"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

20 luglio 2021

Iraq: festa di Eid al Adha. Card. Sako (patriarca), “stare uniti e cooperare per il bene del Paese”


Foto Patriarcato Caldeo
“Abbiamo due opzioni: stare uniti e cooperare in modo che il nostro Paese possa riprendersi pienamente, o continuare i nostri conflitti e aprire la porta all’inferno, Dio non voglia”:
è il monito del card. Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, nel messaggio inviato ai “fratelli islamici” per la festa di Eid al Adha, “Festa del Sacrificio” di domani 21 luglio.
Un messaggio che si carica di significato anche alla luce della strage, rivendicata dall’Isis, avvenuta nel tardo pomeriggio di ieri al mercato popolare di al-Woheilat (Wuyelat) di Sadr City, quartiere sciita nella parte orientale di Baghdad.
Almeno 35 le vittime, tra cui donne e bambini. Oltre 60 i feriti.
Il patriarca invita a gli iracheni “a lavorare per il bene” soprattutto adesso che il Paese vive “in difficili condizioni politiche, di sicurezza, economiche e sanitarie che mettono sotto pressione gli individui e la stabilità sociale. Chiedo agli iracheni di rispettare i buoni valori umani, nazionali e morali e di unirsi per liberare il loro Paese dalla corruzione e dai conflitti. È un dilemma morale ed etico piuttosto che politico ed economico”.
In questi giorni il patriarca è in visita in Kurdistan dove sta incontrando le massime autorità del Governo regionale e il clero locale.
Questa mattina Mar Sako ha celebrato la messa ad Erbil, per il ritiro spirituale del clero. Nell’omelia ha chiesto di pregare per i musulmani che festeggiano l’Eid al-Adha, per la pace e la stabilità in Iraq e per la Chiesa.
Quest’ultima, ha ribadito il cardinale, è chiamata a costruire “ponti, non muri. La Chiesa non può restare chiusa in se stessa, ristagnerebbe e morirebbe”.
Pertanto, vescovi e sacerdoti “devono essere padri e fratelli delle nostre comunità e non padroni, dobbiamo amarle e servirle con imparzialità e umiltà”.