Cardinale Louis Raffaele Sako
Si è diffusa grandemente in arabo tra i nostri preti il testo dell’intervista attribuita al card. Robert Sarah, prefetto della Congregazione del Culto Divino della chiesa cattolica, pubblicata nel sito Daily compass.*
Non avendo potuto accertarmi del grado di certezza di tale intervista, e dato che si è diffusa tra il nostro clero causando una certa confusione, vorrei chiarire quanto segue:
I cambiamenti avvenuti ora sono momentanei, imposti dalla diffusione della pandemia del coronavirus: sospensione della preghiera comunitaria e della messa a motivo delle misure di “confinamento domestico” e della “distanza sociale”.
In queste situazioni le persone lavorano a casa con il computer, lo studente continua la studio a casa con il computer e il fedele prega in casa.
Tali comportamenti sono comuni a tutte le religioni: le autorità islamiche hanno sospeso la preghiera comunitaria nelle moschee perfino nel mese di Ramadan e nella festa della fine del digiuno.
La pandemia del coronavirus ha creato una situazione positiva di solidarietà umana, e la gente è pronta a combattere il dolore e le sue cause nella propria vita e nella vita della società.
È quanto constatiamo nella dedizione dei medici, dei sacerdoti, dei volontari e del personale di servizio. La diffusione della Messa tramite streaming (sorgente audio/video) o tramite TV nelle chiese è un mezzo che aiuta i fedeli alla partecipazione e li riempie di consolazione e di fiducia in mezzo alle loro paure. C’è rispetto per questa partecipazione: è quanto percepiamo dai commenti dei fedeli. Essi desiderano venire alle loro chiese parrocchiali e ricevere la santa comunione. Trovano in tale esperienza eccezionale un’occasione che li aiuta ad essere più vicini a Cristo e alla spirito del Vangelo.
Questo cambiamento eccezionale necessario nella crisi del coronavirus non ha nessuna relazione con il supermarket. Noi seguiamo i nostri sacerdoti e curiamo il collegamento con loro e la loro guida. Nella cappella del patriarcato celebriamo la Messa con quattro suore, due vescovi coadiutori, con un sacerdote e con me. In verità questa messa è il centro della nostra vita giornaliera, ne attendiamo con impazienza la celebrazione: essa ci riempie il cuore di fede, di fiducia e di gioia. Non guardiamo alla videocamera e allo schermo, ma miriamo agli elementi del pane e del vino che sono trasformati dallo Spirito Santo, tramite la nostra fede e la nostra orazione, nel corpo e nel sangue di Cristo. E i fedeli che ci seguono tramite lo schermo pregano con devozione con noi, ripetono con noi le orazioni e i canti, e affermano ripetutamente che desiderano ricevere la comunione. È una spiritualità molto positiva, la chiesa deve trarne vantaggio e deve rivedere il modo di celebrare i sacramenti. Nessuno nega che l’eucaristia è un dono di Dio per noi, ma trarre profitto da questo dono è legato a situazioni difficili imposte dalla pandemia del coronavirus.
Queste situazioni hanno creato nei fedeli una vita orante! La presenza di Cristo è una presenza sacramentale, che si compie tramite la fede della chiesa e la potenza dello Spirito Santo, non è una presenza biologica.
L’identità del sacerdote e la sua spiritualità non sono cose magiche-pronte, ma sono fede e convinzione che maturano e crescono in maniera continua tramite la formazione permanente. Questo è il compito dei vescovi.
Dare la comunione nella mano non è una novità, ma una tradizione antica nella chiesa: molti Padri ne parlano, come S. Efrem, e la maggioranza delle chiese ortodosse segue tale prassi.
Certamente occorre rispettare il desiderio di chi chiede la comunione, ma ci sono provvedimenti preventivi che i sacerdoti devono osservare. Spiegare in modo superficiale tali provvedimenti non è audacia ed eroismo.
In base a questi dati, prego i nostri vescovi e i nostri sacerdoti di non lasciarsi impressionare in fretta da argomentazioni contrarie a questi provvedimenti, che sono momentanei.
La chiesa, dopo la fine della pandemia del coronavirus, deve rivedere queste cose con volontà fiduciosa e visione chiara per aiutare i fedeli a chiarire questi argomenti, a assimilarli, a riceverli, per vivere la loro fede nella vita giornaliera.
