Foto Patriarcato Caldeo |
Lo Stato islamico (SI, ex Isis) non pensa più “alla geografia”, al controllo del territorio, perché “ha perso” sul piano militare; adesso il loro obiettivo “è colpire dappertutto, mietere più vittime possibili”, lanciare il messaggio secondo cui “il mondo intero è di loro dominio. Questa ideologia è una vera e propria bomba atomica”. È quanto afferma ad AsiaNews il patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako, che questa mattina ha visitato i luoghi teatro della “strage” - come la definisce il patriarca stesso - del fine settimana a Baghdad dove si registrano anche "una o due vittime cristiane".
“Ho visto - racconta - genitori cercare i propri figli fra le macerie, erano disperati perché non li trovavano. Ho acceso qualche candela, poi ho pregato con loro, con queste famiglie, condannando questa strage contro l’umanità, contro la religione…”. Ieri anche papa Francesco ha manifestato la propria vicinanza alle vittime del doppio attentato in Iraq (e dell'attacco in Bangladesh). Durante l’Angelus, in piazza San Pietro, il pontefice ha espresso con forza “la mia vicinanza ai famigliari delle vittime e dei feriti dell’attentato avvenuto a Dhaka e anche a quello avvenuto a Baghdad”. “Preghiamo insieme per loro, per i defunti - ha aggiunto - e chiediamo al Signore di convertire il cuore dei violenti accecati dall’odio”.
Intanto il governo irakeno ha proclamato tre giorni di lutto nazionale, in seguito al gravissimo attacco bomba che ha investito nella notte fra il 2 e il 3 luglio la capitale, Baghdad, provocando almeno 165 morti e 225 feriti. Secondo alcune fonti le vittime sarebbero 213, uccise da mezzi imbottiti di esplosivo. Dietro la strage di civili, in particolare di bambini, vi sarebbero le milizie dello Stato islamico (SI) che hanno rivendicato in queste ore l’attentato.
Un kamikaze, a bordo di un mezzo imbottito di esplosivo, si è fatto saltare in aria dopo la mezzanotte nei pressi di un centro commerciale nel quartiere di Karrada, nel centro. A dispetto dell’ora tarda l’area era ancora gremita di persone, impegnate negli acquisti per la festa di Eid al-fitr, in programma domani, che segna la fine del Ramadan.
Fonti della sicurezza riferiscono che nell’esplosione sono morti interi nuclei familiari; inoltre, diverse vittime sono state seppellite senza nemmeno procedere al riconoscimento del cadavere.
Poco dopo la prima esplosione al centro commerciale si è registrato un altro attentato in un quartiere a maggioranza sciita a nord della capitale, in cui sono morte altre cinque persone.
Il Primo Ministro irakeno Haider al-Abadi ha visitato le aree teatro delle violenze, incontrando però l’ira della popolazione locale esasperata da questa striscia di sangue che non sembra avere fine. Il capo dell’esecutivo ha annunciato un rafforzamento delle misure di sicurezza, fra cui un miglioramento delle operazioni di controllo dei veicoli in ingresso nella capitale e nelle principali città del Paese.
Interpellato da AsiaNews il patriarca caldeo si dice “molto colpito e triste” per l’attacco e aggiunge di comprendere “l’ira della popolazione contro il governo e le autorità”. Ho chiesto ai vertici del Paese, aggiunge, “di mettere da parte gli interessi personali e rafforzare l’unità, la coesione nazionale. È necessario proteggere la vita e le proprietà dei cittadini”. “Ho ascoltato il dolore della gente - prosegue Mar Sako - la sua delusione. Ora tocca al governo e alla classe politica promuovere la riconciliazione, andare al di là degli interessi personali, della cultura settaria, della violenza e della vendetta. Il popolo chiede pace, aiuto”.
Contro questa deriva estremista di sangue, il patriarca caldeo auspica una presa di coscienza forte in seno all’islam stesso. “Il mondo musulmano - avverte - deve condannare questa ideologia e cercare mezzi pratici per superarla. Serve un insegnamento moderato dell’islam, che pratichi la tolleranza e la convivenza, la collaborazione e il rispetto dei diritti umani”. Deve avvenire, aggiunge, “un cambiamento all’interno della stessa religione musulmana, perché il terrorismo e le violenze sono un cancro per l’islam stesso”.
La propaganda dello SI, ricorda il patriarca, vuol fare credere che “opera per far pulizia nel mondo intero e che tutti sono sotto il loro dominio… Vogliono provocare, infondere il panico e affermare che nessuno può dirsi al sicuro, in nessun posto”. Nelle prossime ore il patriarcato dovrebbe lanciare un messaggio ai “fratelli musulmani per la fine del Ramadan”, mentre continua l’opera della Chiesa irakena a favore degli sfollati: “Ho mandato 50mila dollari alle famiglie di profughi di Fallujah e Anbar - conclude Mar Sako - e abbiamo aiutato almeno 2mila famiglie musulmane. Ora aspettiamo Mosul, dove dobbiamo mostrare anche in quel contesto la nostra solidarietà”.