isaac, il Rettore del Babel College, di raccontare come sono andate i fatti: “Gli americani hanno deciso di lasciare gli edifici ed hanno sottoscritto i documenti firmati da parte nostra, da me e da Monsignor Shleimun Warduni” ha ricordato il vescovo.
Ci sono stati danni agli edifici?
“Sì. Ma fa parte dell’accordo che l’esercito americano provvederà al restauro delle parti danneggiate ed a sostituire ciò che è stato distrutto: le attrezzature delle aule, ad esempio, e la tipografia.”
E la biblioteca?
“No, la biblioteca non è stata danneggiata perché è sempre stata tenuta chiusa. Neanche la cappella ha subito danni perché, vista la presenza di un cappellano, è stata usata per quello che è: un luogo di culto.”
La chiesa caldea è soddisfatta dall’accordo?
“Per ora direi di sì, ma bisogna aspettare che i lavori vengano conclusi. Siamo ancora nelle prime fasi. Proprio oggi c’è stato un incontro tra gli ingegneri dell’esercito americano e l’ingegnere da noi incaricato di seguire le opere. Abbiamo anche dato all’esercito americano una lista dettagliata di tutto ciò che c’era negli edifici prima che diventassero una base operativa. In ogni caso ci vorranno dei mesi perché tutto sia rimesso a posto."
Ora la sicurezza a chi è affidata?
“Il giorno stesso in cui gli americani sono andati via alcune persone hanno cercato di penetrare in un varco del muro di cinta per rubare del ferro lasciato nei cortili ma sono state fermate dall’esercito iracheno che ora staziona all’esterno degli edifici. Quelle persone hanno cercato di giustificare il loro tentativo di furto affermando che si trattava di “roba degli americani” ma i soldati hanno risposto loro che non era vero, che l’edificio e tutto quello che c’è dentro è degli iracheni.”
Agli inizi di ottobre Lei aveva annunciato che l’Istituto di Scienze Religiose, le cui attività erano state prima trasferite ad Ankawa e poi sospese, era di nuovo in funzione nella chiesa del Sacro Cuore a Baghdad, guidato da Padre Sa’ad Sirop Hanna, ex direttore della sezione teologica del Babel College. L’Istituto rimarrà in quella chiesa o riprenderà a funzionare nel complesso del Babel College?
“Noi speriamo che tutto nel complesso di Dora - la facoltà, l’Istituto, il Seminario - possa tornare a funzionare come prima. Questo però non vuol dire che le sezioni create ad Ankawa saranno chiuse. In questi mesi ci siamo resi conto della loro utilità anche nel nord ed intendiamo mantenerle funzionanti.”
Ci sono previsioni sui tempi per il complesso di Baghdad?
“Oltre ai tempi tecnici per i lavori di ristrutturazione bisogna considerare la situazione della sicurezza che obbiettivamente è migliorata ma ancora lontana dall’essere normale. In ogni caso non smettiamo di pregare e sperare che tutto si possa sistemare.”

Nessuno potrà mai dire con certezza che la trasformazione del Babel College in una base operativa americana sia stato un bene o un male. Si può sostenere che la cosa potrebbe attirare ancora di più l’odio anticristiano spinto dalla convinzione che tra la chiesa e gli americani ci fosse un accordo, o invece pensare che proprio la presenza americana abbia salvato il complesso da furti e vandalismi – pensiamo per esempio all’eventuale danno patrimoniale ma anche storico se la biblioteca fosse stata saccheggiata - e che in una situazione che va “seppure lentissimamente” migliorando l’occupazione USA verrà dimenticata.
Ciò che è certo è che ora la sicurezza del complesso è affidata all’esercito iracheno che dovrà dimostrare di saperlo e volerlo proteggere. Se lo farà darà prova della tanto sbandierata – ma fino ad ora non messa in pratica – volontà del governo di rispettare le minoranze.
In ogni caso a distanza di più di cinque anni e mezzo dall’inizio della guerra all’Iraq è incredibile come la speranza sia ancora la molla che guida gli iracheni. Che ci sia ancora qualcuno, e tra essi Monsignor Isaac, che abbia ancora voglia di lottare, di costruire, di pensare al futuro.
Un nuovo futuro per il Babel College che tutti ci auguriamo sia iniziato il 6 novembre quando i teloni verdi stasi tra le finestre a riparo dei soldati americani sono stati rimossi ed il cortile è stato nuovamente invaso: questa volta però dal sole.

Msgr. Isaac (Baghdad): The U.S. army returns the Babel College to the Chaldean church

By Baghdadhope

On November 6, 2008, the Baghdad headquarters of Babel College, the only Christian theological faculty in Iraq, was returned to its owner, the Chaldean Church, by the American army that occupied them since the end of March 2007.
The activities hosted by the complex - the university affiliated to the Urbaniana University of Rome, but also the Chaldean major seminary of St Peter and the Institute of Religious Sciences for the preparation of catechists - for the dangerousness of the district of Dora had been transferred in January of that year in Ankawa, in the north of the country controlled by the Kurdish Regional Government where they are still functioning. But the hope to return to Baghdad - while maintaining the institutions also in Ankawa - had never disappeared and was linked to the hope that the district of Dora could once again become a center of Christianity in Baghdad as it was in the past, for the presence of the complex of Babel College but also of churches and monasteries belonging to different Christian confessions, Catholic and not.
In March 2007, however, the path to the return to Baghdad seemed to take a blind alley. In the long corridors of Babel College, in the classrooms, in the library, in the rooms of the Seminar, even in the chapel, there were not more young seminarists, nuns, students or professors walking, but fully armed soldiers.
The Babel College had become Cop Amanche, an advanced combat outpost of the 4th Cavalry Squadron of the First Mechanized Infantry Division, the soldiers of the "Big Red One" who had the task to "pacify" the area.
But the situation in Dora was so serious that only after one month the first news on the fate of the complex became to filter. Fate that aroused the immediate grievances of the Chaldean church that had not granted its use to the U.S. army and that required its immediate return.
The time elapsed in meetings and negotiations between the two parts. In the autumn of 2007 Cop Amanche became Cop Blackfoot, and the soldiers of the Great Red One were replaced by those of the 2-2 SCR,the 2nd Squadron of the 2nd Striker Cavalry Regiment.
Now, after 19 months, the Babel College is back in the hands of Chaldean church following the new American policy to leave the control of the streets to the Iraqi army. So on November 6 the documents attesting the return of the buildings and the compensation for the damages caused to them were signed.

Baghdadhope
asked to Msgr. Jacques Isaac, the rector of Babel College, to tell how the things went: "The Americans decided to leave the buildings and signed the documents that me and Msgr. Shleimun Warduni approved" recalled the bishop.
Were the buildings damaged?
"Yes. But the agreement is that the U.S. Army will restore the damaged parts and replace what was destroyed: the equipment of classrooms, for example, and the typography."
And what about the library?
"No, the library was not damaged because it has always been kept closed. Not even the chapel was damaged because, given the presence of a chaplain, it was used for what it is: a place of worship. "
Is the Chaldean church satisfied with this agreement?
"By now I would say yes, but we must wait for the works to be finished. We are still in the early stages. Just today there was a meeting between some engineers from the U.S. army and the engineer we entrusted of supervising the works. We also gave to the U.S. army a list of everything that was in the buildings before they become an operational base. In any case it will take months to begin to work there again"
Who is in charge now of the security?
"The very day that the Americans left the complex some people tried to penetrate an opening in the external wall to steal some iron left in the courtyards but were stopped by Iraqi soldiers who now stay outside the buildings. Those people tried to justify their attempt by saying that it was "American’s stuff" but the soldiers replied that it was not true, that the building and all what is inside is owned by Iraqis."
At the beginning of October you announced that the Institute of Religious Sciences, the activities of which were first transferred to Ankawa and then suspended, was back in operation in the Church of the Sacred Heart in Baghdad and was led by Fr. Sa'ad Sirop Hanna, former director of the theological section of the Babel College. Will the Institute remain in the church or will it be moved to the Babel College complex again?
"We hope that all is in Dora - the faculty, the Institute, the seminary - could return to operate as before. But this does not mean that the sections created in Ankawa will be closed. In recent months we realized their worth in the north and we intend to keep them working also there."
When the Baghdad seats will be re-opened?
"Besides the technical times for the renovation works we must consider the security situation that is objectively improved but still far from normal. In any case we will not stop praying and hoping that we can fix everything."

