Andrea Riccardi
A Bagdad, ieri, il patriarca Sako ha aperto la Porta Santa nella
cattedrale caldea, parlando di cristiani «tribolati, ma non
schiacciati».
Ha ricordato un dramma nella tragedia mediorientale: quello dei cristiani.
Soffrono come il resto della popolazione.
Ma sono colpiti in modo particolare: da quelli uccisi negli attentati a Bagdad fino ai cristiani assiri utilizzati come scudi umani nella capitale del Califfato, Rakka. Il Medio Oriente, tra breve, sarà senza cristiani.
Erano circa il 10% dei siriani e il 3,5% degli iracheni.
Nel 1948, gli ebrei furono scacciati dagli Stati arabi, mentre i cristiani restarono fedeli al nazionalismo arabo. Nella loro storia bimillenaria, questi hanno resistito a invasioni e violenze per convertirli: dagli arabi ai mongoli e agli ottomani.
Nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, di fronte a Daesh incalzante in Iraq, ben 120.000 cristiani sono fuggiti dalla piana di Ninive: nessuno si è convertito all' Islam per restare.
Ora la guerra, l' islamismo e il vuoto di prospettive spingono i cristiani a andare in Occidente. I vescovi, a lungo critici sull'abbandono delle terre storiche, sono oggi possibilisti verso l'emigrazione. Il loro grido d'allarme per un intervento dell'Occidente (non molto realizzabile) non ha dato risultati.
Qualche patriarca si è spinto a chiedere l'intervento armato. Per decenni, le minoranze cristiane hanno vissuto sotto la protezione dei regimi baathisti, siriano e iracheno, che garantivano un po' di laicità e un freno all' islamismo. Del resto il Baath fu fondato nel 1947 da un cristiano (ortodosso), Michel Aflaq, morto nel 1989 (Saddam lo onorò, parlandone come di un convertito all' Islam, fatto poco certo).
Quel mondo è stato travolto dalla guerra occidentale all' Iraq (osteggiata dai cristiani) e dalla crisi del regime di Assad (difeso dai patriarchi).
I cristiani hanno creduto alla causa araba, lavorando perché l' arabità non s' identificasse con l'Islam, preoccupati di uno Stato religioso.
Alcuni hanno avuto posti di rilievo, come il ministro degli Esteri di Saddam, Tareq Aziz. Giulio Andreotti, ben noto nel mondo arabo, aveva tra i suoi interlocutori alcuni cristiani come il patriarca melkita, Maximos Hakim. Le élite cristiane hanno tanto lavorato per la convivenza, certo fragile. Tutto poi è crollato. I leader ecclesiastici non hanno elaborato un disegno alternativo. Hanno rifiutato dal 2006 l'idea di una zona protetta per i cristiani nella piana di Ninive, sostenuta dagli americani, considerandola un ghetto.
La vita però era impossibile a Bagdad. Oggi le aree di rifugio sono Kurdistan, Giordania e Libano. Quest'ultimo resiste, ma è a rischio: Daesh vuole portarvi lo scontro come si è visto con gli attentati contro gli sciiti. Il Libano, ultimo ridotto dei cristiani (almeno il 35% dei libanesi), non può accoglierne stabilmente altri.
Il Kurdistan ha ricevuto i cristiani in fuga e ne ospita più di 100.000. Il governo locale si presenta aperto al pluralismo: ha fatto memoria persino dell'espulsione degli ebrei dal Paese. Ha costruito un edificio per il patriarca assiro, che abiterà qui. I curdi siriani, nelle zone da loro controllate, proteggono i residui cristiani. Ma i cristiani sono in genere perplessi verso i curdi, memori delle stragi di cent' anni fa e degli scontri successivi.
I cristiani, senza prospettive, vogliono lasciare il Medio Oriente. Ambienti neoprotestanti li favoriscono con operazioni come «New Ninive», per portarli soprattutto negli Stati Uniti, che stanno diventando la nuova patria delle Chiese d'Oriente. Gli ambienti cattolici, che seguono la vicenda con tanti interventi di solidarietà, non hanno avuto la possibilità o la capacità di elaborare una visione del futuro né di suggerirla agli orientali.
Il nuovo Oriente finirà per essere l'Occidente americano? Si sta spegnendo drammaticamente, sotto i colpi dell'islamismo, quel mondo cristiano orientale che ha avuto una funzione originale nell' incontro tra Islam e modernità e nell'orizzonte del cristianesimo. Si prepara uno sconvolgimento nell' ecologia umana del Mediterraneo: la fine di un' antichissima presenza. È ancora tempo di fare qualcosa? Forse solo la pace in Siria potrebbe mutare questo destino.
