By Aiuto alla Chiesa che Soffre
«Il sostegno di Aiuto alla Chiesa che soffre è stato immediato e decisivo. Senza di voi non avremmo potuto dare un alloggio dignitoso a migliaia di famiglie».
Così dichiara monsignor Bashar Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, durante una conferenza stampa organizzata oggi a Roma da Aiuto alla Chiesa che Soffre. Dall’inizio delle crisi irachena, la fondazione pontificia ha donato oltre 7milioni di euro. Si tratta di circa il 60% delle donazioni ricevute dall’arcidiocesi di Erbil.
Il presule ha descritto la risposta della sua diocesi all’emergenza umanitaria, seguita all’arrivo in Kurdistan di oltre 120mila cristiani tra il giugno e l’agosto dello scorso anno. «All’inizio della crisi, abbiamo allestito 26 punti di accoglienza in tutto il territorio diocesano. Le gente dormiva nelle tende e nei palazzi abbandonati. Oggi fortunatamente hanno tutti un alloggio dignitoso».
È passato quasi un anno dalla presa di Mosul da parte dello Stato Islamico, avvenuta nella notte tra il 9 ed il 10 giugno 2014. «In questi lunghi mesi la Chiesa ha cercato di restituire la fiducia alla popolazione e di tenere unita la nostra comunità». Almeno 8mila cristiani hanno tuttavia deciso di emigrare in Libano, Giordania e Turchia oppure in Europa e in America. Tra loro anche 500 tra le 6mila famiglie cristiane che si erano rifugiate ad Erbil tra il 2003 ed il 2014, «per sfuggire alla persecuzione in atto in città quali Mosul, Bagdad e Kirkuk».
Il futuro incerto e l’insicurezza spingono la Chiesa a trovare nuove e più stabili sistemazioni per i profughi. «Anche se Mosul e la Piana di Ninive fossero liberate immediatamente, gli abitanti dovrebbero attendere almeno un anno prima di far ritorno alle proprie case». Inoltre è necessario un importante investimento nella ricostruzione e nello sviluppo delle aree sottratte ad Isis. «Tikrit è stata liberata, ma nessuno è tornato ad abitarci. Chi vivrebbe in una città distrutta?».
Monsignor Warda fa appello alla comunità internazionale affinché «eserciti pressione sul governo iracheno. Le divisioni interne non devono prevalere sull’urgenza di trovare soluzioni concrete». Il presule sottolinea l’esigenza di un’azione militare: «Lo Stato Islamico è un cancro e dobbiamo impedire che si propaghi».
Anche la persecuzione anticristiana va fermata. «Ai cristiani è stato chiesto di scegliere tra convertirsi, pagare la jizya o morire. È chiaro che siamo di fronte ad una persecuzione, sebbene a volte noi cristiani siamo considerati dei danni collaterali».
Monsignor Warda auspica che Papa Francesco possa presto compiere un viaggio ad Erbil. «Lui stesso mi ha confidato questo suo desiderio. Una sua visita avrebbe un fortissimo impatto sui fedeli».
Il presidente di ACS-Italia, Alfredo Mantovano, ha posto l’accento sulla necessità che media e opinione pubblica prestino costante attenzione al tema delle persecuzioni anticristiane. «ACS – ha aggiunto - ha fornito un importante contributo che ha consentito a migliaia di famiglie cristiane di riprendere una vita che si avvicina alla normalità. Il nostro obiettivo deve essere ora quello di far sì che queste persone possano tornare nelle proprie terre di provenienza. Terre di straordinario interesse storico e religioso».
«Il sostegno di Aiuto alla Chiesa che soffre è stato immediato e decisivo. Senza di voi non avremmo potuto dare un alloggio dignitoso a migliaia di famiglie».
Così dichiara monsignor Bashar Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, durante una conferenza stampa organizzata oggi a Roma da Aiuto alla Chiesa che Soffre. Dall’inizio delle crisi irachena, la fondazione pontificia ha donato oltre 7milioni di euro. Si tratta di circa il 60% delle donazioni ricevute dall’arcidiocesi di Erbil.
Il presule ha descritto la risposta della sua diocesi all’emergenza umanitaria, seguita all’arrivo in Kurdistan di oltre 120mila cristiani tra il giugno e l’agosto dello scorso anno. «All’inizio della crisi, abbiamo allestito 26 punti di accoglienza in tutto il territorio diocesano. Le gente dormiva nelle tende e nei palazzi abbandonati. Oggi fortunatamente hanno tutti un alloggio dignitoso».
È passato quasi un anno dalla presa di Mosul da parte dello Stato Islamico, avvenuta nella notte tra il 9 ed il 10 giugno 2014. «In questi lunghi mesi la Chiesa ha cercato di restituire la fiducia alla popolazione e di tenere unita la nostra comunità». Almeno 8mila cristiani hanno tuttavia deciso di emigrare in Libano, Giordania e Turchia oppure in Europa e in America. Tra loro anche 500 tra le 6mila famiglie cristiane che si erano rifugiate ad Erbil tra il 2003 ed il 2014, «per sfuggire alla persecuzione in atto in città quali Mosul, Bagdad e Kirkuk».
Il futuro incerto e l’insicurezza spingono la Chiesa a trovare nuove e più stabili sistemazioni per i profughi. «Anche se Mosul e la Piana di Ninive fossero liberate immediatamente, gli abitanti dovrebbero attendere almeno un anno prima di far ritorno alle proprie case». Inoltre è necessario un importante investimento nella ricostruzione e nello sviluppo delle aree sottratte ad Isis. «Tikrit è stata liberata, ma nessuno è tornato ad abitarci. Chi vivrebbe in una città distrutta?».
Monsignor Warda fa appello alla comunità internazionale affinché «eserciti pressione sul governo iracheno. Le divisioni interne non devono prevalere sull’urgenza di trovare soluzioni concrete». Il presule sottolinea l’esigenza di un’azione militare: «Lo Stato Islamico è un cancro e dobbiamo impedire che si propaghi».
Anche la persecuzione anticristiana va fermata. «Ai cristiani è stato chiesto di scegliere tra convertirsi, pagare la jizya o morire. È chiaro che siamo di fronte ad una persecuzione, sebbene a volte noi cristiani siamo considerati dei danni collaterali».
Monsignor Warda auspica che Papa Francesco possa presto compiere un viaggio ad Erbil. «Lui stesso mi ha confidato questo suo desiderio. Una sua visita avrebbe un fortissimo impatto sui fedeli».
Il presidente di ACS-Italia, Alfredo Mantovano, ha posto l’accento sulla necessità che media e opinione pubblica prestino costante attenzione al tema delle persecuzioni anticristiane. «ACS – ha aggiunto - ha fornito un importante contributo che ha consentito a migliaia di famiglie cristiane di riprendere una vita che si avvicina alla normalità. Il nostro obiettivo deve essere ora quello di far sì che queste persone possano tornare nelle proprie terre di provenienza. Terre di straordinario interesse storico e religioso».