No one will ever be able to say with certainty that the transformation of Babel College in an American base was a good or bad thing. It can be argued that it could attract even more anti-Christian hatred spurred by the belief that the church and the Americans had an agreement, or rather someone can think that the American presence saved the complex from theft and vandalism - think for example of the possible patrimonial but also historical damage if the library had been looted - and that in a situation that is improving "even if very slowly" U.S. occupation will be forgotten. What is certain is that the security of the complex is now in the hands of the Iraqi army that must demonstrate to want to protect it and to know how to do it. If it will perform its duty it will give evidence of the so much displayed - but so far not implemented - will of the government to respect minorities.
In any case, after more than five and a half years since the start of the war, it is incredible that the hope is still a drive for Iraqis. That there is still someone, and among them Msgr.Isaac, who still wants to strive, to build, to think about the future. A new future for the Babel College that we all hope started on November 6 when the big green lenghts of cloth hang out among the windows to cover the courtyard and the American soldiers have been removed and the place has been invaded again, this time however by the sun.

Inviato delle NU preme perchè l'Iraq protegga le minoranze dopo le ultime uccisioni a Mosul


Tradotto ed adattato da Baghdadhope

Il rappresentante delle Nazioni Unite in Iraq ha esortato il governo a fare tutto il possibile per proteggere le minoranze del paese dopo che due donne cristiane sono state uccise nella città settentrionale di Mosul a poche ore dall'inizio del ritorno alle loro case di alcune famiglie sfollate a causa dei recenti episodi di violenza. In un comunicato stampa rilasciato dalla Missione di Assistenza dell'ONU in Iraq (UNAMI), il rappresentante speciale del segretario generale, Staffan de Mistura, ha espresso il suo "shock ed indignazione" per il persistere di attacchi e ed uccisioni che colpiscono le minoranze religiose. Circa 2.200 famiglie, oltre 9000 persone, erano fuggite ai primi di ottobre dalla seconda città irachena a causa della recrudescenza degli attacchi, le minacce e le intimidazioni. Martedì, l'agenzia dell'ONU per i rifugiati ha riferito che alcune delle famiglie cristiane fuggite stavano cominciando a tornare dopo aver sentito dire che la situazione della sicurezza era migliorata.
Le forze di sicurezza irachene hanno recentemente rafforzato la propria presenza nell'area con 35.000 tra militari e personale di polizia solo nella città di Mosul, con un conseguente calo del numero di esplosioni e uccisioni arbitrarie, secondo l'UNAMI.
De Mistura ha affermato che Mosul è, e deve rimanere, la culla storica della diversità religiosa ed etnica, ribadendo la posizione delle Nazioni Unite secondo la quale il rispetto e la garanzia dei diritti delle minoranze in Iraq è "fondamentale per uno stabile e democratico futuro del paese."
De Mistura ha invitato il governo iracheno a fare tutto quanto in suo potere per salvaguardare i diritti umani dei cristiani, degli yezidi, degli shabak e delle altre minoranze - tutte vittime di terribili attentati - e far sì che i responsabili di questi attacchi siano rapidamente assicurati alla giustizia.
Il rappresentante speciale ha inoltre invitato le autorità locali, così come il governo regionale del Kurdistan, a contribuire a tutelare i diritti delle minoranze e la loro identità religiosa, così come al porre fine all'impunità per questi attacchi criminali.

12 novembre 2008

Minoranze irachene: appello di Monsignor Warduni (Baghdad) alla comunità internazionale.

Clicca qui per la lettera aperta di Baghdadhope al Senato italiano

Strage di Nassiriya: Warduni (Baghdad) "Ricordo vivo".La generosità di Pietro Petrucci

Fonte: SIR

“Cinque anni dopo quella tragedia resta vivo il ricordo della generosità e del grande valore dei soldati italiani”.
Per mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale di Baghdad, la strage di Nassiriya, dove persero la vita, 12 carabinieri, 5 militari e 2 civili, è l’occasione per ricordare, in particolare, una di queste vittime, il caporale dell'esercito Pietro Petrucci, all’epoca 22 anni, di Casavatore (Napoli). “La sua figura – dichiara al Sir – è esemplare dei valori e delle capacità dei soldati italiani. Pietro veniva da una parrocchia che aveva fatto un gemellaggio con una parrocchia di Baghdad. Grazie anche a lui avevamo raccolto fondi per costruire un asilo ed un centro giovanile qui a Baghdad, nella parrocchia di san Giuseppe operaio”. “I genitori di Pietro – aggiunge mons. Warduni - hanno devoluto il loro denaro per la costruzione di questo asilo che ospiterà circa 50 bambini. Ora tutto è pronto ma per inaugurarlo bisogna attendere tempi di sicurezza e stabilità. Invito a pregare per Pietro e tutti gli altri italiani uccisi a Nassiriya. Grazie anche alla sua generosità e al suo sacrificio che bambini iracheni potranno avere un luogo dove giocare e studiare. La mia speranza è vedere i genitori di Pietro all’inaugurazione dell’asilo”. Sabato a Casavatore sarà l’ordinario militare per l’Italia, mons. Vincenzo Pelvi, a ricordare Pietro Petrucci e tutte le altre vittime.

Massacre of Nassiryia: Warduni (Baghdad) "A lively memory". Pietro Petrucci's generosity

Source: SIR

“Five years after that tragedy, the memory of the generosity and great value of the Italian soldiers is still alive”.
According to mgr. Shlemon Warduni, patriarchal vicar of Baghdad, the massacre of Nassiriya, where 12 carabinieri, 5 soldiers and 2 civilians lost their lives, is the occasion to remember, in particular one of these victims, army corporal Pietro Petrucci, aged 22, from Casavatore (Naples). “He – he states to SIR – is an example of the values and abilities of the Italian soldiers. Pietro came from a parish that was twinned to a parish of Baghdad. It was partly through him that we raised funds to build a nursery school and a youth centre here in Baghdad, in the parish of Saint Joseph the Labourer”. “Pietro’s parents – adds mgr. Warduni – donated their money to build this nursery school that will take about 50 children. It is all ready now, but before we can open it we have to wait for some security and stability. I ask you to pray for Pietro and for all the other Italians who were killed in Nassiriya. Partly through his generosity and his sacrifice, some Iraqi children will now have a place to play and study. I hope I will see Pietro’s parents at the opening of the nursery school”. On Saturday in Casavatore, the military ordinary mgr. Vincenzo Pelvi will commemorate Pietro Petrucci and all the other victims.

Iraq: Due cristiane uccise a Mosul. Warduni (Baghdad) "Un piano per cacciare i cristiani"

Fonte: SIR

Ancora morte e violenza contro la comunità cristiana di Mosul. E’ di oggi, infatti, la notizia dell’assassinio di due sorelle cristiane nel quartiere di Alqahira, e del ferimento della madre. “Questo omicidio – è il commento rilasciato al Sir dal vicario patriarcale di Baghdad, mons. Shlemon Warduni - fa pensare a qualcosa di organizzato che rientrerebbe in un piano di allontanamento dei cristiani dall’Iraq. La situazione sembrava essere tornata quasi tranquilla, grazie anche alla presenza dell’esercito e per questo molte famiglie erano rientrate in città ed altre stavano pensando di farlo in questi giorni. Ma adesso è tornata la paura e tutto è piombato nel buio più pesto”.
Secondo alcune stime da ottobre ad oggi sarebbero 2000 le famiglie fuggite da Mossul a causa delle violenze contro i cristiani, 700 quelle che avrebbero nel frattempo fatto rientro.

New anti-Christian attack in Mosul, two sisters killed

Source: Asianews

Mosul Christians have been attacked again today. A group of armed men stormed a house in the Alqahira neighbourhood where they killed two sisters in what amounts to targeting killing. After entering the building the gunmen shot the two young women in cold blood and wounded their mother with a knife. At present she is in hospital but her conditions are not serious. The husband and the son were able to escape at the start of the attack.
The victims are Lamia Sobhy Salloha and Walàa Sobhy Salloha, both from the Syro-Catholic Church of Mosul. The two young women were employed by the Office of the Treasurer of the Municipality of Wala.
According to eyewitnesses the attack was carried out by a gang of 16-to18-year olds who after attacking the residents of the house placed a bomb at the entrance and detonated it when a group of police agents came to the scene, killing two and wounding others.
A source told AsiaNews that “youth gangs from poor families” were involved in the incident but that behind them there is “a criminal organisation” that is doing everything to drive Christians out of the city.
“It is over power and the next election to provincial councils and minority representation, which might be decisive for the balance between Arabs and Kurds,” said the source.
Urged by the United Nations, the government had promised to put art. 50 back into a draft law to guarantee minorities 15 seats out of 440 (13 for Christians). But on 3 November parliament passed the bill without doing so, which later received the necessary sanction by the Presidency Council to become law with only one seat set aside for Mosul Christians. The parliament’s decision has embittered the leaders of the Iraqi Church who slammed the blatant violation of the constitution which should ensure equal rights for all citizens.
“We don’t trust anyone. Both Arabs and Kurds promised to help us but so far we have not seen anything concrete,’ the source told AsiaNews. Today’s attack was “another warning by those who want to force Christians into the Niniwa Plains.”
In recent days more than 700 families had decided to come back to Mosul after local authorities promised to provide them with greater protection. This targeted killing “will push Christians to flee again” and threats of new attacks and violence will continue to hang over the few who remain.
“It is all a political game but it is Christians who are the losers,” said the source.
Today’s attack is but the last in a series of acts of violence against Mosul’s Christian community which has been targeted by Islamic fundamentalists and armed gangs alike.
Since the start of October, 16 people have died and 2,000 families (about 12,000 people) have left the city.
Matters had begun to get better in recent days, hence the decision of 700 families to come back; however, today’s attack will cast an even greater shadow on the fate of Iraq’s Christian community. (DS)

