"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

21 marzo 2018

A Macchia sacerdote iracheno della Piana di Ninive ha portato la testimonianza dei cristiani perseguitati in Iraq

By Tardi la sera, presto la mattina blogspot
Maria Gabriella Leonardi

Sono state illuminate di rosso, ieri sera, le tre chiese di Macchia, (CT) in ricordo dei martiri cristiani. Storie a noi lontane, di cui di solito si sente parlare nei tg ma che ieri, a Macchia di Giarre, sono state rese vivide dalla presenza di don Steven Azabo, giovane sacerdote iracheno della diocesi caldea di Alqosh (Piana di Ninive). La sua è un esperienza di vita drammaticamente straordinaria. Don Steven ha conosciuto ed è sopravvissuto nella sua vita a cinque guerre: il conflitto tra l’Iraq e l’Iran, durato otto anni; poi nel 1991 la prima guerra del Golfo; nel 1998 l’attacco degli Usa all’Iraq; nel 2003 la seconda guerra del Golfo e nel 2014 la guerra causata dal Daesh, lo Stato islamico dell’Iraq.

Ma paradossalmente, come spiega il parroco di Macchia, don Mario Fresta: «Fin quando c’era Saddam, il dittatore, c’era un certa tolleranza verso i cristiani. Con la caduta del regime di Saddam sono iniziate le persecuzioni dei cristiani».
Don Steven parla un discreto italiano, da un anno sta studiando a Roma ed è arrivato a Macchia grazie ai contatti che il parroco, don Mario Fresta, ha preso con “Aiuto alla chiesa che soffre”, una fondazione di diritto pontificio nata nel 1947 per sostenere la Chiesa in tutto il mondo, con particolare attenzione laddove è perseguitata.
«In Iraq – racconta don Steven - ero parroco di una parrocchia a Batnaya, un villaggio della Piana di Ninive. Eravamo quasi 5mila persone. Oggi questo villaggio è distrutto per oltre l’80%. La chiesa non c’è più. Ci sono solo ruderi».
Don Steven ricorda gli episodi più gravi di queste persecuzioni, di cui sono state vittime spesso persone di sua conoscenza. «I cristiani dell’Iraq abbiamo una grande memoria storica – dice - ma piena di violenza e di guerra. Dopo la caduta di Saddam Hussein, avvenuta nel 2003,  ad agosto 2005, cinque chiese sono state attaccate nello stesso giorno. Nel 2006, cinque sacerdoti sono stati rapiti. 
Nel 2007 un sacerdote e tre diaconi sono stati uccisi.
Nel 2008 è stato rapito e ucciso l’arcivescovo di Mosul. Sempre nel 2008 i cristiani sono dovuti andar via dal Mosul perché Al Qaida aveva deciso che dovevano vivervi solo i musulmani, ma Piana di Ninive è una regione abitata soprattutto da cristiani.
Nel 2010 è stato commesso un crimine molto grave: un commando di Al Qaeda è entrato in una chiesa di Bagdad, durante la messa, e ha ucciso due sacerdoti e quasi 60 fedeli.
Nel 2011, nel 2012 sempre così, stessa situazione a Mosul, a Bagdad, sino al 2014.
A giugno le milizie dell’Isis sono entrate a Mosul, la città è caduta, Tikrit è caduta, Ramadi è caduta; l’Isis è arrivato quasi a Bagdad, poi, ad agosto, sono entrati a Piana di Ninive. E ci sono stati due mesi molto difficili per noi cristiani: non c’era acqua, non c’era energia, non c’era nulla: potete immaginare come potevamo vivere? Il 3 agosto sono entrati a Sinjar hanno ucciso gli uomini e i bambini e preso le donne. Il 6 agosto sono entrati a Piana di Ninive: abbiamo perso tutto».
Secondo don Steven è la stessa ideologia che muove le persone, anche se cambia nome o bandiera: ieri si chiamava Al Qaeda, oggi Isis, domani, forse, potrà avere un’altro nome ancora.

La fondazione “Aiuto alla chiesa che soffre” è molto impegnata, con vari progetti, nella ricostruzione dei villaggi cristiani distrutti dalla furia dell’Isis nella Piana di Ninive.  Ieri sera in tanti dentro la chiesa “Maria Santissima della Provvidenza” hanno partecipato alla messa presieduta da don Steven e concelebrata dal parroco don Mario. E durante la celebrazione i presenti hanno ascoltato la testimonianza del sacerdote. I bambini, dopo la messa, hanno consegnato delle lettere a don Steven. Gli adulti, invece, avevano portato dei crocifissi e don Steven li ha benedetti.
Un momento molto forte è stata la via crucis per le vie del paese. 
«Sono con i cristiani di questa parrocchia – ha detto don Steven - per pregare insieme per la situazione in Iraq e in particolare per Piana di Ninive. Oggi la guerra con l’Isis è finita ma ancora questa ideologia è forte. I cristiani vogliono tornare alla loro vita, ma non è facile per loro: tutti i loro villaggi sono distrutti. I cristiani di questa parrocchia possono dire “Basta violenza nel mondo” e possono soprattutto offrire la preghiera, l’unica che può cambiare il cuore delle persone».