Ha ricordato un dramma nella tragedia mediorientale: quello dei cristiani.
Soffrono come il resto della popolazione.
Ma sono colpiti in modo particolare: da quelli uccisi negli attentati a Bagdad fino ai cristiani assiri utilizzati come scudi umani nella capitale del Califfato, Rakka. Il Medio Oriente, tra breve, sarà senza cristiani.
Erano circa il 10% dei siriani e il 3,5% degli iracheni.
Nel 1948, gli ebrei furono scacciati dagli Stati arabi, mentre i cristiani restarono fedeli al nazionalismo arabo. Nella loro storia bimillenaria, questi hanno resistito a invasioni e violenze per convertirli: dagli arabi ai mongoli e agli ottomani.
Nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, di fronte a Daesh incalzante in Iraq, ben 120.000 cristiani sono fuggiti dalla piana di Ninive: nessuno si è convertito all' Islam per restare.
Ora la guerra, l' islamismo e il vuoto di prospettive spingono i cristiani a andare in Occidente. I vescovi, a lungo critici sull'abbandono delle terre storiche, sono oggi possibilisti verso l'emigrazione. Il loro grido d'allarme per un intervento dell'Occidente (non molto realizzabile) non ha dato risultati.
Qualche patriarca si è spinto a chiedere l'intervento armato. Per decenni, le minoranze cristiane hanno vissuto sotto la protezione dei regimi baathisti, siriano e iracheno, che garantivano un po' di laicità e un freno all' islamismo. Del resto il Baath fu fondato nel 1947 da un cristiano (ortodosso), Michel Aflaq, morto nel 1989 (Saddam lo onorò, parlandone come di un convertito all' Islam, fatto poco certo).
Quel mondo è stato travolto dalla guerra occidentale all' Iraq (osteggiata dai cristiani) e dalla crisi del regime di Assad (difeso dai patriarchi).
I cristiani hanno creduto alla causa araba, lavorando perché l' arabità non s' identificasse con l'Islam, preoccupati di uno Stato religioso.
Alcuni hanno avuto posti di rilievo, come il ministro degli Esteri di Saddam, Tareq Aziz. Giulio Andreotti, ben noto nel mondo arabo, aveva tra i suoi interlocutori alcuni cristiani come il patriarca melkita, Maximos Hakim. Le élite cristiane hanno tanto lavorato per la convivenza, certo fragile. Tutto poi è crollato. I leader ecclesiastici non hanno elaborato un disegno alternativo. Hanno rifiutato dal 2006 l'idea di una zona protetta per i cristiani nella piana di Ninive, sostenuta dagli americani, considerandola un ghetto.
La vita però era impossibile a Bagdad. Oggi le aree di rifugio sono Kurdistan, Giordania e Libano. Quest'ultimo resiste, ma è a rischio: Daesh vuole portarvi lo scontro come si è visto con gli attentati contro gli sciiti. Il Libano, ultimo ridotto dei cristiani (almeno il 35% dei libanesi), non può accoglierne stabilmente altri.
Il Kurdistan ha ricevuto i cristiani in fuga e ne ospita più di 100.000. Il governo locale si presenta aperto al pluralismo: ha fatto memoria persino dell'espulsione degli ebrei dal Paese. Ha costruito un edificio per il patriarca assiro, che abiterà qui. I curdi siriani, nelle zone da loro controllate, proteggono i residui cristiani. Ma i cristiani sono in genere perplessi verso i curdi, memori delle stragi di cent' anni fa e degli scontri successivi.
I cristiani, senza prospettive, vogliono lasciare il Medio Oriente. Ambienti neoprotestanti li favoriscono con operazioni come «New Ninive», per portarli soprattutto negli Stati Uniti, che stanno diventando la nuova patria delle Chiese d'Oriente. Gli ambienti cattolici, che seguono la vicenda con tanti interventi di solidarietà, non hanno avuto la possibilità o la capacità di elaborare una visione del futuro né di suggerirla agli orientali.
Il nuovo Oriente finirà per essere l'Occidente americano? Si sta spegnendo drammaticamente, sotto i colpi dell'islamismo, quel mondo cristiano orientale che ha avuto una funzione originale nell' incontro tra Islam e modernità e nell'orizzonte del cristianesimo. Si prepara uno sconvolgimento nell' ecologia umana del Mediterraneo: la fine di un' antichissima presenza. È ancora tempo di fare qualcosa? Forse solo la pace in Siria potrebbe mutare questo destino.