Nuovo attacco contro i cristiani a Mosul, uccise due sorelle

Fonte: Asianews

Nuovo attacco contro i cristiani a Mosul: mercoledì 12 novembre una banda armata ha fatto irruzione in un’abitazione di una famiglia ad Alqahira, un quartiere della città, uccidendo due sorelle.
Si è trattato di una vera e propria esecuzione mirata: il gruppo è entrato nella casa e ha sparato a sangue freddo sulle due ragazze; la loro madre è stata accoltellata. La donna è stata ricoverata all’ospedale di Mosul, ma non verserebbe in gravi condizioni. Sono riusciti a mettersi in salvo il marito e l’altro figlio, fuggiti al momento dell’assalto.
Le vittime sono Lamia Sobhy Salloha e Walàa Sobhy Salloha, della chiesa siro-cattolica di Mosul: le giovani lavoravano per il tesoriere della municipalità di Wala. Portato a termine l’assalto, la banda composta da giovani tra i 16 e i 18 anni – secondo quanto riferiscono i testimoni – ha piazzato una bomba sulla porta dell’abitazione. L'ordigno è esploso mentre sul posto giungeva un gruppo di poliziotti, uccidendo due agenti e ferendone altri.
Una fonte di AsiaNews a Mosul riferisce che si tratta di “bande di ragazzi che appartengono a famiglie povere” dietro i quali c’è “una organizzazione criminale” che fa di tutto “per cacciare i cristiani dalla città”. “È una questione di potere – racconta la fonte – legata alle prossime elezioni per il rinnovo dei consigli provinciali e alla rappresentatività delle minoranze”, che potrebbero rivelarsi decisive negli equilibri fra arabi e curdi.
Il governo, su invito delle Nazioni Unite, aveva promesso di reintrodurre l’art. 50 nella legge elettorale, il quale garantiva 15 seggi su 440 alle minoranze, di cui 13 ai cristiani. Lunedì 3 novembre il Parlamento ha approvato la norma senza inserire alcuna modifica e il consiglio di presidenza l’ha ratificata, assegnando ai cristiani di Mosul è riservato un solo seggio. La decisione del Parlamento ha amareggiato i vertici della chiesa irachena, i quali hanno denunciato una palese violazione della Costituzione , che assicura pari diritti per tutti i cittadini.
“Non ci fidiamo più di nessuno – prosegue la fonte di AsiaNews – perché sia gli arabi che i curdi hanno promesso di aiutarci ma non abbiamo ricevuto nessuna risposta concreta”. L’attacco di oggi è “un nuovo messaggio lanciato da quanti vogliono spingere i cristiani a fuggire verso la piana di Ninive”. Nei giorni scorsi oltre 700 famiglie avevano deciso di rientrare a Mosul, rassicurate dal governo locale che garantiva una maggiore protezione. L’esecuzione mirata avvenuta quest’oggi “spingerà i cristiani a fuggire di nuovo” e sui pochi che rimangono pende la minaccia di nuovi attacchi e violenze. “È solo un gioco politico – conclude la fonte – e a rimetterci sono i cristiani”.
L’attacco di oggi è solo l’ultimo di una serie di violenze contro la comunità cristiana a Mosul, nel mirino dei fondamentalisti islamici e di bande armate. Dall’inizio di ottobre vi sono stati 16 morti, mentre 2000 famiglie – 12mila persone in totale – hanno lasciato la città. Negli ultimi giorni la situazione sembrava essere migliorata, tanto che più di 700 nuclei familiari avevano deciso di rientrare nelle loro abitazioni; l’attacco di oggi getta una nuove ombre sul futuro della comunità cristiana in Iraq.(DS)

10 novembre 2008

Minoranze irachene: appello di Monsignor Warduni (Baghdad) alla comunità internazionale. Lettera aperta di Baghdadhope al Senato italiano

By Baghdadhope

“Noi ci appelliamo a tutti – governi, popoli, organizzazioni internazionali – perché facciano pressione sul governo e sui deputati iracheni perché mettano in pratica ciò che sempre promettono: il riconoscimento dei nostri diritti in quanto cittadini iracheni. In questo senso ogni iniziativa tesa a preservare tali diritti può essere utile.”
Con queste parole Monsignor Shleimun Warduni, Patriarca vicario caldeo, ha lanciato attraverso il blog Baghdadhope che lo ha intervistato un appello a tutte le forze politiche e sociali del mondo a favore del rispetto dei diritti delle minoranze irachene tra le quali quella cristiana è la maggioritaria per quanto riguarda i numeri.

La scorsa settimana il Senato della Repubblica Italiana ha approvato una mozione bipartisan sulle persecuzioni delle comunità cristiane nel mondo.
Ad esso si appella Baghdadhope con una lettera aperta:
· Lo scorso 22 luglio il Parlamento iracheno aveva approvato la legge di regolamentazione delle prossime elezioni dei consigli provinciali che si terranno il 31 gennaio 2009.
· La suddetta legge comprendeva un articolo, il n° 50, che assicurava 15 seggi alle minoranze cristiana, yazida e shabak in 6 consigli provinciali (Baghdad, Ninive, Bassora, Erbil, Dohuk e Kirkuk) così ripartiti: (Cristiani Baghdad=3, Ninive=3, Erbil=2, Dohuk=2, Kirkuk=2, Bassora=1, Shabak Ninive=1 e Yazidi Ninive=1)
· A seguito della mancata approvazione della legge da parte del Consiglio Presidenziale, e della conseguente sua revisione da parte del Parlamento lo scorso 24, quest’ultimo aveva ripresentato il testo cancellandone però completamente l’articolo 50.
· A seguito delle diverse proteste elevate per la cancellazione dell’articolo 50 da parte di rappresentanti politici e religiosi iracheni, delle manifestazioni tenutesi in Iraq ed all’estero, del risalto dato alla questione dai media internazionali e dell’impegno da parte delle stesse Nazioni Unite a trovare una soluzione al problema della prevista cancellazione della rappresentatività politica delle minoranze, il parlamento iracheno aveva deciso di reinserire l’articolo 50 nel corpo della legge.
· Il 27 ottobre il Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite in Iraq, Staffan De Mistura, aveva presentato al parlamento iracheno una
proposta che prevedeva la riduzione dei consigli provinciali in cui riservare dei seggi per le minoranze da 6 a 3 (Baghdad, Ninive e Bassora) quella degli stessi seggi, che passavano da 15 a 12, e la loro distribuzione (cristiani Baghdad=3, Ninive=3, Bassora=1, Yazidi Ninive=3, Shabak Ninive=1, Mandei (assenti nella legge del 22 luglio) Baghdad=1)
· Il 2 novembre 106 deputati sui 150 presenti al parlamento iracheno hanno votato per un'ulteriore diminuzione degli spazi politici concessi alle minoranze dimezzando il numero di seggi ad esse garantiti dai 12 previsti dalla proposta delle NU a 6 (cristiani Baghdad=1, Ninive=1, Bassora=1, Shabak Ninive=1, Yazidi Ninive=1, Mandei Baghdad=1)
· Sabato 8 novembre il Consiglio Presidenziale ha approvato la proposta parlamentare ed ha confermato quindi ciò che Monsignor Warduni aveva definito in un’intervista al SIR
“un’elemosina” specificando inoltre che “L’art. 50 così come approvato ci nega i diritti per questo ho chiesto ancora una volta che venisse ripristinato come era in origine. Per tutta risposta è arrivata questa triste decisione.”

Ricordando
le parole conclusive delle 4 mozioni presentate al Senato lo scorso 30 ottobre sulle
PERSECUZIONI DELLE COMUNITA’ CRISTIANE NEL MONDO da 85 senatori del Popolo della libertà, del Gruppo Lega Nord Padania, del Gruppo UDC-Südtiroler Volkspartei-Autonomie e del Partito Democratico

(1-00046) Popolo della libertà
GASPARRI, QUAGLIARIELLO, FERRARA, TOFANI, BALBONI, POLI BORTONE, SANTINI, PICHETTO FRATIN, SARO, DE FEO, SANCIU, COMINCIOLI, PASTORE.
… impegna il Governo ad assumere iniziative volte a contrastare la persecuzione delle comunità cristiane in India, in Iraq e in altri Paesi.

