"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

21 luglio 2021

Incontri ecumenici per rilanciare il Consiglio dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese presenti in Iraq


Foto Patriarcato Caldeo
Una delegazione della Chiesa caldea, guidata dal Patriarca e Cardinale Louis Raphael Sako, ha realizzato a Erbil una serie di incontri con rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Iraq, nel tentativo di avviare un processo volto a riqualificare e rilanciare strumenti di contatto e organismi ecumenici “congelati” da anni in uno stato di sostanziale inerzia. Il Patriarca Sako, con alcuni suoi collaboratori, ha incontrato tra gli altri Mor Nicodemus Daoud Matti Sharaf, Arcivescovo siro ortodosso di Mosul, l’Arcivescovo Nathanael Nizar Samaan, alla guida della diocesi siro cattolica di Hadiab (Kurdistan iracheno) e rappresentanti della Chiesa Assira d’Oriente. 
Negli incontri – riferiscono le fonti accreditate del Patriarcato caldeo – gli esponenti delle diverse Chiese si sono soffermati in particolare sulla necessità di trovare nuove vie di cooperazione fraterna, alla luce delle tante emergenze che affliggono il popolo iracheno e rappresentano il contesto reale in cui le comunità ecclesiali sono chiamate a confessare la stessa fede in Cristo. 
Gli incontri hanno rappresentato un primo passo del processo volto a rilanciare il ruolo del Concilio dei Capi delle Chiese presenti in Iraq, organismo ecumenico costituitosi a partire dal 2006, che negli ultimi anni è entrato in una fase di sostanziale afasia e latitanza. 
A giugno, come riferito dall’Agenzia Fides, il Patriarca Sako aveva pubblicato un intervento centrato sulle relazioni ecumeniche in cui sottolineava tra l’altro che il cammino per ricomporre la piena unità tra Chiese e comunità ecclesiali “non è così facile come qualcuno immagina”. In quel testo, il Porporato iracheno riconosceva che la questione del cammino per ricomporre la piena unità sacramentale tra i battezzati rappresenta una “questione complessa” che non può essere trattata con supponenza o sentimentalismo. Le Chiese e le comunità ecclesiali - riconosceva il Patriarca – non possono essere unificate in maniera forzosa, e non possono nemmeno essere spogliate delle loro singole identità “per decreto”, perché “la Chiesa non è una mera entità amministrativa”, ma una realtà intimamente connotata dalla sua propria, inconfondibile natura spirituale. Il modello storico e ideale a cui guardare – sottolineava Sako, proseguendo la sua riflessione – rimane quello della Chiesa nascente, raccontato negli Atti degli Apostoli. In quell’inizio – faceva notare il Cardinale iracheno – l’unità dei battezzati era non un obiettivo ideale da raggiungere attraverso sforzi e stratagemmi umani, ma fioriva come effetto gratuito della fede e della carità che animavano i cuori raggiunti dalla grazia di Cristo. Nel suo intervento, il Patriarca caldeo aveva anche deplorato l’immobilismo che, a suo giudizio, connota gli organismi ecumenici e i contatti inter-ecclesiali nel suo Paese, chiamando in causa proprio la stagione di appannamento attraversata negli ultimi anni dal Consiglio dei patriarchi e dei capi delle Chiese in Iraq, resa evidente anche dal paragone con la vivacità operativa di organismi analoghi presenti in Egitto, Giordania e Libano.