“La Misericordia è il cammino del cristiano”. Questa la lettera pastorale del patriarca caldeo di Baghdad, Louis Sako,
con cui ha invitato i cristiani d’Iraq, ormai meno di 500mila rispetto
al milione e mezzo dei primi anni Duemila, a celebrare il Giubileo. Oggi
a Baghdad, l’apertura della Porta Santa nella prima cattedrale del
Paese, intitolata alla Madonna Addolorata: con il patriarca Sako, tutti i
vescovi e i sacerdoti locali, in un momento particolarmente difficile
per la minoranza cristiana che vive, da sfollata all’interno del proprio
Paese, questo Anno Santo e il prossimo Natale, a causa delle continue
violenze del sedicente Stato islamico (Is).
Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Baghdad sua beatitudine Sako:
Per noi è un cammino molto doloroso, la nostra notte è lunga e oscura purtroppo ma abbiamo anche tanta speranza basata sulla parola del Signore Gesù. Questo Anno della Misericordia è all’inizio del Natale, in un momento di preparazione. È dunque una chiamata per noi, malgrado tutto, ad entrare nei valori e nel senso del Natale. Aprire una Porta Santa è una cosa simbolica: vuol dire uscire o passare da ciò che noi viviamo qui e andare verso la misericordia, la riconciliazione, ma anche la gioia della grazia del perdono, che il Signore ci dà. Come sta facendo Papa Francesco con tanto entusiasmo, dobbiamo comprendere la nostra situazione e il senso di questi eventi con fede, fiducia e speranza. Ma dobbiamo anche avere coraggio e pazienza.
Cosa significa varcare la Porta Santa per la minoranza cristiana d’Iraq?
È un passaggio, dunque è quasi una Pasqua: una realtà terribile, ma non la fine del mondo. Anche davanti a questa sofferenza, che è molto forte, noi leggiamo la mano di Dio che ci salverà, perché non ci lascerà mai. Ci sono difficoltà, ma Dio è più forte anche della morte.
Lei ha chiesto di vivere la misericordia per avere pace, per servire tutti, cristiani e musulmani. Come è possibile farlo di fronte alla violenza del sedicente Stato Islamico, di Daesh?
Avevo così tanto desiderato che anche le autorità musulmane facessero una dichiarazione affinché questo fosse un Anno della Misericordia per tutti, perché anche per loro Dio è misericordioso. Senza misericordia e riconciliazione non c’è futuro! Alcuni hanno capito questo messaggio. Ma mi aspettavo tanto da parte delle autorità sciite e sunnite: che, come ha fatto il Papa, anche loro facessero un anno di misericordia e riconciliazione, davanti a questo cancro del fondamentalismo e del terrorismo, in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Pakistan, in Mali, in Nigeria… Dappertutto c’è violenza.
Non ci sono state queste dichiarazioni?
Purtroppo no… C’è una mentalità terribile di vendetta e questo fa male.
Oggi la Porta Santa a Baghdad, domenica scorsa a Erbil. I cristiani che stanno varcando le Porte Sante d’Iraq con quale spirito lo fanno? Molti sono lontani dalle loro case…
Sì, è vero. La cattedrale della Madonna Addolorata, molto antica, è anche un simbolo: è bellissima e quest’anno l’abbiamo restaurata, anche per mostrare che è un patrimonio cristiano da salvaguardare. È la prima Chiesa cattolica a Baghdad che, proprio come simbolo, darà ai cristiani tanta speranza. Diciamo sempre: “non abbiate paura”. I cristiani iracheni sono coraggiosi ed entusiasti per la loro fede. Veramente siamo orgogliosi di ciò che il nostro popolo ha vissuto. In una sola notte, 120mila persone hanno lasciato tutto per la loro fede (di fronte all’avanzata dell’Is): potevano essere forzatamente convertiti all’islam e rimanere lì e invece neanche uno è rimasto, neanche uno si è convertito. È un miracolo!
