"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

18 luglio 2023

Il ritiro in monastero del patriarca della chiesa caldea, il Cardinale Sako, può diventare una leva diplomatica ed un boomerang per il governo


Nella serata di lunedì 17 luglio il patriarcato caldeo ha confermato l'annullamento dell'incontro dei vescovi che avrebbe dovuto tenersi a Baghdad dal 20 al 25 agosto prossimi. 
La decisione fa seguito all'annuncio fatto dal patriarca Cardinale Mar Louis Raphael Sako dell'intenzione di stabilirsi in un monastero "nella regione del Kurdistan in Iraq" invece che nella sede patriarcale di Baghdad di ritorno dalla Turchia dove il 16 luglio ha celebrato l'ordinazione episcopale del nuovo vescovo di Diarbekir (Amida) Monsignor Sabri Anar. 
Il mese di luglio ha segnato una rottura apparentemente insanabile tra il patriarcato caldeo e la presidenza della Repubblica quando il presidente, Abdul Latif Rashid, ha cancellato il decreto n° 147 emanato nel 2013 dall'allora presidente Jalal Talabani che sanciva la fresca nomina (gennaio 2013) dell'ex vescovo di Kirkuk a patriarca della chiesa caldea  e di conseguenza "responsabile dei beni della chiesa." 
Secondo quanto ribadito dal presidente iracheno durante l'incontro con l'incaricato d'affari della Nunziatura Apostolica in Iraq avvenuto ieri "l'abolizione del decreto presidenziale ha come unico scopo il correggere una discrepanza legale e costituzionale" visto che, sempre secondo Abdul Latif Rashid, "dal 2018 i consiglieri legali e costituzionali della presidenza, così come le autorità giudiziarie, hanno stabilito che il presidente della repubblica irachena non ha il potere o l'autorità di emanare decreti che riguardino i capi delle denominazioni" (religiose) oltre che sanare una situazione poco chiara che ha riguardato "numerose richieste fatte da altri capi di altre chiese e comunità religiose di decreti presidenziali similari mancanti di  supporto legale e costituzionale."  
Secondo il patriarcato caldeo questa decisione è stata ispirata da Rayan Al-Kaldani, a capo delle Brigate Babilonia, la milizia cristiana che sotto l'ombrello a stragrande maggioranza sciita delle Forze di Mobilitazione Popolare ha combattuto per la cacciata dei miliziani dell'ISIS dal nord dell'Iraq.
Al-Kaldani 
starebbe tentando di impossessarsi dei beni della chiesa da secoli affidati ai suoi patriarchi forte dell'appoggio politico di un ministro e di 4 sui 5 parlamentari cristiani nel governo appartenenti al Movimento Babilonia, il braccio politico delle brigate omonime, eletti non esclusivamente dalla componente elettorale cristiana e sospettati invece di essere stati "spinti"  da quella sciita che sostiene sia il Movimento che le Brigate. 
Un'accusa che lo stesso patriarca caldeo, Cardinale Mar Louis Raphael Sako, ha circostanziato nella lettera aperta al Presidente della Repubblica in risposta alla cancellazione del decreto n° 147 suggerendo la nomina dello stesso Rayan Al-Kaldani a Custode dei beni della chiesa, di suo fratello Aswan come suo vice, di suo fratello Sarman come tesoriere, dell'altro fratello Usama come responsabile della sicurezza, del ministro dell'immigrazione, la signora Evan Faiek Jabru a segretario generale del Patriarcato ed del cognato di Al Kaldani, Nawfal Baha Musa, a capo dell'ufficio per la gestione dei beni delle comunità cristiane e di altre religioni. 
Tra le molte attestazioni di stima e sostegno che il Cardinale Sako, (ancora in Turchia dove oggi ha celebrato un'ordinazione diaconale) sta ricevendo in questi ultimi giorni (tra esse anche quella del Cardinale Pierbattista Pizzaballa Patriarca latino di Gerusalemme. Qui in italiano) interessante è quella a firma del Corepiscopo Paulus Sati, Amministratore patriarcale caldeo in Egitto che puntualizza come l'incostituzionalità del decreto 147 invocata dalla presidenza irachena come giustificazione del suo annullamento contraddice l'articolo 43 paragrafo primo, comma B della stessa Costituzione secondo il quale "I fedeli di tutte le religioni e sette sono liberi" di "gestire le proprietà e le istituzioni religiose ed i propri affari."
E' ancora presto per dire se il conflitto scatenatosi tra i vertici della chiesa caldea, Rayan Al-Kaldani e la presidenza della repubblica irachena potrà essere combattuto nell'ambito costituzionale o in quello politico. 
Certo è che la prudenza dovrebbe essere la linea guida per un governo che voglia davvero cambiare il corso della storia finora tragica del paese. Un corso che comprende tutte le minoranze che lo compongono. Indebolirne una non può portare a nulla di buono per il governo iracheno, e l'annuncio del Cardinale Sako di preferire il ritiro in un monastero al ritorno nella sede patriarcale di Baghdad può diventare una leva diplomatica potentissima. 
Ad oggi è una scelta. Una scelta che domani potrebbe essere vista come una costrizione subita.
Un boomerang per l'Iraq del futuro.