"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

4 novembre 2020

Mosul, giovani musulmani ripuliscono chiese e collaborano al ritorno dei cristiani


“Questo è un messaggio che lanciamo [ai cristiani], diciamo loro: tornate, Mosul non è completa senza di voi!”. È quanto racconta Mohammed Essam, cofondatore di un gruppo di volontari della metropoli del nord dell’Iraq, impegnati a ripristinare l’uso di edifici storici della città, anche cristiani, nel tentativo di superare le drammatiche ferite inferte da anni di dominio dello Stato islamico (SI, ex Isis). Assieme ad altri ragazzi, musulmani, egli in questi giorni sta ripulendo da polvere, detriti e calcinacci la chiesa siro-cattolica di san Tommaso. 
Lo storico luogo di culto risale alla metà del 1800 ed è stato oggetto di depredazione e distruzione dei miliziani del “califfato”, che nell’estate del 2014 avevano conquistato il controllo di Mosul e di gran parte della piana di Ninive, costringendo i cristiani (come gli yazidi, altri musulmani, sabei) alla fuga verso un riparo nel Kurdistan irakeno.
Un dominio durato fino all’estate del 2017 e perpetrato con la violenza e il terrore, oltre alla devastazione di luoghi simbolo come la moschea di al-Nouri e la chiesa di Al-Saa (Nostra Signora dell’Ora).
Dopo il saccheggio, avvenuto durante l’estate del 2014, la chiesa di san Tommaso ha versato in stato di abbandono, rischiando il crollo completo della struttura. Il gruppo di giovani volontari ha voluto considerarla un simbolo di rinascita, nel tentativo di “spazzare via” le brutalità e gli orrori del dominio jihadista, come la scritta “Terra del Califfato” in arabo che campeggiava su uno dei muri dell’edificio.
Un riferimento alle ambizioni del gruppo sull’intero Medio oriente. 
Lo stesso Essam ricorda, avendole vissute in prima persone, le atrocità commesse dagli uomini di al-Baghdadi. “Vogliamo cambiare - afferma - la percezione della gente nella regione, e in tutto il mondo, sulla città di Mosul. Vogliamo dire che i cristiani appartengono a questa terra. Essi hanno una ricca e preziosa storia alle spalle qui”. 
Fin dalla liberazione il gruppo chiamato “Braccia di Mosul” (Sawaed al-Museliya, in arabo) ha fornito assistenza e aiuti, distribuendo cibo e beni di prima necessità ai più bisognosi, ricostruendo case, soprattutto quelle appartenenti ai più poveri. Pulendo la chiesa, essi intendono sostenere gli sforzi della locale comunità cristiana a ricostruire edifici, strutture, beni e proprietà storiche e preparare il terreno per il ritorno di quanti sono fuggiti in passato a causa delle violenze etniche e confessionali.
 “Vogliamo prenderci cura di loro - sottolinea - e dei loro luoghi di culto”
Finora solo una cinquantina di famiglie cristiane sono tornate a Mosul, sebbene ogni giorno a centinaia dalla piana di Ninive e dai villaggi cristiani si dirigono nella metropoli per motivi di studio e di lavoro. I giovani, conclude una fonte cristiana del nord dell’Iraq, sono “la speranza di questa città, che molto ha sofferto in passato avendo attraversato un tunnel oscuro”.

Arab News
November 3, 2020
Volunteers want Christian to return to Mosul where Daesh once ruled