By Fides - Ankawa.com
I Vescovi delle Chiese presenti a Mosul e nella Piana di Ninive, con una iniziativa eclatante, hanno annunciato il possibile boicottaggio delle prossime tornate elettorali da parte della componente cristiana della popolazione irachena, se non verranno prese in considerazione le richieste sollevate in seno a tale componente e volte a tutelare gli spazi di rappresentanza politica garantiti a candidati cristiani in Parlamento e nelle istituzioni politiche nazionali e locali dalle stesse leggi elettorali attualmente in vigore.
I Vescovi che compongono il cosiddetto “Consiglio di Ninive” hanno espresso le loro preoccupazioni in una dichiarazione lunga e articolata, indirizzata in particolare ai rappresentanti istituzionali del Parlamento iracheno.
Al centro dell’iniziativa dell’organismo ecumenico c’è la sempre più controversa questione delle “quote” di seggi parlamentari riservate a componenti minoritarie della popolazione irachena.
L’Iraq - si legge nel testo firmato dai Vescovi - si contraddistingue per la sua pluralità etnica e religiosa, che comprende anche la componente cristiana. La legge elettorale in vigore prevede che cinque seggi del Parlamento siano riservati a candidati appartenenti alle comunità cristiane autoctone, affinché le esigenze della componente cristiana trovino espressione nell’esercizio del potere legislativo. Ma il voto per eleggere i candidati destinati a occupare i seggi riservati alla componente cristiana non è esercitato in via esclusiva da elettori cristiani. Anche i non cristiani possono votare per assegnare i 5 seggi che in teoria dovrebbero essere riservati alla componente cristiana. In questo modo, le forze politiche maggioritarie riescono a pilotare anche l’assegnazione delle quote di seggi riservate alle componenti minoritarie, cristiani compresi. Per questo – si legge nella dichiarazione dei Vescovi - i candidati finiscono per non rappresentare davvero a livello politico le istanze e gli interessi legittimi delle comunità cristiane irachene.
La proposta concreta delineata nella dichiarazione sottoscritta dai Vescovi del “Consiglio di Ninive”, appartenenti a diverse Chiese, è quella di istituire un Registro di elettrici e elettori cristiani abilitati a esprimere il proprio voto per assegnare i cinque seggi parlamentari riservati alla componente cristiana. L’istituzione di un tale registro – scrivono i Vescovi – sarebbe in piena armonia con la Costituzione irachena e con i pronunciamenti della Corte Suprema riguardo alle procedure elettorali. Se invece le legittime richieste provenienti dalle comunità cristiane autoctone non verranno ascoltate, i figli della componente cristiana si troveranno davanti a due possibili scelte: la prima è “quella di chiedere la cancellazione della quota di seggi loro riservata nell’attuale legge elettorale”, per impedire che anche quei seggi riservati a candidati cristiani vengano di fatto occupati da persone che non rappresentano effettivamente le esigenze delle comunità cristiane irachene. In alternativa, se la richiesta di istituzione di un registro elettorale specifico, non resta che la via del boicottaggio elettorale.
La dichiarazione è stata sottoscritta dal domenicano Najib Mikhael Moussa, Arcivescovo caldeo di Musul, da Mar Nicodemus Daoud Matti Sharaf, Vescovo siro ortodosso di Mosul, da mar Isaac Yousif, Vescovo della Chiesa assira d’Oriente, da Mar Benedictos Younan Hano, Arcivescovo siro cattolico di Mosul, e da Mar Chamoun Daniel, Vescovo della Antica Chiesa d’Oriente. Dopo le elezioni legislative del 10 ottobre 2021, come già riferito dall’Agenzia Fides, polemiche e tensioni erano già emerse intorno alla distribuzione e alla modalità di assegnazione dei seggi riservati a candidati cristiani. Allora, le obiezioni più esplicite ai risultati della tornata elettorale erano arrivate dall’ex parlamentare cristiano Joseph Sliwa, spintosi a dichiarare che i cinque nuovi parlamentari aggiudicatari dei seggi di tale quota non rappresentano i cristiani iracheni, visto che a suo dire il 90% dei voti espressi a loro favore in realtà non erano arrivati da elettori cristiani. L’accusa, emersa già in occasione delle elezioni politiche irachene del 2018, chiama in causa formazioni politiche maggiori, di matrice sciita e curda, che secondo i critici, nelle ultime tornate elettorali, avrebbero dirottato una parte dei propri voti sui candidati in corsa per la conquista dei seggi riservati ai cristiani, in modo da piazzare in quei seggi dei parlamentari totalmente allineati alle proprie strategie politiche.
