By Catt.ch
I cristiani della Piana di Ninive, a nord dell’Iraq, ritrovano un po’ di speranza. Gli studenti cristiani dell’Università di Mosul, rifugiati nei campi del Kurdistan, hanno potuto proseguire negli studi grazie anche al sostegno dell’associazione “Aux porteurs de lumière” (APL), fondata e presieduta dall’architetto Bernard Geyler, che oggi, alle 20, è anche l’invitato speciale, per una testimonianza, alla Cattedrale di Sion nel contesto del progetto “En chemin vers Pâques”. L’architetto è appena rientrato dall’Iraq, dove ha visitato dei progetti volti a far rimanere gli studenti nel loro Paese, apportando loro gli strumenti necessari per costruirsi un domani.
I cristiani della Piana di Ninive, a nord dell’Iraq, ritrovano un po’ di speranza. Gli studenti cristiani dell’Università di Mosul, rifugiati nei campi del Kurdistan, hanno potuto proseguire negli studi grazie anche al sostegno dell’associazione “Aux porteurs de lumière” (APL), fondata e presieduta dall’architetto Bernard Geyler, che oggi, alle 20, è anche l’invitato speciale, per una testimonianza, alla Cattedrale di Sion nel contesto del progetto “En chemin vers Pâques”. L’architetto è appena rientrato dall’Iraq, dove ha visitato dei progetti volti a far rimanere gli studenti nel loro Paese, apportando loro gli strumenti necessari per costruirsi un domani.
“Mons. Mirkis, arcivescovo caldeo di Kirkuk e di Suleymanieh, ha
fatto uscire gli studenti dal campo profughi del Kurdistan e ha loro
permesso di proseguire con gli studi interrotti improvvisamente alla
comparsa dei combattenti islamici e ospitandoli a Kirkuk, dove i corsi
sono dati in arabo”. “All’inizio non erano che 80, l’anno successivo già
750”, prosegue l’architetto. “Dopo la liberazione di Mosul, il 95% di
questi studenti sono tornati alla Piana di Ninive e hanno ripreso a
frequentare l’università, grazie anche al fatto che la maggior parte
degli edifici sono ancora in piedi”.
“Questi giovani diplomati cristiani sono il futuro dell’Iraq e
dobbiamo sostenerli là dove vivono: è in loro che mons. Mirkis mette la
speranza, la speranza per un Iraq in cui le varie confessioni religiose
possano vivere assieme pacificamente”.