(1-00047) Gruppo Lega Nord Padania
BRICOLO, ADERENTI, BODEGA, BOLDI, CAGNIN, DIVINA, FILIPPI Alberto, FRANCO Paolo, GARAVAGLIA Massimo, LEONI, MARAVENTANO, MAURO, MAZZATORTA, MONTANI, MONTI, MURA, PITTONI, RIZZI, STIFFONI, TORRI, VACCARI, VALLARDI, VALLI.
… impegna il Governo ad adoperarsi, direttamente e attraverso l’Unione europea, per verificare e monitorare la condizione dei cristiani nei Paesi in cui essi costituiscono una minoranza e a valutare l’opportunità di subordinare ogni ulteriore rapporto di carattere politico o economico con tali Paesi all’effettiva tutela da parte loro delle minoranze cristiane presenti sul loro territorio; ad istituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un «Osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo», che abbia, tra le altre funzioni di consulenza al Governo, quella di valutare il prosieguo delle relazioni diplomatiche, in particolare quelle relative alla cooperazione allo sviluppo che implicano l’erogazione di fondi da parte del bilancio statale, con i Paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti delle minoranze cristiane e/o non hanno sottoscritto la Convenzione dei diritti dell’uomo.

(1-00048) Gruppo UDC-Südtiroler Volkspartei-Autonomie
D’ALIA, PINZGER, FOSSON, CINTOLA, PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, GIAI, CUFFARO.
…impegna il Governo ad intervenire direttamente presso le autorità nazionali indiane affinché sia fatta chiarezza e siano individuati i responsabili che propugnano azioni di pulizia etnico-religiosa in India, affinché, vengano adottate effettive misure di sicurezza nei confronti delle minoranze religiose cristiane, sia previsto l’effettivo risarcimento dei danni subiti dalle comunità religiose oggetto di atti vandalici e siano assicurati alla giustizia gli autori degli omicidi e degli attentati; ad adottare inoltre identica iniziativa volta a contrastare le persecuzioni delle comunità cristiane in Iraq come negli altri Paesi menzionati

(1-00049) Partito Democratico
FINOCCHIARO, ZANDA, LATORRE, SOLIANI, GARAVAGLIA Mariapia, GRANAIOLA, SANGALLI, FIORONI, AGOSTINI, BIONDELLI, DEL VECCHIO, MAGISTRELLI, MARINO Mauro Maria, RANDAZZO, GUSTAVINO, LEDDI, ROSSI Nicola, COSENTINO, RUSCONI, PERTOLDI, FONTANA, VITA, NEROZZI, LEGNINI, CERUTI, BASSOLI, ROSSI Paolo, FISTAROL, BOSONE, BAIO, LIVI BACCI, MARCUCCI, BERTUZZI, BLAZINA, GHEDINI, ARMATO, TREU, VILLARI, RANUCCI, PIGNEDOLI, DE SENA
..impegna il Governo ad adoperarsi in tutte le sedi comunitarie e internazionali, nonché nell’ambito dei rapporti internazionali bilaterali, affinché vengano garantiti i diritti fondamentali della persona e le libertà religiose e venga posta fine alle violenze e alle persecuzioni alimentate dal fondamentalismo etnico e religioso in ciascun Paese o area di crisi mondiale; in particolare, a promuovere il rafforzamento del ruolo internazionale dell’Unione europea quale modello sociale e istituzionale di riferimento per la tutela e la promozione su scala mondiale dei diritti umani e dei valori della laicità e della pace.

Riferendo
le parole di Monsignor Shleimun Warduni che nonostante l’insoddisfazione espressa per la decisione del governo iracheno ha speranza che il futuro possa riservare alle minoranze il giusto posto e peso nelle decisioni politiche del paese di cui esse sono parte storica ed integrante: “Ci è stato assicurato che il numero dei seggi destinati alle minoranze, per il quale ripeto dichiariamo la nostra insoddisfazione, aumenterà in futuro. Che questa decisione è provvisoria, che sarà valida solo per la prossima tornata elettiva dei consigli provinciali e che dopo un censimento della popolazione, potrà essere rivista.”

Confidiamo
· nell’interesse dei Senatori firmatari delle mozioni di cui sopra al destino non solo della comunità irachena cristiana quanto a quello di tutte le minoranze di un paese di cui esse sono e si sentono cittadini a tutti gli effetti
· nella lunga storia della democrazia italiana a difesa dei diritti delle minoranze a prescindere dalla religione da esse professata e dall’etnia cui appartengono
· che gli 85 Senatori firmatari delle mozioni succitate continuino nell’impegno e lavorino per la difesa dei diritti di tutte le minoranze irachene, dei cristiani ma anche degli Shabak, degli Yazidi e dei Mandei, perché il loro rispetto è condizione necessaria per la nascita di un vero Iraq democratico da tutti sempre auspicato.

Copia di questo post è stata inviata a tutti gli 85 Senatori che hanno firmato le 4 mozioni presentate lo scorso 30 ottobre.
Cliccando su “leggi tutto” troverai i loro nomi ed i loro indirizzi mail

(Il Popolo della Libertà)
Balboni balboni_a@posta.senato.it
Comincioli comincioli_r@posta.senato.it
DE FEO defeo_d@posta.senato.it
FERRARA ferrara_m@posta.senato.it
GASPARRI gasparri@tin.it
PASTORE pastore_a@posta.senato.it
PICHETTO FRATIN pichettofratin_g@posta.senato.it
POLI BORTONE polibortone_a@posta.senato.it
QUAGLIARELLO quagliariello_g@posta.senato.it
SANCIU sanciu_f@posta.senato.it
SANTINI santini_g@posta.senato.it
SARO saro_g@posta.senato.it
TOFANI tofani_o@posta.senato.it
(Gruppo Lega Nord Padania)
ADERENTI aderenti_i@posta.senato.it
BODEGA bodega_l@posta.senato.it
BOLDI boldi_r@posta.senato.it
BRICOLO bricolo_f@posta.senato.it
CAGNIN cagnin_l@posta.senato.i
DIVINA divina_s@posta.senato.it
FILIPPI ALBERTO filippi_a@posta.senato.it
FRANCO PAOLO franco_p@posta.senato.it
GARAVAGLIA MASSIMO garavaglia_massimo@posta.senato.it
LEONI leoni_g@posta.senato.it
MARAVENTANO maraventano_a@posta.senato.it
MAURO mauro_r@posta.senato.it
MAZZATORTA mazzatorta_s@posta.senato.it
MONTANI montani_e@posta.senato.it
MONTI monti_c@posta.senato.it
MURA mura_r@posta.senato.it
PITTONI pittoni_m@posta.senato.it
RIZZI rizzi_f@posta.senato.it
STIFFONI stiffoni_p@posta.senato.it
TORRI torri_g@posta.senato.it
VACCARI vaccari_g@posta.senato.it
VALLARDI vallardi_g@posta.senato.it
VALLI valli_a@posta.senato.it
Gruppo UDC, SVP e Autonomie
CINTOLA cintola_s@posta.senato.it
CUFFARO cuffaro_s@posta.senato.it
D’ALIA dalia_g@posta.senato.it
FOSSON fosson_a@posta.senato.it
GIAI giai_m@posta.senato.it
PETERLINI peterlini_o@posta.senato.it
PINZGER pinzger_m@posta.senato.it
THALER AUSSERHOFER thalerausserhofer_h@posta.senato.it
Gruppo Partito Democratico
AGOSTINI agostini_m@posta.senato.it
ARMATO armato_t@posta.senato.it
BIONDELLI biondelli_f@posta.senato.it
BASSOLI bassoli_f@posta.senato.it
BOSONE bosone_d@posta.senato.it
BAIO baiodossi_e@posta.senato.it
BLAZINA blazina_t@posta.senato.it
BERTUZZI bertuzzi_m@posta.senato.it
COSENTINO cosentino_l@posta.senato.it
CERUTI ceruti_m@posta.senato.it
DEL VECCHIO delvecchio_m@posta.senato.it
DE SENA desena_l@posta.senato.it
FINOCCHIARO finocchiaro_a@posta.senato.it
FIORONI fioroni_a@posta.senato.it
FONTANA fontana_c@posta.senato.it
FISTAROL fistarol_m@posta.senato.it
GARAVAGLIA MARIAPIA garavaglia_mariapia@posta.senato.it

