"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

14 luglio 2021

Nassiriya, card. Sako: ‘Tristezza e dolore’ per il rogo al reparto Covid


La Chiesa caldea e il suo patriarca, il card. Louis Raphael Sako, esprimono “profonda tristezza e dolore per il tragico incidente” all’imam Hussein Teaching Hospital di Nassiriya “dove più di 90 persone sono morte e molte altre rimaste ferite”. 
È quanto sottolinea in una nota, inviata ad AsiaNews, il primate caldeo commentando il rogo divampato nel reparto Covid del nosocomio della città nel sud dell’Iraq, a pochi mesi di distanza da un fatto analogo avvenuto in una struttura della capitale. “La Chiesa - prosegue il porporato - nel porgere le condoglianze e la solidarietà ai familiari delle vittime, esprime vicinanza e preghiera affinché Dio conceda alle vittime la sua vasta misericordia”.
Per i vertici della Chiesa irachena l’auspicio è che “questa catastrofe nazionale” possa “risvegliare le coscienze” dei funzionari e amministratori del Paese, perché “siano liberi da assurde lotte” che finiscono per dividere. Questo, aggiunge, è il momento di “fortificarsi, unire le mani e assumersi le responsabilità” per “superare questa fase difficile” e far “rialzare” la nazione in piena “sicurezza, stabilità e garanzia dei servizi, perché tali disastri non si ripetano più in futuro”.
Cordoglio e vicinanza spirituale alle vittime sono espresse anche da papa Francesco che, in un telegramma a firma del segretario di Stato inviato al nunzio apostolico in Iraq, “assicura vicinanza spirituale” a quanti sono stati colpiti “dal tragico incendio”. Il pontefice, operato di recente e che domenica nell’Angelus recitato in ospedale ha sottolineato l’importanza di un sistema sanitario efficiente, “prega in special modo per i morti” e “invoca la benedizione di Dio, consolazione e pace per i familiari, lo staff e i caregivers”.
Il bilancio aggiornato del devastante incendio divampato nella notte fra il 12 e 13 luglio nel reparto Covid provvisorio allestito nei pressi dell’ospedale è salito a 92 morti, oltre un centinaio i feriti, alcuni dei quali in maniera grave. Una prima indagine di polizia e Protezione civile ha rivelato che le fiamme si sono originate da un cablaggio difettoso e hanno investito una bombola di ossigeno, che poi è esplosa provocando la tragedia.
Intanto nel Paese monta la collera dei cittadini, soprattutto dei familiari delle vittime, e in Parlamento infuria la polemica politica che non risparmia le più alte cariche di governo, con accuse diffuse di negligenza e corruzione. Il primo ministro Mustafa al-Kadhimi ha indetto il lutto nazionale, sottolineando che “quanto successo a Nassiriya rappresenta una profonda ferita nella coscienza di tutti gli iracheni”. Egli ha poi disposto l’arresto del direttore provinciale della Sanità, del capo della Protezione civile e del direttore dell’ospedale.
Le squadre di soccorso hanno usato una pesante gru per rimuovere i resti carbonizzati e fusi del reparto Covid andato in fiamme, mentre i parenti assistevano impotenti e disperati alla scena. Almeno una ventina di corpi risultano carbonizzati e potranno essere identificati solo attraverso la prova del Dna. “La maggior parte dei pazienti ricoverati - spiega il dottor Aws Adel - respirava grazie ai ventilatori e non poteva muoversi. Medici e infermieri, invece, sono riusciti a fuggire”. Un medico dell’ospedale, interpellato dalla Reuters, ha confermato dietro anonimato l’assenza dei sistemi di sicurezza, compreso un sistema anti-incendio in grado di estinguere le fiamme. “Ci siamo lamentati molte volte negli ultimi tre mesi - conclude il dottore - che una tragedia simile sarebbe potuta succedere in qualsiasi momento, anche per un mozzicone di sigaretta”.