Un messaggio di pace e riflessione ai “fratelli musulmani” per la festa di Eid al-fitr, che segna la fine del Ramadan. A lanciarlo, dall’Iraq, il patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, a pochi giorni dal triplice attentato suicida di domenica a Baghdad, il più sanguinoso degli ultimi anni, rivendicato dal sedicente Stato islamico (Is), che ha provocato almeno 175 morti, tra cui molti bambini e ragazzi: si tratta di un bilancio ufficiale ma ancora provvisorio, che secondo fonti di stampa avrebbe già superato le 200 vittime. Ascoltiamo il patriarca Sako, nell’intervista di Giada Aquilino:
Condanniamo questi attacchi, è stata veramente una strage. Tante famiglie sono distrutte. Ieri sono andato a pregare sui luoghi degli attentati e ho acceso delle candele insieme ad alcuni preti. C’era una donna che ha detto: “Ho perso sette figli”. È dunque una cosa terribile, un’offesa per tutta l’umanità, contro tutti i valori. Anche i fedeli delle nostre parrocchie, uno dopo l’altro, sono andati a pregare: più di cento persone - donne, suore, uomini - hanno camminato per venti minuti a piedi, per pregare e mostrare a tutti la nostra presenza, vicinanza e solidarietà verso tutte queste famiglie.
A cosa punta Daesh, il sedicente Stato islamico? Starebbe perdendo il controllo del territorio…
È chiaro che per loro è finita, la “geografia” è finita. Pensano alla loro ideologia secondo la quale il mondo intero è di loro dominio. Vogliono attaccare qualsiasi posto e città e uccidere più persone possibili, per provocare. Penso che tutto il mondo debba fare qualcosa per sconfiggere tale ideologia, non solo attraverso azioni militari, ma anche con una nuova cultura per l’islam, un islam moderato.
Lei ha avuto contatti con le autorità irachene, sia civili sia religiose. Cosa ha auspicato?
Loro sono offesi da tutto questo, sono scoraggiati. Ho detto che è il momento di superare tutte le differenze, riconciliarsi, pensare alla vita dei cittadini e proteggere le loro proprietà. Ci vuole la pace perché la guerra e la vendetta non hanno futuro. Ma la pace è dono di Dio, è un dono per noi tutti, per la convivenza, il rispetto, i valori umani e i diritti dell’uomo. Ci vuole una nuova posizione, un cambiamento di mentalità ma anche di comportamento.
Lei ha avuto contatti anche con leader religiosi musulmani? C’è sta una condanna di questa e delle altre azioni violente da parte del mondo musulmano?
Sì, tanti, anche da al-Azhar. È uno shock per il mondo intero.
Cosa servirebbe?
Non solo discorsi o condanne, ma azioni sul posto.
Il Papa ha chiesto che il Signore converta il cuore dei violenti accecati dall’odio. A cosa si può arrivare?
Questo è molto importante. Noi dobbiamo pregare per queste persone che sono cieche, che non vedono. Che il Signore illumini tutti affinché possano convertirsi al bene, alla pace, alla convivenza, al rispetto. Ci vuole un miracolo.
In queste ore si festeggia l’Eid al-Fitr, la festa islamica che conclude il Ramadan, il mese sacro per i musulmani. Qual è il messaggio della Chiesa?
Ho indirizzato un messaggio a tutti i musulmani ricordando che il digiuno è un momento forte per la conversione, per fare una valutazione della situazione anche alla luce di questi attacchi, ma pure della vittoria dell’esercito iracheno che ha liberato Falluja e Ramadi. Adesso ci vuole una nuova posizione per superare tutte queste differenze, andare al di là degli interessi personali e presentare una “magna charta” per il futuro dell’Iraq unito, dove ci sia sicurezza, pace e prosperità.