Molti di questi cristiani vivono nelle tende, nella zona di Erbil…
A Erbil, ma anche qui. Questa settimana andrò a celebrare la Messa in un campo profughi. Ci sono 1000 famiglie di rifugiati a Baghdad. C’è una tenda che è anche una cappella: io aprirò pure per loro la Porta Santa e offrirò un pranzo con tutti anche per incoraggiarli. Non abbiamo più niente, siamo tribolati, ma non schiacciati.
Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Baghdad sua beatitudine Sako:
Per noi è un cammino molto doloroso, la nostra notte è lunga e oscura purtroppo ma abbiamo anche tanta speranza basata sulla parola del Signore Gesù. Questo Anno della Misericordia è all’inizio del Natale, in un momento di preparazione. È dunque una chiamata per noi, malgrado tutto, ad entrare nei valori e nel senso del Natale. Aprire una Porta Santa è una cosa simbolica: vuol dire uscire o passare da ciò che noi viviamo qui e andare verso la misericordia, la riconciliazione, ma anche la gioia della grazia del perdono, che il Signore ci dà. Come sta facendo Papa Francesco con tanto entusiasmo, dobbiamo comprendere la nostra situazione e il senso di questi eventi con fede, fiducia e speranza. Ma dobbiamo anche avere coraggio e pazienza.
Cosa significa varcare la Porta Santa per la minoranza cristiana d’Iraq?
È un passaggio, dunque è quasi una Pasqua: una realtà terribile, ma non la fine del mondo. Anche davanti a questa sofferenza, che è molto forte, noi leggiamo la mano di Dio che ci salverà, perché non ci lascerà mai. Ci sono difficoltà, ma Dio è più forte anche della morte.
Lei ha chiesto di vivere la misericordia per avere pace, per servire tutti, cristiani e musulmani. Come è possibile farlo di fronte alla violenza del sedicente Stato Islamico, di Daesh?
Avevo così tanto desiderato che anche le autorità musulmane facessero una dichiarazione affinché questo fosse un Anno della Misericordia per tutti, perché anche per loro Dio è misericordioso. Senza misericordia e riconciliazione non c’è futuro! Alcuni hanno capito questo messaggio. Ma mi aspettavo tanto da parte delle autorità sciite e sunnite: che, come ha fatto il Papa, anche loro facessero un anno di misericordia e riconciliazione, davanti a questo cancro del fondamentalismo e del terrorismo, in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Pakistan, in Mali, in Nigeria… Dappertutto c’è violenza.
Non ci sono state queste dichiarazioni?
Purtroppo no… C’è una mentalità terribile di vendetta e questo fa male.
Oggi la Porta Santa a Baghdad, domenica scorsa a Erbil. I cristiani che stanno varcando le Porte Sante d’Iraq con quale spirito lo fanno? Molti sono lontani dalle loro case…
Sì, è vero. La cattedrale della Madonna Addolorata, molto antica, è anche un simbolo: è bellissima e quest’anno l’abbiamo restaurata, anche per mostrare che è un patrimonio cristiano da salvaguardare. È la prima Chiesa cattolica a Baghdad che, proprio come simbolo, darà ai cristiani tanta speranza. Diciamo sempre: “non abbiate paura”. I cristiani iracheni sono coraggiosi ed entusiasti per la loro fede. Veramente siamo orgogliosi di ciò che il nostro popolo ha vissuto. In una sola notte, 120mila persone hanno lasciato tutto per la loro fede (di fronte all’avanzata dell’Is): potevano essere forzatamente convertiti all’islam e rimanere lì e invece neanche uno è rimasto, neanche uno si è convertito. È un miracolo!
Molti di questi cristiani vivono nelle tende, nella zona di Erbil…
A Erbil, ma anche qui. Questa settimana andrò a celebrare la Messa in un campo profughi. Ci sono 1000 famiglie di rifugiati a Baghdad. C’è una tenda che è anche una cappella: io aprirò pure per loro la Porta Santa e offrirò un pranzo con tutti anche per incoraggiarli. Non abbiamo più niente, siamo tribolati, ma non schiacciati.