By Acistampa
Andrea Gagliarducci
Andrea Gagliarducci
Papa Francesco si appella al “sussulto di coscienza del mondo,” che
sembra si sia finalmente accorto della presenza millenaria dei cristiani
in Iraq, e chiede “un ulteriore sforzo” per aiutarli, denunciando “ciò
che calpesta la dignità dell’uomo.” Davanti al Papa, i partecipanti alla
plenaria della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali
(ROACO).
In questi giorni parleranno della difficile situazione in Medio
Oriente, con un occhio particolare all’Iraq – una delegazione della
ROACO è stata in visita dai profughi di Erbil a maggio, due settimane
dopo una delegazione di Cor Unum ha fatto pressappoco lo stesso giro. Ne
fa menzione il Cardinal Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione
delle Chiese Orientali, che ricorda anche il centenario del “grande
male” armeno, nonché alla situazione ucraina. Ma alle aree di interesse
si aggiungono anche Etiopia ed Eritrea, diventate quest’anno metropolie
sui iuris seppur legate alla tradizione alessandrino-gheez.
Il Papa anche parla dell’impegno delle agenzie ROACO. L’ultima volta,
le aveva incontrate alla vigilia del suo viaggio in Terrasanta, che ha
poi prodotto l’invocazione per la pace nei Giardini Vaticani dell’8
giugno 2014. “Tutti avremmo desiderato che il seme della riconciliazione
avesse prodotto più frutti,” afferma il Papa.
Papa Francesco ricorda poi che “altre esperienze che hanno
ulteriormente sconvolto il Medio Oriente ci fanno sentire il freddo di
un inverno e di un gelo nel cuore degli uomini che non sembra non
finire.”
“La terra di quelle regioni è solcata dai passi di quanti cercano
rifugio e irrigata dal sangue di tanti uomini e donne, tra i quali
numerosi cristiani perseguitati a causa della loro fede,” sottolinea il
Papa. Che poi ricorda il recente viaggio in Iraq dei rappresentanti
della ROACO, dice che hanno portato ai profughi “lo sguardo e la
benedizione del Signore,” e al tempo stesso “sentivate che in quegli
occhi che chiedevano aiuto e supplicavano la pace e il ritorno alle
proprie case era proprio Gesù stesso che vi guardava, chiedendo quella
carità che ci fa essere cristiani.”
Afferma il Papa che “ogni opera di aiuto, per non cadere
nell’efficientismo o in un assistenzialismo che non promuove le persone e
i popoli, deve rinascere sempre da questa benedizione del Signore che
ci giunge quando abbiamo il coraggio di guardare la realtà e i fratelli
che abbiamo di fronte.”
C’è comunque speranza nelle parole del Papa, perché – dice – “nel
dramma di questi mesi, sembra che il mondo abbia avuto un sussulto di
coscienza e abbia aperto gli occhi, rendendosi conto della presenza
millenaria dei cristiani nel Medio Oriente.” E per questo – aggiunge –
“si sono moltiplicate iniziative di sensibilizzazione e di aiuto per
loro e per tutti gli altri innocenti, ingiustamente colpiti dalla
violenza.”
Ma le iniziative non bastano, perché – dice il Papa – “ci sarebbe da
compiere un ulteriore sforzo per eliminare quelli che appaiono come
taciti accordi per i quali la vita di migliaia e migliaia di famiglie –
donne, uomini, bambini, anziani – sulla bilancia degli interessi sembra
pesare meno del petrolio e delle armi, e mentre si proclama la pace e la
giustizia si tollera che i trafficanti di morte agiscano in quelle
terre.”
Il Papa chiede a tutti di “denunciare ciò che calpesta la dignità
dell’uomo”, oltre a prestare servizio nella carità cristiana. E poi
parla delle comunità di Etiopia, Eritrea e Armenia, comunità
“antichissime” che si può aiutare ad essere “partecipi della missione
evangelizzatrice ed offrire, soprattutto ai giovani, un orizzonte di
speranza e crescita,” perché solo così “potrà arrestarsi il flusso
migratorio” di molti che puntano a raggiungere le coste del
mediterraneo, mentre sostenere l’Armenia - “culla della prima nazione
che ricevette il battesimo” – “contribuisce al cammino verso l’unità
visibile di tutti i credenti in Cristo.”