GRANAIOLA granaiola_m@posta.senato.it
GUSTAVINO gustavino_c@posta.senato.it
GHEDINI ghedini_r@posta.senato.it
LATORRE latorre_n@posta.senato.it
LEDDI leddi_m@posta.senato.it
LEGNINI legnini_g@posta.senato.it
LIVI BACCI livibacci_m@posta.senato.it

MAGISTRELLI magistrelli_m@posta.senato.it
MARCUCCI marcucci_a@posta.senato.it
MARINO MAURO MARIA marino_m@posta.senato.it
NEROZZI nerozzi_p@posta.senato.it
PERTOLDI pertoldi_f@posta.senato.it
PIGNEDOLI pignedoli_l@posta.senato.it
RANDAZZO randazzo_a@posta.senato.it
RANUCCI ranucci_r@posta.senato.it
ROSSI NICOLA rossi_n@posta.senato.it
ROSSI PAOLO rossi_p@posta.senato.it
RUSCONI rusconi_a@posta.senato.it
SANGALLI sangalli_g@posta.senato.it
SOLIANI soliani_a@posta.senato.it
TREU treu_t@posta.senato.it
VILLARI villari_r@posta.senato.it
VITA vita_v@posta.senato.it
ZANDA zanda_l@posta.senato.it



balboni_a@posta.senato.it,
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defeo_d@posta.senato.it,
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9 novembre 2008

Reazioni al dimezzamento della rappresentatività politica delle minoranze in Iraq

By Baghdadhope

La decisione del governo iracheno di garantire solo 6 seggi alle minoranze (cristiana, shabak, mandea e yazida) alle prossime elezioni dei consigli provinciali ha suscitato sconcerto nel paese. Alle rimostranze espresse da Monsignor Shleimun Warduni, patriarca vicario caldeo, si sono unite quelle di molti altri esponenti religiosi e politici.
A partire dallo sceicco
Satar Jabar Alhalu, leader della comunità mandea che ha esplicitamente richiesto l’approvazione della proposta fatta lo scorso 27 ottobre da Staffan De Mistura, rappresentante speciale delle Nazioni Unite, che prevedeva 12 seggi per le minoranze e non le 6 ora approvati. E questo sebbene la sua comunità sia quella che ha maggiormente beneficiato dalla cancellazione dell’articolo 50 che a luglio prevedeva 15 seggi per le minoranze ma nessuno per i mandei.
“Preoccupazione” è stata espressa dal Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq,
Monsignor Francis A. Chullikat che ha sottolineato come la decisione del governo potrà avere degli effetti negativi non solo sulla comunità cristiana che da luglio a novembre ha “perso” ben 10 seggi, ma anche sulle altre minoranze.
“Inaccettabile” ha definito
Monsignor Louis Sako, da Roma dove ha partecipato agli incontri cristiano-islamici degli scorsi giorni, che i più di 250.000 cristiani di Baghdad ed i più di 100.000 di Mosul saranno rappresentati da un solo politico eletto in ambo i consigli provinciali.
Di prova del mancato riconoscimento dei legittimi diritti dei cristiani che non devono essere considerati e trattati come cittadini di seconda classe, ha invece parlato
Monsignor Mati Shaba Matoka, vescovo siro cattolico di Baghdad.
Interessante, tra le voci –poche a dire il vero – non appartenenti alle minoranze colpite dal provvedimento, l’obiezione del parlamentare curdo
Abd Albari Zebari, del Comitato Relazioni Estere, che vede nella sua applicazione la causa di un possibile peggioramento delle relazioni internazionali, specialmente con l’Europa, con una prevedibile ricaduta sugli investimenti esteri in Iraq.
Una posizione che sottintende l’attenzione alle possibili reazioni dei governi delle nazioni in cui i diritti delle minoranze rappresentano uno dei pilastri della democrazia, e che sembrerebbe addirittura suggerire la strada da intraprendere per favorire un’analoga presa di coscienza da parte del governo iracheno.

Reactions to the halving of minorities political representation in Iraq

By Baghdadhope

The decision of the Iraqi government to ensure only 6 seats for minorities (Christian, Shabak, Mandean and Yazide) in the forthcoming elections of the provincial councils caused dismay in the country. The grievances expressed by Msgr. Shleimun Warduni,the Chaldean Patriarch vicar, were joined by those of many other clerics and politicians.
Sheikh
Satar Jabar Alhalu, community leader of the Mandeans explicitly required the approval of the proposal made on October 27 by Staffan De Mistura, Special Representative of the United Nations, which provided 12 seats for minorities and not 6 as now approved. And this although his community is the one that most benefited by the cancellation in July of the art. 50 which included 15 seats for minorities but none for Mandeans.
"Concern” was expressed by the Apostolic Nuncio in Jordan and Iraq,
Msgr. Francis A. Chullikat, who stressed that the government's decision will have negative effects not only on the Christian community that from July to November "lost" 10 seats, but also on the other minorities.
"It is unacceptable" said
Msgr. Louis Sako, from Rome where he attended the Christian-Islamic meeting in the past days, that more than 250,000 Christians in Baghdad and more than 100,000 in Mosul will be represented by a single elected politician in both provincial councils.
Of the evidence of the failure to recognize the legitimate rights of Christians who do not have to be considered and treated as second-class citizens, spoke
Msgr. Mati Shaba Matoka, the Syriac Catholic bishop of Baghdad.
Interesting, among the voices – a few, to tell the truth - not belonging to minorities affected by the measure, the claim of Kurdish MP
Abd Albari Zebari, of the Foreign Relations Committee, who sees in its application the cause of a possible deterioration of the international relations, especially with Europe, with a predictable impact on foreign investments in Iraq.
A position which implies attention to the possible reactions of the governments of the countries where minority rights are one of the pillars of democracy, and that seems even to suggest the road to be taken to promote a similar awareness in the Iraqi government.

8 novembre 2008

Minorities in Iraq. Msgr. Warduni (Baghdad): "We will not stop asking for our rights"

Dissatisfaction and regret in the comment made by Msgr. Shleimun Warduni interviewed by Baghdadhope about Iraqi government's decision to reduce the political representation of minorities in the forthcoming provincial election.

Promises and meetings proved useless. "Brotherhood, friendship, solidarity and support." These were the words that more than any other marked the meetings held during the past week between Iraqi Christian political and religious representatives and Muslim politicians who had declared to be unfavorable to the proposal on the parliamentary representation of minorities (Christians, but also Mandeans, Shabaks and Yazidis) in the forthcoming elections of the provincial councils to be held within next January. A proposal that had aroused the indignation of many as it reduced the number of seats allocated to those minorities to only 6 out of the 15 set in July, and that today was approved by the Presidential Council, which has the final say on parliamentary decisions.
"This morning we had a meeting with the heads of Christian religious communities, Catholics but also Orthodox," said to Baghdadhope Msgr. Shleimun Warduni, Chaldean Patriarch vicar, "and we produced a document in which we express our dissatisfaction and our regret for a decision against minorities approved just during the Islamic-Christian meeting."
"For us this law is another challenge and we will not stop asking for our rights" wanted to reaffirm Msgr.Warduni.
Will you ask again the revision of Article 50 and thus an increase in the allocated seats for minorities?
"We were assured that the number of seats for minorities, for which I repeat we declare our dissatisfaction, will increase in the future. That this decision is provisional, that it will be valid only for the next session of the election for the provincial councils, and that after a census of the population it will be reviewed."
What will you do now?
"First of all we will not be content with this situation. All political parties always said and pointed out that Christians are the original inhabitants of the country and as such we will continue to demand our rights. As the saying goes 'Help yourself and God will help you' and we trust in the Lord and in the rightness of our demands. "
Last week the Italian Senate passed a bipartisan motion on the persecution of Christians in India and Iraq. Do you think these political actions abroad may have, at least in the future, some reflection on the situation that the Iraqi Christians and the other minorities are living? That they can affect it in some way?
"We appeal to all - governments, peoples, international organizations - to put pressure on the government and Iraqi MPs to put into practice what they always promise: the recognition of our rights as Iraqi citizens. In this sense, any initiative aimed at preserving those rights can be useful."

Minoranze in Iraq. Mons. Warduni (Baghdad):"Non smetteremo di chiedere i nostri diritti"

Insoddisfazione e dispiacere nel commento di Monsignor Shleimun Warduni intervistato da Baghdadhope per la decisione del governo iracheno di ridurre la rappresentatività politica delle minoranze alle prossime elezioni provinciali.

