"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

5 luglio 2023

Capi di Chiese e comunità cristiane in Iraq: “atroce e spregevole” il rogo del Corano a Stoccolma


 Il rogo del Corano compiuto da un “giovane estremista” davanti alla moschea di Stoccolma rappresenta un atto “atroce e spregevole”, che non può essere in alcun modo spiegato tirando in ballo slogan sulla libertà di espressione. Lo ripetono i Capi delle Chiese e comunità ecclesiali presenti in Iraq, in un comunicato lapidario in cui aggiungono che proprio quell’atto rappresenta in se stesso uno sfregio alla libertà di moltitudini di persone, una incitazione all’odio religioso e un attentato alla pace tra i popoli, visto che con quel gesto ha infiammato la rabbia di credenti musulmani in tutto il mondo. Il Comunicato, diffuso dal Consiglio dei Capi delle Chiese e comunità cristiane dell’Iraq (Council of Christian- Church Leaders of Iraq, CCCL), si conclude con un appello alle persone sagge e ai “costruttori di pace” di tutto il mondo affinché si favoriscano in ogni modo sentimenti che favoriscono la convivenza e la pace.
Il Concilio dei Capi delle Chiese e comunità cristiane dell’Iraq è un organismo ecumenico istituito nel 2010 e include Patriarchi, Vescovi e capi delle 14 Chiese e comunità ecclesiali presenti in Iraq. L’atto sacrilego compiuto davanti alla Moschea di Stoccolma lo scorso 28 giugno continua a provocare preoccupazione e reazioni pubbliche particolarmente accese in Iraq anche perché a compiere quel gesto è stato un rifugiato 37enne di origine irachena, Salwan Momika, che vive in Svezia da molti anni.
Rappresentanti del governo e degli apparati giudiziari iracheni hanno chiesto alle autorità svedesi di estradare Momika e permettere che il suo gesto sia giudicato e condannato dalla giustizia del suo Paese d’origine. L’atto di offesa gratuita verso l’islam suscita reazioni particolarmente sensibili anche nelle comunità cristiane irachene, la cui vicenda e stata disseminata anche negli ultimi decenni da tante sofferenze e esperienze martiriali. Momika si dichiara ateo, ma proviene da un contesto familiare cristiano e è nato a Qaraqosh, città a maggioranza cristiana della Piana di Ninive.
La preoccupazione – come emerge anche da commenti raccolti tra alcuni cristiani dalla rete mediatica curda rudaw.net – e che qualcuno tenti di attribuire alle comunità cristiane irachene una qualche forma di connivenza con il rogo del Corano compiuto a Stoccolma.
Per questo l’atto di Momika è stato subito deplorato senza appello da Capi e esponenti delle comunità cristiane irachene. Mar Awa Royel, Patriarca della Chiesa assira d’Oriente, subito dopo il rogo del Corano aveva diffuso una dichiarazione in cui quel gesto veniva definito come opera di “un ateo di origini irachene”, mirante a disseminare odio. Parole di deplorazione del rogo di Stoccolma sono arrivati anche da rappresentanti politici cristiani come Ano Abdoka, Ministro dei trasporti e delle comunicazioni del Governo della Regione autonoma dei Kurdistan iracheno.
Nei giorni scorsi anche Papa Francesco, in una conversazione con Hamad Al-Kaabi, direttore del quotidiano degli Emirati Arabi Al-Ittihad, interpellato intorno al rogo del Corano a Stoccolma, si era detto “indignato e disgustato da queste azioni".