Nel 2021, alle accuse di Sliwa aveva risposto Evan Faeq Yakoub Jabro, ex ministra per i rifugiati e le migrazioni nel governo uscente guidato da Mustafa al Kadhimi, eletta con quasi 11mila preferenze al nuovo Parlamento nelle file del “Movimento Babilonia”, la quale aveva difeso la trasparenza del processo elettorale. Alle elezione del 2021, proprio il “Movimento Babilonia” aveva ottenuto ben 4 dei 5 seggi riservati a candidati cristiani dal sistema elettorale nazionale. Il Movimento Babilonia è nato come proiezione politica delle cosiddette “Brigate Babilonia”, milizia armata formatasi nel contesto delle operazioni militari contro i jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) che portarono alla riconquista delle aree nord-irachene cadute nelle mani jihadiste nel 2014. Guidate da Ryan al Kildani (Ryan “il caldeo”), le “Brigate Babilonia” avevano sempre rivendicato la propria etichetta di milizia composta da cristiani, anche se risultava documentato il loro collegamento con milizie sciite filo-iraniane come le Unità di Protezione popolare (Hashd al Shaabi). Anche la sigla politica del “Movimento Babilonia” viene considerata vicina alla “Organizzazione Badr”, movimento politico che alle elezioni era confluito nella Alleanza Fatah, cartello che raggruppava nove sigle e organizzazioni sciite di orientamento filo-iraniano.
I Vescovi delle Chiese presenti a Mosul e nella Piana di Ninive, con una iniziativa eclatante, hanno annunciato il possibile boicottaggio delle prossime tornate elettorali da parte della componente cristiana della popolazione irachena, se non verranno prese in considerazione le richieste sollevate in seno a tale componente e volte a tutelare gli spazi di rappresentanza politica garantiti a candidati cristiani in Parlamento e nelle istituzioni politiche nazionali e locali dalle stesse leggi elettorali attualmente in vigore.
I Vescovi che compongono il cosiddetto “Consiglio di Ninive” hanno espresso le loro preoccupazioni in una dichiarazione lunga e articolata, indirizzata in particolare ai rappresentanti istituzionali del Parlamento iracheno.
Al centro dell’iniziativa dell’organismo ecumenico c’è la sempre più controversa questione delle “quote” di seggi parlamentari riservate a componenti minoritarie della popolazione irachena.
L’Iraq - si legge nel testo firmato dai Vescovi - si contraddistingue per la sua pluralità etnica e religiosa, che comprende anche la componente cristiana. La legge elettorale in vigore prevede che cinque seggi del Parlamento siano riservati a candidati appartenenti alle comunità cristiane autoctone, affinché le esigenze della componente cristiana trovino espressione nell’esercizio del potere legislativo. Ma il voto per eleggere i candidati destinati a occupare i seggi riservati alla componente cristiana non è esercitato in via esclusiva da elettori cristiani. Anche i non cristiani possono votare per assegnare i 5 seggi che in teoria dovrebbero essere riservati alla componente cristiana. In questo modo, le forze politiche maggioritarie riescono a pilotare anche l’assegnazione delle quote di seggi riservate alle componenti minoritarie, cristiani compresi. Per questo – si legge nella dichiarazione dei Vescovi - i candidati finiscono per non rappresentare davvero a livello politico le istanze e gli interessi legittimi delle comunità cristiane irachene.
