By Fides
Foto Patriarcato Caldeo |
Negli incontri – riferiscono le fonti accreditate del Patriarcato caldeo – gli esponenti delle diverse Chiese si sono soffermati in particolare sulla necessità di trovare nuove vie di cooperazione fraterna, alla luce delle tante emergenze che affliggono il popolo iracheno e rappresentano il contesto reale in cui le comunità ecclesiali sono chiamate a confessare la stessa fede in Cristo.
Gli incontri hanno rappresentato un primo passo del processo volto a rilanciare il ruolo del Concilio dei Capi delle Chiese presenti in Iraq, organismo ecumenico costituitosi a partire dal 2006, che negli ultimi anni è entrato in una fase di sostanziale afasia e latitanza.
A giugno, come riferito dall’Agenzia Fides, il Patriarca Sako aveva pubblicato un intervento centrato sulle relazioni ecumeniche in cui sottolineava tra l’altro che il cammino per ricomporre la piena unità tra Chiese e comunità ecclesiali “non è così facile come qualcuno immagina”. In quel testo, il Porporato iracheno riconosceva che la questione del cammino per ricomporre la piena unità sacramentale tra i battezzati rappresenta una “questione complessa” che non può essere trattata con supponenza o sentimentalismo. Le Chiese e le comunità ecclesiali - riconosceva il Patriarca – non possono essere unificate in maniera forzosa, e non possono nemmeno essere spogliate delle loro singole identità “per decreto”, perché “la Chiesa non è una mera entità amministrativa”, ma una realtà intimamente connotata dalla sua propria, inconfondibile natura spirituale. Il modello storico e ideale a cui guardare – sottolineava Sako, proseguendo la sua riflessione – rimane quello della Chiesa nascente, raccontato negli Atti degli Apostoli. In quell’inizio – faceva notare il Cardinale iracheno – l’unità dei battezzati era non un obiettivo ideale da raggiungere attraverso sforzi e stratagemmi umani, ma fioriva come effetto gratuito della fede e della carità che animavano i cuori raggiunti dalla grazia di Cristo. Nel suo intervento, il Patriarca caldeo aveva anche deplorato l’immobilismo che, a suo giudizio, connota gli organismi ecumenici e i contatti inter-ecclesiali nel suo Paese, chiamando in causa proprio la stagione di appannamento attraversata negli ultimi anni dal Consiglio dei patriarchi e dei capi delle Chiese in Iraq, resa evidente anche dal paragone con la vivacità operativa di organismi analoghi presenti in Egitto, Giordania e Libano.