A niente sono servite le promesse e gli incontri. “Fratellanza, amicizia, solidarietà, appoggio”. Queste sono state le parole che più di ogni altra hanno segnato gli incontri che nell’ultima settimana si sono svolti tra i rappresentanti politici e religiosi della comunità irachena cristiana ed i politici musulmani che si erano dichiarati sfavorevoli all’ultima
proposta parlamentare riguardante la rappresentatività delle minoranze (cristiani, ma anche Mandei, Shabak e Yazidi) alle prossime elezioni dei consigli provinciali che si terranno entro il prossimo gennaio. Proposta che aveva suscitato lo sdegno di molti visto che riduceva il numero di seggi destinati a quelle minoranze a soli 6 dai 15 previsti a luglio, e che oggi è stata approvata dal Consiglio presidenziale, cui spetta l’ultima parola sulle decisioni parlamentari.
“Questa mattina abbiamo avuto un incontro tra i capi delle comunità religiose cristiane, cattolici ma anche ortodossi” ha dichiarato a Baghdadhope Monsignor Shleimun Warduni, Patriarca vicario caldeo, “ed abbiamo prodotto un documento in cui esprimiamo la nostra insoddisfazione ed il nostro dispiacere per una decisione a sfavore delle minoranze approvata proprio mentre era in corso l’
incontro islamo-cristiano.”
“Per noi questa legge è un’altra sfida e non smetteremo di chiedere i nostri diritti” ha tenuto a ribadire Monsignor Warduni.
Chiederete di nuovo una revisione dell’articolo 50 e quindi un aumento dei seggi a disposizione delle minoranze?
“Ci è stato assicurato che il numero dei seggi destinati alle minoranze, per il quale ripeto dichiariamo la nostra insoddisfazione, aumenterà in futuro. Che questa decisione è provvisoria, che sarà valida solo per la prossima tornata elettiva dei consigli provinciali e che dopo un censimento della popolazione, potrà essere rivista.”
Come intendete procedere?
“Per prima cosa noi non ci accontenteremo. Tutte le parti politiche hanno sempre dichiarato e sottolineato come i cristiani siano gli abitanti originari del paese ed in quanto tali continueremo a chiedere i nostri diritti. Come dice il proverbio 'Aiutati che Dio ti aiuta' e noi confidiamo nel Signore e nella giustizia delle nostre richieste.”
La scorsa settimana il Senato italiano ha approvato una
mozione bipartisan sulle persecuzioni dei cristiani in India ed in Iraq. Pensa che tali azioni politiche all’estero possano avere, almeno in futuro, qualche riflesso sulla situazione che gli iracheni cristiani, e le altre minoranze, stanno vivendo? Che possano incidere in un qualche modo?
“Noi ci appelliamo a tutti – governi, popoli, organizzazioni internazionali – perché facciano pressione sul governo e sui deputati iracheni perché mettano in pratica ciò che sempre promettono: il riconoscimento dei nostri diritti in quanto cittadini iracheni. In questo senso ogni iniziativa tesa a preservare tali diritti può essere utile.”

7 novembre 2008

Rispetto della dignità umana e delle minoranze nella Dichiarazione finale del Seminario organizzato dal Forum cattolico musulmano


Il valore della vita, l’impegno contro il terrorismo ed il rispetto delle minoranze. Sono questi alcuni dei temi al centro della Dichiarazione conclusiva presentata ieri pomeriggio al termine del primo Seminario organizzato a Roma dal Forum cattolico musulmano. In precedenza, i partecipanti al Seminario - rappresentanti cattolici e musulmani - erano stati ricevuti da Benedetto XVI che ha esortato leader politici e religiosi ad assicurare la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, in particolare della libertà di religione. Un diritto, questo, sottolineato anche nella Dichiarazione finale resa nota nella sede della Pontificia Università Gregoriana, dove c'era per noi Amedeo Lomonaco:
La Dichiarazione finale poggia su un pilastro imprescindibile: “Dio è amore”. Per i cristiani, “la fonte e l’esempio dell’amore di Dio e del prossimo è l’amore di Dio per suo Padre, per l’umanità e per ogni persona”. Per i musulmani, l’amore è una forza trascendente ed imperitura, che guida e trasforma il rispetto umano reciproco. L’amore è il compimento di una conoscenza basata su un dialogo autentico. Un principio, questo, che orienta anche il dialogo tra cristiani e musulmani come sottolinea il cardinale Jean-Louis Touran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso":"Durante questi giorni il dialogo ha fatto grandi progressi, senza confusione ma con grande lealtà. Quando uno fa lo sforzo di conoscere e di ascoltare l’altro, è possibile andare al di là del consenso. E’ possibile dialogare, riconoscersi ed amarsi." L’amore autentico del prossimo implica “il rispetto della persona delle sue scelte in questioni di coscienza e di religione”. Ed include il diritto di individui e comunità a praticare la propria religione in privato e in pubblico. Le minoranze religiose hanno il diritto di essere rispettate: le loro figure e i loro simboli fondanti considerati sacri non dovrebbero subire alcuna forma di scherno o di derisione. Nessuna religione - si legge poi nel documento - dovrebbe essere esclusa dalla società: tutti possono contribuire al bene della collettività.
Tutti sono chiamati a rispettare l’altro, come ricorda l’arcivescovo di Kirkuk, mons. Louis Sako:"Abbiamo fatto questa Dichiarazione, che è ottima. Ci vuole pazienza, aiuto. Accettare l’altro, rispettare l’altro come è e come vuole essere, vuol dire anche non imporre la nostra mentalità, i nostri concetti e anche la religione: questo ci aiuterà tanto".
Nella Dichiarazione finale, si afferma anche che la vita umana, “dono preziosissimo di Dio ad ogni persona”, dovrebbe essere sempre preservata. Cattolici e musulmani - si legge poi nel testo - sono chiamati ad essere strumenti di amore e di armonia tra i credenti e per tutta l’umanità, rinunciando a qualsiasi oppressione, violenza aggressiva e atti terroristici, in particolare quelli perpetrati in nome della religione. Una strada di armonia, questa, da imboccare facendo riferimento anche ai frutti del Seminario. E’ quanto sottolinea Yahya Pallavicini, vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana."Abbiamo vissuto un’esperienza straordinaria, soprattutto per quanto riguarda la schiettezza, l’onestà intellettuale, la profondità delle sensibilità e delle competenze dottrinali. Abbiamo fatto esperienza della grande generosità di ospitalità da parte vaticana e della chiarezza di una nuova responsabilità. Da credenti, dobbiamo dare priorità a questa dimensione di amore per Dio, che è il nostro comune Signore. Il mezzo migliore per poterci avvicinare a questa conoscenza di Colui che ci dà l’amore, che è amore e che è Dio, è proprio quello di passare tramite la conoscenza e il rispetto del prossimo. E' anche un’ascesi, una possibilità di rispettare, conoscere e amare l’altro, per poi riuscire anche a riconoscere la presenza di Dio nell’altro e in se stessi".
Il primo Seminario organizzato dal Forum cattolico musulmano è stato dedicato al tema “Amore di Dio; amore del prossimo”. I partecipanti sono stati ricevuti ieri in udienza dal Papa. Il Santo Padre ha affermato che cristiani e musulmani devono agire insieme per difendere e promuovere valori morali. “Il nome di Dio - ha aggiunto il Pontefice - può essere solo un nome di pace e fraternità, giustizia e amore”. Il Forum è stato istituito dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso e da esponenti islamici in seguito alla lettera indirizzata il 13 ottobre del 2007 al Papa da 138 personalità musulmane e alla risposta del 19 novembre 2007, a nome del Santo Padre, del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. In quest’ultimo documento, il Papa riafferma l’importanza del dialogo basato sul rispetto effettivo della dignità della persona, sull’oggettiva conoscenza della religione dell’altro e sulla condivisione dell’esperienza religiosa.