Si è diffusa grandemente in arabo tra i nostri preti il testo dell’intervista attribuita al card. Robert Sarah, prefetto della Congregazione del Culto Divino della chiesa cattolica, pubblicata nel sito Daily compass.*
Non avendo potuto accertarmi del grado di certezza di tale intervista, e dato che si è diffusa tra il nostro clero causando una certa confusione, vorrei chiarire quanto segue:
I cambiamenti avvenuti ora sono momentanei, imposti dalla diffusione della pandemia del coronavirus: sospensione della preghiera comunitaria e della messa a motivo delle misure di “confinamento domestico” e della “distanza sociale”.
In queste situazioni le persone lavorano a casa con il computer, lo studente continua la studio a casa con il computer e il fedele prega in casa.
Tali comportamenti sono comuni a tutte le religioni: le autorità islamiche hanno sospeso la preghiera comunitaria nelle moschee perfino nel mese di Ramadan e nella festa della fine del digiuno.
La pandemia del coronavirus ha creato una situazione positiva di solidarietà umana, e la gente è pronta a combattere il dolore e le sue cause nella propria vita e nella vita della società.
È quanto constatiamo nella dedizione dei medici, dei sacerdoti, dei volontari e del personale di servizio. La diffusione della Messa tramite streaming (sorgente audio/video) o tramite TV nelle chiese è un mezzo che aiuta i fedeli alla partecipazione e li riempie di consolazione e di fiducia in mezzo alle loro paure. C’è rispetto per questa partecipazione: è quanto percepiamo dai commenti dei fedeli. Essi desiderano venire alle loro chiese parrocchiali e ricevere la santa comunione. Trovano in tale esperienza eccezionale un’occasione che li aiuta ad essere più vicini a Cristo e alla spirito del Vangelo.
Questo cambiamento eccezionale necessario nella crisi del coronavirus non ha nessuna relazione con il supermarket. Noi seguiamo i nostri sacerdoti e curiamo il collegamento con loro e la loro guida. Nella cappella del patriarcato celebriamo la Messa con quattro suore, due vescovi coadiutori, con un sacerdote e con me. In verità questa messa è il centro della nostra vita giornaliera, ne attendiamo con impazienza la celebrazione: essa ci riempie il cuore di fede, di fiducia e di gioia. Non guardiamo alla videocamera e allo schermo, ma miriamo agli elementi del pane e del vino che sono trasformati dallo Spirito Santo, tramite la nostra fede e la nostra orazione, nel corpo e nel sangue di Cristo. E i fedeli che ci seguono tramite lo schermo pregano con devozione con noi, ripetono con noi le orazioni e i canti, e affermano ripetutamente che desiderano ricevere la comunione. È una spiritualità molto positiva, la chiesa deve trarne vantaggio e deve rivedere il modo di celebrare i sacramenti. Nessuno nega che l’eucaristia è un dono di Dio per noi, ma trarre profitto da questo dono è legato a situazioni difficili imposte dalla pandemia del coronavirus.
Queste situazioni hanno creato nei fedeli una vita orante! La presenza di Cristo è una presenza sacramentale, che si compie tramite la fede della chiesa e la potenza dello Spirito Santo, non è una presenza biologica.
L’identità del sacerdote e la sua spiritualità non sono cose magiche-pronte, ma sono fede e convinzione che maturano e crescono in maniera continua tramite la formazione permanente. Questo è il compito dei vescovi.
Dare la comunione nella mano non è una novità, ma una tradizione antica nella chiesa: molti Padri ne parlano, come S. Efrem, e la maggioranza delle chiese ortodosse segue tale prassi.
Certamente occorre rispettare il desiderio di chi chiede la comunione, ma ci sono provvedimenti preventivi che i sacerdoti devono osservare. Spiegare in modo superficiale tali provvedimenti non è audacia ed eroismo.
In base a questi dati, prego i nostri vescovi e i nostri sacerdoti di non lasciarsi impressionare in fretta da argomentazioni contrarie a questi provvedimenti, che sono momentanei.
La chiesa, dopo la fine della pandemia del coronavirus, deve rivedere queste cose con volontà fiduciosa e visione chiara per aiutare i fedeli a chiarire questi argomenti, a assimilarli, a riceverli, per vivere la loro fede nella vita giornaliera.