By SIR
“Fra cinque o sei anni i cristiani in Iraq potrebbero non esserci più.
Per loro il conto alla rovescia è già cominciato”: ne è convinto padre
Zuhir Nasser, rogazionista, parroco della parrocchia di Santa Maria
Santissima, di Amman e da pochi giorni responsabile per i siro-cattolici
di Amman (Giordania).
“A Natale ero a Erbil, tra i rifugiati cristiani di Mosul e della Piana di Ninive – dice il religioso – molti stazionano lì da oltre un anno. Non possono fare nulla, vivono di aiuti e pensano solo ad emigrare in cerca di stabilità e di sicurezza. La loro meta è quella di ricongiungersi con altri familiari emigrati prima”.
Ma c’è anche chi non ha tempo di aspettare un visto che non arriverà mai. “Segnati da una vita di precarietà, sfruttati nel lavoro, privi di casa – sottolinea il sacerdote – che altro possono fare se non salire su qualche barcone traballante per cercare di raggiungere le coste greche o italiane? Penso a quelle due famiglie cristiane di Qaraqosh che sono morte due mesi e mezzo fa al largo della Grecia, con loro anche bambini di appena un anno. Anche restare per attendere tempi migliori e rientrare a casa non è più un’opzione praticabile. “Molte città sono state completamente distrutte. Quanto ci vorrà per riedificarle? E soprattutto, dopo aver ricostruito, quanto tempo saremo in pace prima che scoppi un’altra guerra? Domande cui è difficile rispondere”, ammette il rogazionista.
Tra i cristiani riparati a Erbil comincia a serpeggiare anche un altro timore.
“I curdi – dichiara padre Nasser – stanno scavando una trincea, profonda tre metri e larga due, nel territorio della piana di Ninive, già oggetto di contestazione tra il Governo centrale di Baghdad e quello del Kurdistan. Secondo fonti locali il fossato serve “per motivi di sicurezza contro Daesh” ma, a detta degli stessi abitanti, “è un modo per segnare il confine con Baghdad quando il Kurdistan dichiarerà la sua indipendenza”. “Stanno prendendo molti territori – aggiunge il religioso – e la gente si chiede, ‘se dovessi tornare in quale parte mi troverò a stare? E se dovesse scoppiare una guerra tra Governo centrale e Kurdistan che accadrà di noi?’. Senza dimenticare che oggi i curdi stanno accogliendo, ma un domani che saranno diventati uno Stato indipendente, continueranno ad accogliere? Cosa ne sarà delle minoranze?”.
Non solo Daesh. Anche da Baghdad arrivano segnali inquietanti. “La legge sull’islamizzazione dei figli tanto contestata dalla Chiesa locale, l’espropriazione di case dei cristiani, spazi sempre più ristretti di libertà personale – spiega padre Nasser – fanno sì che molti cristiani lascino il Paese. Vedere tanta gente che parte è triste”.
Si stima che in tutto il paese restino meno di mezzo milione di cristiani (nel 2003 erano un milione e mezzo, ndr). Molti cristiani iracheni, appartenenti a vari riti, oggi sono in Giordania, assistiti dalla Caritas Giordania e dalle parrocchie locali. Secondo padre Nasser quelli siro cattolici sono raggruppati in circa 900 famiglie. “Nel Regno Hashemita sono di passaggio, in attesa del visto necessario per emigrare. Ma c’è anche chi aspetta la stagione calda per salire sui barconi. L’esodo non si ferma”.
“A Natale ero a Erbil, tra i rifugiati cristiani di Mosul e della Piana di Ninive – dice il religioso – molti stazionano lì da oltre un anno. Non possono fare nulla, vivono di aiuti e pensano solo ad emigrare in cerca di stabilità e di sicurezza. La loro meta è quella di ricongiungersi con altri familiari emigrati prima”.
Ma c’è anche chi non ha tempo di aspettare un visto che non arriverà mai. “Segnati da una vita di precarietà, sfruttati nel lavoro, privi di casa – sottolinea il sacerdote – che altro possono fare se non salire su qualche barcone traballante per cercare di raggiungere le coste greche o italiane? Penso a quelle due famiglie cristiane di Qaraqosh che sono morte due mesi e mezzo fa al largo della Grecia, con loro anche bambini di appena un anno. Anche restare per attendere tempi migliori e rientrare a casa non è più un’opzione praticabile. “Molte città sono state completamente distrutte. Quanto ci vorrà per riedificarle? E soprattutto, dopo aver ricostruito, quanto tempo saremo in pace prima che scoppi un’altra guerra? Domande cui è difficile rispondere”, ammette il rogazionista.
Tra i cristiani riparati a Erbil comincia a serpeggiare anche un altro timore.
“I curdi – dichiara padre Nasser – stanno scavando una trincea, profonda tre metri e larga due, nel territorio della piana di Ninive, già oggetto di contestazione tra il Governo centrale di Baghdad e quello del Kurdistan. Secondo fonti locali il fossato serve “per motivi di sicurezza contro Daesh” ma, a detta degli stessi abitanti, “è un modo per segnare il confine con Baghdad quando il Kurdistan dichiarerà la sua indipendenza”. “Stanno prendendo molti territori – aggiunge il religioso – e la gente si chiede, ‘se dovessi tornare in quale parte mi troverò a stare? E se dovesse scoppiare una guerra tra Governo centrale e Kurdistan che accadrà di noi?’. Senza dimenticare che oggi i curdi stanno accogliendo, ma un domani che saranno diventati uno Stato indipendente, continueranno ad accogliere? Cosa ne sarà delle minoranze?”.
Non solo Daesh. Anche da Baghdad arrivano segnali inquietanti. “La legge sull’islamizzazione dei figli tanto contestata dalla Chiesa locale, l’espropriazione di case dei cristiani, spazi sempre più ristretti di libertà personale – spiega padre Nasser – fanno sì che molti cristiani lascino il Paese. Vedere tanta gente che parte è triste”.
Si stima che in tutto il paese restino meno di mezzo milione di cristiani (nel 2003 erano un milione e mezzo, ndr). Molti cristiani iracheni, appartenenti a vari riti, oggi sono in Giordania, assistiti dalla Caritas Giordania e dalle parrocchie locali. Secondo padre Nasser quelli siro cattolici sono raggruppati in circa 900 famiglie. “Nel Regno Hashemita sono di passaggio, in attesa del visto necessario per emigrare. Ma c’è anche chi aspetta la stagione calda per salire sui barconi. L’esodo non si ferma”.