Catholics and Muslims Pledge to Improve Links


By Rachel Donadio

November 6, 2008
VATICAN CITY — Catholic and Muslim leaders worked on Thursday to deflate suspicion between their two faiths, pledging at a high-level seminar here to work together to condemn terrorism, protect religious freedom and fight poverty.
The meeting came a year after 138 Muslim leaders wrote a letter to Pope Benedict XVI
after he offended many Muslims by quoting a Byzantine emperor who called some teachings of the Prophet Muhammad “evil and inhuman.” In turn, top Vatican officials have worried about freedom of worship in majority-Muslim countries, as well as immigration that is turning Europe, which they define as a Christian continent, increasingly Muslim.
But on Thursday both sides said they hoped that the seminar would open a new and much-improved chapter in Catholic-Muslim relations, as the two groups said they might establish a committee that could ease tensions in any future crisis between the two religions.
“Let us resolve to overcome past prejudices and to correct the often distorted images of the other, which even today can create difficulties in our relations,” Benedict told the Muslim delegation. He called the gathering “a clear sign of our mutual esteem and our desire to listen respectfully to one another.”
Addressing the pope on behalf of the Muslim delegation, Seyyed Hossein Nasr of Iran, a professor of Islamic studies at George Washington University
in Washington, said that throughout history, “various political forces” of both Christians and Muslims had carried out violence.
“Certainly we cannot claim that violence is the monopoly of only one religion,” he said.
The three-day forum brought together nearly 30 Catholic clerics and scholars, led by Cardinal Jean-Louis Tauran, the head of the Pontifical Council for Interreligious Dialogue; and as many Muslim clerics and scholars, led by Mustafa Ceric, the Grand Mufti of Bosnia and Herzegovina based in Sarajevo.
The meeting “exceeded our expectations,” said Ingrid Mary Mattson, the director of the Islamic Society of North America and a professor of Islamic studies at the Hartford Seminary.
“The atmosphere was very good, very frank,” said Tariq Ramadan, a professor of Islamic Studies at Oxford University
. A celebrated intellectual in Europe, Mr. Ramadan in 2004 was denied a visa to the United States on the grounds that he had donated to two European charities that the State Department later said gave money to Hamas.
Mr. Ramadan said the thorniest questions the group tackled were “apostasy” and “freedom of worship in a minority situation.” Some Muslims believe it is apostasy to convert out of Islam.
The 15-point declaration the group issued on Thursday did not address issues of conversion.
It called on Catholics and Muslims to renounce “oppression, aggressive violence and terrorism, especially that committed in the name of religion.”
And it said religious minorities should be “entitled to their own places of worship, and their founding figures and symbols they consider sacred should not be subjected to any form of mockery or ridicule.”
In 2006, Muslims around the world protested, some violently, after a Danish newspaper printed cartoons of Muhammad.
One participant, Archbishop Louis Sako of Kirkuk in northern Iraq, called the meeting “a first step” but said he hoped that the declaration would “bear fruit.”
In recent years, Islamic militants in Kirkuk have killed, kidnapped or forced Iraqi Christians to convert. Archbishop Sako noted that in their homilies, “many imams are preaching against infidels and crusaders,” and that “some simple people” believed that this referred to all Christians.
He called on Muslim leaders to publicize the declaration, with its assertion of shared Christian-Muslim values. “This should be clarified, stated, given to the media to teach people about it,” he said.
“For us Christians living in Muslim countries, that would be very, very helpful.”
The Muslim delegation included representatives of Sunni and Shiite Islam, as well as several converts and participants from North Africa, Indonesia, the Philippines and Uganda.
It notably did not include any participants from Saudi Arabia, where non-Muslim worship is not tolerated and with which the Vatican has had strained ties. Two Saudis were expected to attend, but had to cancel at the last minute for health reasons, said Ibrahim Kalin of Turkey, a spokesman for the Muslim delegation and a professor of Islamic Studies at Georgetown University
in Washington.
Yet in July, Cardinal Tauran and other Vatican officials attended an interfaith dialogue organized by King Abdullah of Saudi Arabia in Spain.
Participants in this week’s conference pledged to hold another dialogue in a Muslim country in 2010.

5 novembre 2008

Usa2008. Papa a Obama: Occasione storica, promuovere pace mondo


Giunta a conclusione l'intesa politica e umana con George W. Bush, il Papa, con un tempestivo messaggio di congratulazioni, ha salutato l'elezione di Barack Obama come "un'occasione storica" che può contribuire a costruire "un mondo di pace, di solidarietà e giustizia".
Segno dell'attenzione di Benedetto XVI nei confronti degli Stati Uniti d'America - un modello di "laicità positiva", come ha detto egli stesso - il telegramma pone le basi per un rapporto che è già significativamente mutato con l'arrivo di Joseph Ratzinger sul soglio pontificio. Se Giovanni Paolo II aveva criticato apertamente l'intervento americano in Iraq, Benedetto XVI ha lasciato alle spalle gli attriti. L'impegno di Bush per quelli che Ratzinger chiama i 'principi non negoziabili' - e i suoi 'no' a ricerca sugli embrioni, aborto, matrimoni gay - hanno, poi, cementato l'intesa. Al punto che, in occasione del suo viaggio Oltreatlantico, il Papa è stato accolto dal presidente Usa con una festa alla Casa bianca per il suo compleanno con tanto di coro gospel e spari di cannone. Ratzinger, il metodista Bush e la 'first lady' Laura hanno anche pregato insieme per la famiglia. La cordialità è stata ricambiata poche settimane dopo quando, con un analogo strappo al protocollo, Benedetto XVI ha ricevuto Bush nei giardini vaticani.
L'arrivo del democratico Obama cambia la situazione. In Curia non pochi monsignori avrebbero preferito - nonostante sia un 'maverik', un cane sciolto - un'affermazione di John McCain. Un sentimento che filtra dalle colonne dell''Osservatore romano', che oggi saluta il candidato repubblicano come "un vero statista" e sottolinea che "l'affermazione di Obama è stata netta, anche se non si è avuto quell'effetto valanga che alcuni presagivano". Non mancano, poi, motivi di attrito. Anche se Obama ha ricevuto, per le sue moderate posizioni 'pro-choice', l'appoggio di alcuni gruppi 'pro-life' statunitensi, la posizione sull'aborto dei democratici - e, in particolare, quelle del vice di Obama, il cattolico Joe Biden, e della 'speaker' Nancy Pelosi - hanno suscitato l'apprensione di vari vescovi Usa.
Un altro banco di prova sarà l'Iraq. Benedetto XVI ha più volte richiamato l'attenzione di Bush per la critica situazione dei cristiani. Preoccupazioni alimentate dal paventato piano di ghettizzarli nella piana di Ninive, rinverdite dalla recente legge elettoratorale sfavorevole ai cristiani nei consigli provinciali e acuite dal piano di ritiro delle truppe prospettato da Obama in campagna elettorale. "Difficile dire adesso se Obama sarà migliore di altri che lo hanno preceduto", commenta oggi mons. Jean Sleiman, vescovo di Baghdad dei latini, "certo che gli Usa hanno una strategia a lungo termine qui in Iraq, e dunque legata alla ragion di Stato e non semplicemente ad affari di singole persone. 'Wait and see', aspettiamo e vediamo".

Mons. Warduni, vescovo a Baghdad: “Obama, la vera conquista è la pace in Iraq”

Fonte: Asianews

Auguriamo al presidente Barack Obama di governare guardando al bene dei popoli di tutta la terra. Un invito che rivolgiamo a lui e a tutti i leader politici mondiali, perché si adoperino per la pace, la prosperità e l’amore fra i popoli, mettendo da parte divisioni ed egoismi personali”. È l’auspicio che mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad, rivolge ad AsiaNews commentando la vittoria alle urne di Obama. Riferendosi al futuro dell’Iraq, il prelato chiede al neo Capo di Stato Usa di “guardare agli interessi del popolo”, lavorando non solo “per vincere una guerra” ma per “portare una pace stabile e duratura”, perché essa sola rappresenta “un vera conquista” non solo in Iraq, ma in tutte “le aree in cui è in atto un conflitto”.
Ben più duro, invece, il commento del vescovo ausiliare di Baghdad in merito alla “rappresentanza dimezzata” delle minoranze alle prossime elezioni provinciali. Lunedì 3 novembre il Parlamento ha approvato una risoluzione, accolta con 106 voti a favore su 150, in cui si riservano sei seggi alle minoranze: tre ai cristiani (Baghdad, Ninive e Bassora), uno a testa agli yazidi e agli shabak a Ninive e l’ultimo ai sabei, nella capitale. “Ci hanno fatto l’elemosina – denuncia mons. Warduni – ma noi non la volgiamo. Noi chiediamo pari diritti”.
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Il vescovo caldeo ricorda la lotta promossa dalla Chiesa “per il reinserimento dell’articolo 50 nella legge elettorale”, che avrebbe garantito 15 seggi (su un totale di 440) alle minoranze, di cui 13 ai cristiani, uno agli shabak e l’ultimo agli yazidi. “Abbiamo incontrato il premier al-Maliki, il presidente, i leader religiosi musulmani fra cui il grande Ayatollah al Sistani, e poi gli sceicchi e i capi tribù. Tutti hanno promesso la reintroduzione dell’articolo in base al principio, sancito dalla Costituzione, che gli iracheni sono uguali e godono di pari diritti. Evidentemente hanno preferito farci l’elemosina; ma noi non la accettiamo, noi chiediamo pari diritti”.
Il vicario patriarcale afferma che “non è giusto continuare a parlare di minoranze”, perché di tratta di “componenti diverse di un unico Iraq”, che devono collaborare per “trasformare in un progetto concreto il desiderio di democrazia”; egli ribadisce inoltre il ruolo della comunità cristiana nella ricostruzione del Paese, grazie al “prezioso contributo in termini di diffusione della cultura, nell’istruzione e nell’educazione, nel sociale e nel campo della medicina”, pur fra “pericoli, minacce e persecuzioni”. Una strage passata a lungo sotto silenzio, causa anche l’atteggiamento omertoso di “Unione Europea, Stati Uniti, del parlamento e della comunità internazionale che per troppo tempo non hanno mosso un dito”.
“Nel solo mese di ottobre da Mosul
– continua mons. Warduni – sono fuggite più di 2500 famiglie, hanno ammazzato 14 persone e hanno distrutto tre case. Nonostante tutto si vedono dei piccoli segni di miglioramento: con l’intervento della polizia e dell’esercito la situazione è cambiata, in questi giorni sono rientrate in città oltre 500 famiglie, altre si preparano a tornare”. Il prelato riferisce alcuni elementi positivi per i cristiani a Mosul: “la vicinanza fra la Chiesa e la comunità, che ringrazia preti e vescovi per il lavoro svolto; la solidarietà dei musulmani, che aiutano i cristiani portando loro cibo e chiedendo di non fuggire; l’amicizia che nasce fra i giovani delle due comunità, che oggi si salutano e parlano, a differenza del passato; la risposta del governo, che almeno in parte ha raccolto il nostro grido di aiuto”. Rimangono comunque molti aspetti irrisolti, fra i quali “il dramma dei morti e il dolore delle loro famiglie” che aspettano un risarcimento, i raid compiuti contro i cristiani durante i quali “venivano puntate pistole e fucili alle tempie dei bambini” e il senso di “paura latente” che pervade il “futuro di molte persone”.(DS)




