"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

25 luglio 2016

Paludi della Mesopotamia patrimonio Unesco. Mar Sako: archeologia vale più del petrolio

By Asia News
Joseph Mahmoud
 
Il patriarca caldeo Mar Louis Raphael Sako esprime “le più sincere congratulazioni” e i “migliori auguri” al popolo irakeno per l’inserimento di alcuni siti archeologici e naturali dell’Iraq nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità Unesco. Nella nota, inviata per conoscenza ad AsiaNews, sua beatitudine cita “la palude di Ur dei Caldei, Eridu e Uruk” fra i nuovi siti Unesco. “Questo - aggiunge - è un grande risultato, perché [per l’Iraq] l’archeologia rappresenta una ricchezza” e il turismo supera “in ricchezza” il petrolio e potrebbe essere la vera, grande risorsa per rilanciare il Paese, se pacificato.
Il 17 luglio scorso a Istanbul (Turchia), in concomitanza con la 40ma sessione del World Heritage Committee, l’Organizzazione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura ha scelto 21 nuovi siti da inserire fra i patrimoni dell’umanità.
Tra i nuovi ingressi, la maggior parte di questi si trova in Asia e Medio oriente; in particolare, la Cina continua a scalare la classifica e ora è seconda al mondo per numero di siti, a una sola lunghezza dall’Italia tuttora in testa con 51.
I nuovi siti Unesco in Iraq sorgono nell’area in cui, secondo la Bibbia, si trovava il Giardino dell’Eden. Dopo quattro anni di incontri, campagne, promozioni e lettere aperte, i vertici dell’organismo Onu hanno deciso di inserire le paludi di quella che un tempo era la Mesopotamia fra i patrimoni mondiali. L’inclusione riguarda sette elementi: i tre siti archeologici delle città di Uruk, Ur e Tell Eridu (le rovine delle città sumere e degli insediamenti che si svilupparono nel sud della Mesopotamia tra il IV e il III secolo a.C.) e quattro aree naturali. Si tratta di un complesso unico dal punto di vista culturale e anche ambientale, luogo di incontro tra i fiumi Tigri ed Eufrate in cui si è creato nei millenni un ecosistema fondamentale per il Paese.
Notevole la biodiversità del luogo, che negli anni ’50 arrivava fin quasi a 9mila chilometri quadrati di estensione. Saddam Hussein ha quasi distrutto l’area, perseguitando gli abitanti della zona - i Marsh Arabs, Arabi delle paludi - e prosciugandone una vasta porzione. Ora l’area della palude ha recuperato il 40% della sua estensione originaria e il governo punta ad arrivare fino a 6mila km2 di estensione.
Accogliendo con gioia la decisione degli esperti dell’Unesco, il patriarca caldeo si rivolge ai politici irakeni, al governo e a tutte le istituzioni “perché preservino” il patrimonio turistico, storico, naturale e archeologico del Paese. È necessario, avverte mar Sako, tutelare “le reliquie e i siri sparsi in tutto il Paese, per mantenerne integro il valore e la storia”. E per raggiungere questo obiettivo, conclude, sono fondamentali “la pace e la stabilità”.