Fonte: Asianews
E’ stato ritrovato ucciso Imad Elia Abdul Karim, 55enne infermiere cristiano, rapito il 3 ottobre scorso davanti la sua abitazione, nel quartiere di Mualimin, a Kirkuk. Fonti locali riferiscono ad AsiaNews che ieri sera, verso le 11, la polizia ha ritrovato il cadavere dell’uomo “gettato” sulla strada fra il quartiere di Dumez e Asra Wa Mafqudin: è lo stesso luogo in cui sono stati uccisi, in passato, Aziz Risqo – un importante funzionario cristiano della città – e altre due donne. Da un primo referto medico, il corpo “presenta segni evidenti di torture”.
Ieri mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, ha lanciato un appello alle autorità e ai giornali locali per la liberazione, definendo la situazione dei cristiani “preccupante” perché negli ultimi mesi sono sempre più “bersaglio di minacce, sequestri e omicidi”. Il rapimento è avvenuto la sera del 3 ottobre. Durante le concitate fasi dell’assalto, il gruppo – formato da tre persone – ha aperto il fuoco ferendo l’uomo, sposato e padre di due figli. Fonti locali spiegano che Imad Elia Abdulkarim stava riparando la sua automobile, quando è sopraggiunto un “gruppo di tre persone che ha sparato” all’indirizzo dell’uomo. Gli assalitori lo hanno sequestrato, facendo perdere le loro tracce.
“Imad – afferma un cristiano – è un uomo molto conosciuto nell’ambiente della sanità a Kirkuk”. All’origine del sequestro potrebbero esservi sia un’eventuale richiesta di denaro, oppure legami con l’attività professionale dell’uomo.
La comunità cristiana conferma il clima di “paura” per i numerosi casi di “sequestri e omicidi avvenuti quest’anno”. In seguito al rapimento del medico Samir Gorja, rivela una fonte locale, alcune famiglie “hanno lasciato la città. Il governo non fa nulla e i cristiani – denuncia – sono diventati un obiettivo” da colpire. Ieri pomeriggio l’arcidiocesi di Kirkuk aveva lanciato un appello per la liberazione dell’infermiere 55enne. In un messaggio a media e autorità cittadine, mons. Louis Sako confermava che “i cristiani sono un obiettivo delle violenze” e denuncia quanti “mirano a guadagni politici” o “approfittano di una mancanza di ordine” per perpetrare sequestri e chiedere “riscatti in denaro”. “Tutti sanno – ricordava il prelato – che i cristiani sono cittadini di questo Paese e di questa città; nessuno ha dubbi circa la loro devozione alla patria, la loro sincerità”. Egli parla di “atti contro cristiani che vogliono avere un ruolo nella ricostruzione della nazione”, di “una cultura dell’umiliazione che rifiutiamo con forza” e invita “le autorità governative, le persone oneste dell’Iraq e di Kirkuk a fare di tutto per proteggere i cittadini, chiunque essi siano”. Rinnovando la richiesta di “dialogo e cooperazione sincera”, mons. Sako chiedeva “ai rapitori di Imad Elia Abdul Karim di temere Dio” e di rilasciare l’ostaggio perché potesse “tornare alla famiglia e ai figli il più presto possibile”. Un appello che è rimasto inascoltato.(DS)
Ieri mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, ha lanciato un appello alle autorità e ai giornali locali per la liberazione, definendo la situazione dei cristiani “preccupante” perché negli ultimi mesi sono sempre più “bersaglio di minacce, sequestri e omicidi”. Il rapimento è avvenuto la sera del 3 ottobre. Durante le concitate fasi dell’assalto, il gruppo – formato da tre persone – ha aperto il fuoco ferendo l’uomo, sposato e padre di due figli. Fonti locali spiegano che Imad Elia Abdulkarim stava riparando la sua automobile, quando è sopraggiunto un “gruppo di tre persone che ha sparato” all’indirizzo dell’uomo. Gli assalitori lo hanno sequestrato, facendo perdere le loro tracce.
“Imad – afferma un cristiano – è un uomo molto conosciuto nell’ambiente della sanità a Kirkuk”. All’origine del sequestro potrebbero esservi sia un’eventuale richiesta di denaro, oppure legami con l’attività professionale dell’uomo.
La comunità cristiana conferma il clima di “paura” per i numerosi casi di “sequestri e omicidi avvenuti quest’anno”. In seguito al rapimento del medico Samir Gorja, rivela una fonte locale, alcune famiglie “hanno lasciato la città. Il governo non fa nulla e i cristiani – denuncia – sono diventati un obiettivo” da colpire. Ieri pomeriggio l’arcidiocesi di Kirkuk aveva lanciato un appello per la liberazione dell’infermiere 55enne. In un messaggio a media e autorità cittadine, mons. Louis Sako confermava che “i cristiani sono un obiettivo delle violenze” e denuncia quanti “mirano a guadagni politici” o “approfittano di una mancanza di ordine” per perpetrare sequestri e chiedere “riscatti in denaro”. “Tutti sanno – ricordava il prelato – che i cristiani sono cittadini di questo Paese e di questa città; nessuno ha dubbi circa la loro devozione alla patria, la loro sincerità”. Egli parla di “atti contro cristiani che vogliono avere un ruolo nella ricostruzione della nazione”, di “una cultura dell’umiliazione che rifiutiamo con forza” e invita “le autorità governative, le persone oneste dell’Iraq e di Kirkuk a fare di tutto per proteggere i cittadini, chiunque essi siano”. Rinnovando la richiesta di “dialogo e cooperazione sincera”, mons. Sako chiedeva “ai rapitori di Imad Elia Abdul Karim di temere Dio” e di rilasciare l’ostaggio perché potesse “tornare alla famiglia e ai figli il più presto possibile”. Un appello che è rimasto inascoltato.(DS)