Msgr. Warduni, bishop in Baghdad: “Obama, true victory means peace in Iraq”

Source: Asianews

“We hope President Barack Obama will govern with the good of all peoples in mind. An invitation that we also send to the world’s political leaders that they may strive for peace, prosperity and love between all nations, putting aside divisions and partisan interests”.
This is the wish expressed by Msgr. Shlemon Warduni, auxiliary bishop of Baghdad, to AsiaNews following Obama’s election victory. Referring to the future of Iraq, the prelate has invited the newly elected Head of State to “safeguard the good of all”, not only by working to “win the war”, but also to “bring a stable and lasting peace”, because only then can a “true victory” be claimed, not only in Iraq, but in all “those areas of conflict”.
The auxiliary bishop of Baghdad had far harsher words for the “slashed representation” of minorities in the upcoming provincial elections. On Monday 3 November the Parliament approved a resolution, by 106 votes out of 150, to reserve only 6 seats for all minorities: three for Christians (Baghdad, Nineveh and Bassora), one each for Yazidis and Shabaks in Nineveh and the last to the e Sabei, in the capital. “It is pittance – denounces Msgr. Warduni – but we don’t want it. We want equal rights”.
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The Chaldean bishop recalls the battle launched by the Church “for the reinstatement of article 50 of the electoral law”, which would have guaranteed 15 seats (out of a total of 440) to minorities, 13 to Christians, one to the Shabaks and the last to the Yazidis. “We met with Premier al-Maliki, the president and the Muslim religious leaders among them the great Ayatollah al Sistani, the Sheiks and tribal chiefs. All of them promised the article would be reintroduced based upon the principal, enshrined in the constitution that all Iraqis are equal and enjoy equal rights. Evidently they preferred to give us this pittance; but we won’t accept it, we want equal rights”.
The patriarchal vicar states that “it is not right that they continue to speak of minorities”, because they are in reality “different parts of the one Iraq”, which must work together to “transform the desire for democracy into a concrete project”; he emphasises the role of the Christian community in the rebuilding of the country, particularly its “precious contribution in terms of the spreading of culture, in education and formation, in social work and in healthcare”, in the midst of very real “dangers, threats and persecution”. A slaughter that for too long has unfolded in silence, thanks to the behaviour of the “European Union, the United States, the parliament and the international community, all of whom stood by without raising a finger to help”.
“In October in Mosul alone
– continues Msgr. Warduni – 2500 families were forced to flee, 14 people were killed and three homes destroyed. Despite all of this there are some small signs of hope: thanks to police and army intervention the situation has changed and over the past few days over 500 families have returned to the city, while others are preparing to return”. The prelate spoke of some positive elements for Christians in Mosul: “the close bond between the Church and the community, who thank the priests and bishops for their work; the solidarity with the Muslims, who help the Christians bringing them food and who ask those families not to flee; the friendships born between the young people of those two communities, who today greet and speak to each other, something that was impossible in the past; the governments response, their partial answer to our cries for help”. Many aspects however remain unresolved, among them the “drama of death and pain of our families” who wait for compensation for the raids carried out against Christians that saw “guns and rifles pointed to the heads of small children” and the sense of “latent fear” which pervades the “future of so many people”. (DS)

4 novembre 2008

Iracheni cristiani e promesse irachene: parole vuote

By Baghdadhope

Photo by Nahrain.com

“Faremo ogni sforzo per garantire onore e rispetto ai nostri fratelli cristiani perchè essi sono una componente essenziale della società”.
Belle parole vero? Sorprendenti a sapere che sono state pronunciate dal Primo Ministro iracheno Nuri Al Maliki nel corso della prima conferenza islamo cristiana organizzata a Baghdad dalla Union of Muslim Scholars cui hanno partecipato, per la parte cristiana e tra gli altri, il Nunzio Apostolico in Giordania ed Iraq, Monsignor Francis A. Chullikat ed il vescovo latino di Baghdad, Monsignor Jean B. Sleiman.
Parole la cui bellezza è oscurata dal momento in
cui sono state pronunciate. Lo stesso giorno in cui il Parlamento iracheno ha praticamente più che dimezzato i seggi riservati alle minoranze nelle prossime elezioni per i consigli provinciali colpendo soprattutto quella cristiana che, se fosse passata la legge approvata il 22 luglio scorso avrebbe potuto contare su 13 seggi in 6 province, mentre ora si dovrà accontentare di soli 3 seggi in 3 province.
E’ così che gli iracheni mostrano onore e rispetto verso i “loro fratelli cristiani”? E’ ancora il caso di definirli tali, o è ora di ammettere che il tentativo di farli sparire dal paese sta seguendo un duplice binario: quello delle violenze dalle quali una minoranza inerme non potrebbe difendersi neanche se lo volesse, e quello della erosione dei loro diritti in maniera “democraticamente legale”?
O forse è l’approccio delle minoranze ad essere sbagliato? Forse, come ha dichiarato oggi ad Awzat Al Iraq, Mahmoud al Mashhadani, portavoce del Parlamento iracheno “i cristiani in Iraq non hanno bisogno di quote perchè godono del rispetto e dell’affetto di tutti” e, continua, “non c’è pericolo per loro perchè sono gli abitanti originari del paese.”
Rispetto, affetto. Belle parole anche queste.
Per quanto tempo però gli iracheni cristiani dovranno ripetersele ogni volta che ricorderanno tutti i morti, le minacce, le fughe, le bombe che li hanno colpiti, per convincersi che “davvero” esse hanno un valore?

Iraqi Christians and Iraqi promises: empty words

By Baghdadhope

"We will pay all efforts to keep our Christian brothers honored and respected in Iraq for they are an essential component of its society"
Fine words, aren't they? Surprising, if you know that they have been said by the Iraqi Prime Minister Nuri Al Maliki during the first Muslim Christian conference in Baghdad organized by the Union of Muslim Scholars and attended, for the Christian part and among the others, by the Apostolic Nuncio in Jordan and Iraq, Msgr. Francis A. Chullikat and by the Latin bishop of Baghdad, Msgr. Jean B. Sleiman.
Words the beauty of which was obscured by the moment they were pronounced. The same day in which the Iraqi Parliament had almost more than halved the seats reserved for the minorities in the upcoming elections for provincial councils, hitting mainly the Christian one that, if the law of July 22 had passed, could count on 13 seats in 6 provinces but that now must be content with only 3 seats in 3 provinces.
Is this the way Iraqis show honor and respect for their “Christian brothers"? Can the Christians still be defined as such, or is it time to admit that the attempt to make them disappear from the country is following a dual track: the violence from which a defenceless minority cannot defend itself even if it wanted, and the erosion of their rights by a "democratically legal” way?
Maybe is it the approach of minorities to be wrong? Maybe, as Mahmoud Al Mashhadani, spokesman for the Iraqi Parliament, stated yesterday to
Awzat Al Iraq, “Christians in Iraq do not need a quota, because they acquire love and respect by all” and, he continued, "there is no danger on them, because they are Iraq’s original residents,”
Respect, love. Fine words these ones too.
But for how long the Iraqis Christians will have to repeat them to themselves every time they will remember the dead, the threats, the flights, the bombs that hit them, to become convinced that they "really" have a value?