By Asia News
3 dicembre 2018
La comunità cristiana si appresta a vivere il periodo di Avvento che
avvicina al Natale “in una situazione di persistente violenza. Ogni due,
tre giorni al massimo vi sono nuove dimostrazioni di piazza di
disoccupati, giovani e adulti in cerca di lavoro”.
È quanto racconta ad AsiaNews mons. Alnaufali Habib Jajou, arcivescovo caldeo di Bassora, nel sud dell’Iraq, dal luglio scorso teatro di violenze e manifestazioni per una situazione socio-economica sempre più critica. A questo, prosegue il prelato, si aggiungono “scontri fra tribù, che usano le pistole e armi da fuoco” per dirimere “controversie e vicende personali: questo avviene almeno una volta a settimana”.
È quanto racconta ad AsiaNews mons. Alnaufali Habib Jajou, arcivescovo caldeo di Bassora, nel sud dell’Iraq, dal luglio scorso teatro di violenze e manifestazioni per una situazione socio-economica sempre più critica. A questo, prosegue il prelato, si aggiungono “scontri fra tribù, che usano le pistole e armi da fuoco” per dirimere “controversie e vicende personali: questo avviene almeno una volta a settimana”.
Da tempo la metropoli del sud dell’Iraq è colpita da una grave crisi idrica
ed è teatro di manifestazioni. I cittadini protestano contro la pessima
qualità dei servizi pubblici, la disoccupazione (10% secondo i dati
ufficiali, ma con punte fino al 60% fra i giovani) e la corruzione
endemica. La regione di Bassora annovera al suo interno circa il 90%
delle risorse di idrocarburi del Paese; tuttavia, solo l’1% della forza
lavoro proviene dalla zona.
A causa delle sanguinose protese (23 le vittime accertate dall’8 luglio), la Chiesa locale ha deciso di sospendere
le attività culturali e il catechismo. All’epoca l’arcivescovo aveva
avvertito di una possibile escalation. Un tempo i cristiani di Bassora
erano una componente significativa della città, molti dei quali
esponenti della classe mercantile. Tuttavia, negli ultimi anni la
comunità è diminuita, anche se nel sud non ha subito le stesse
persecuzioni vissute a Mosul, Baghdad, Kirkuk o nella piana di Ninive.
“In questi giorni - racconta mons. Habib Jajou - un’altra famiglia è
emigrata in Giordania a causa delle pessime condizioni. In generale,
almeno una famiglia al mese se ne va”.
Ieri, intanto, centinaia di persone sono scese in strada per
protestare contro la mancanza di lavoro e la scarsità dei servizi. Fra
questi vi erano decine di professori e insegnanti che hanno marciato
fino alla sede del governatorato, bloccando le strade e intonando slogan
contro il governo. “Voi e Saddam [Hussein, l’ex dittatore] siete due
facce della stessa medaglia”. In molti chiedono che la zona sia
convertita in “regione autonoma” per trarre maggior beneficio
dall’esportazione (il 95% del totale dell’Iraq viene da questa area) di
petrolio.
In una situazione di crisi e tensione, i cristiani hanno iniziato le
celebrazioni in preparazione al Natale. A dispetto dei timori di
violenze, racconta l’arcivescovo, “continueremo a celebrare le messe e
le famiglie andranno avanti a riunirsi in piccoli gruppi nei singoli
appartamenti, messi a disposizione a turno, per preghiere e incontri”.
Anche se in tono minore, uno speciale Babbo Natale porterà doni e
dolciumi ai bambini “e organizzeremo una piccola festa, anche se le
persone non amano stare fuori a lungo” per paura di essere coinvolti in
sconti o attacchi. Infine, tra il 25 dicembre e il 6 gennaio come da
tradizione, sebbene in tono minore, vi saranno “gli scambi di auguri e
le tradizionali visite a parenti e amici”.
Secondo stime recenti oggi è rimasto solo poco più del 10% della
popolazione originaria, poche centinaia a fronte delle 3mila famiglie
cristiane un tempo presenti nella zona. Nel settembre 2015 la comunità
locale ha celebrato l’inaugurazione del primo museo cristiano
del sud dell’Iraq; al suo interno sono conservati oltre 200 manufatti
di carattere religioso, documenti, arredi liturgici, fotografie, vestiti
e mobili, alcuni dei quali risalenti al XVII secolo.