La proposta concreta delineata nella dichiarazione sottoscritta dai Vescovi del “Consiglio di Ninive”, appartenenti a diverse Chiese, è quella di istituire un Registro di elettrici e elettori cristiani abilitati a esprimere il proprio voto per assegnare i cinque seggi parlamentari riservati alla componente cristiana. L’istituzione di un tale registro – scrivono i Vescovi – sarebbe in piena armonia con la Costituzione irachena e con i pronunciamenti della Corte Suprema riguardo alle procedure elettorali. Se invece le legittime richieste provenienti dalle comunità cristiane autoctone non verranno ascoltate, i figli della componente cristiana si troveranno davanti a due possibili scelte: la prima è “quella di chiedere la cancellazione della quota di seggi loro riservata nell’attuale legge elettorale”, per impedire che anche quei seggi riservati a candidati cristiani vengano di fatto occupati da persone che non rappresentano effettivamente le esigenze delle comunità cristiane irachene. In alternativa, se la richiesta di istituzione di un registro elettorale specifico, non resta che la via del boicottaggio elettorale.
La dichiarazione è stata sottoscritta dal domenicano Najib Mikhael Moussa, Arcivescovo caldeo di Musul, da Mar Nicodemus Daoud Matti Sharaf, Vescovo siro ortodosso di Mosul, da mar Isaac Yousif, Vescovo della Chiesa assira d’Oriente, da Mar Benedictos Younan Hano, Arcivescovo siro cattolico di Mosul, e da Mar Chamoun Daniel, Vescovo della Antica Chiesa d’Oriente. Dopo le elezioni legislative del 10 ottobre 2021, come già riferito dall’Agenzia Fides, polemiche e tensioni erano già emerse intorno alla distribuzione e alla modalità di assegnazione dei seggi riservati a candidati cristiani. Allora, le obiezioni più esplicite ai risultati della tornata elettorale erano arrivate dall’ex parlamentare cristiano Joseph Sliwa, spintosi a dichiarare che i cinque nuovi parlamentari aggiudicatari dei seggi di tale quota non rappresentano i cristiani iracheni, visto che a suo dire il 90% dei voti espressi a loro favore in realtà non erano arrivati da elettori cristiani. L’accusa, emersa già in occasione delle elezioni politiche irachene del 2018, chiama in causa formazioni politiche maggiori, di matrice sciita e curda, che secondo i critici, nelle ultime tornate elettorali, avrebbero dirottato una parte dei propri voti sui candidati in corsa per la conquista dei seggi riservati ai cristiani, in modo da piazzare in quei seggi dei parlamentari totalmente allineati alle proprie strategie politiche.
Nel 2021, alle accuse di Sliwa aveva risposto Evan Faeq Yakoub Jabro, ex ministra per i rifugiati e le migrazioni nel governo uscente guidato da Mustafa al Kadhimi, eletta con quasi 11mila preferenze al nuovo Parlamento nelle file del “Movimento Babilonia”, la quale aveva difeso la trasparenza del processo elettorale. Alle elezione del 2021, proprio il “Movimento Babilonia” aveva ottenuto ben 4 dei 5 seggi riservati a candidati cristiani dal sistema elettorale nazionale. Il Movimento Babilonia è nato come proiezione politica delle cosiddette “Brigate Babilonia”, milizia armata formatasi nel contesto delle operazioni militari contro i jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) che portarono alla riconquista delle aree nord-irachene cadute nelle mani jihadiste nel 2014. Guidate da Ryan al Kildani (Ryan “il caldeo”), le “Brigate Babilonia” avevano sempre rivendicato la propria etichetta di milizia composta da cristiani, anche se risultava documentato il loro collegamento con milizie sciite filo-iraniane come le Unità di Protezione popolare (Hashd al Shaabi). Anche la sigla politica del “Movimento Babilonia” viene considerata vicina alla “Organizzazione Badr”, movimento politico che alle elezioni era confluito nella Alleanza Fatah, cartello che raggruppava nove sigle e organizzazioni sciite di orientamento filo-iraniano.