By Asia News
I cristiani di Mosul e della piana di Ninive si apprestano a vivere “una Quaresima di solidarietà”, questa è infatti “la parola chiave” che “ispira” gesti e azioni dei fedeli “attenti non solo alla realtà locale, ma a tutto il Paese”. È quanto racconta ad AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, responsabile della comunità cristiana a Karamles, nella piana di Ninive, nel nord dell’Iraq, secondo cui “la gente riempie le chiese” durante le “celebrazioni e i momenti di incontro per rafforzare i legami e superare le divisioni”.
I cristiani di Mosul e della piana di Ninive si apprestano a vivere “una Quaresima di solidarietà”, questa è infatti “la parola chiave” che “ispira” gesti e azioni dei fedeli “attenti non solo alla realtà locale, ma a tutto il Paese”. È quanto racconta ad AsiaNews don Paolo Thabit Mekko, responsabile della comunità cristiana a Karamles, nella piana di Ninive, nel nord dell’Iraq, secondo cui “la gente riempie le chiese” durante le “celebrazioni e i momenti di incontro per rafforzare i legami e superare le divisioni”.
Il sacerdote caldeo, da anni impegnato nella cura delle migliaia di
famiglie fuggite nell’estate del 2014 in seguito all’ascesa dello Stato
islamico (SI, ex Isis), oggi in prima linea nell’opera di ricostruzione,
conferma “il grande afflusso di persone” in chiesa e agli incontri. “In
questi giorni - racconta - la priorità è riunire la comunità, superare
le divisioni e rafforzare la solidarietà, soprattutto verso le famiglie
che non hanno nulla o vivono situazioni di debolezza. L’attenzione va
anche a quei nuclei che non sono della zona, ma vivono in altre parti
del Paese”.
“Ogni giorno - prosegue - celebriamo la messa e momenti di preghiera,
la via Crucis, letture e approfondimenti, proposte di gesti collettivi
per tutta la comunità, collette. Chiediamo anche piccole somme, ma che
unite possono diventare di grande aiuto. Riusciamo a creare dei piccoli
fondi per aiutare persone in difficoltà, da chi ha bisogno di cibo a
quanti necessitano di sostegno economico per fronteggiare debiti,
richieste di risarcimenti come in occasione di incidenti stradali o
persone malate che necessitano di cure... la proposta è fare di più in
un’ottica di solidarietà”.
Per quanto riguarda l’opera di ricostruzione “restano ancora molte
case bruciate, altre parzialmente distrutte, altre ancora completamente
demolite. Ma il lavoro prosegue: stiamo per finire - spiega - un centro
comunitario a Karamles, l’obiettivo è inaugurarlo per la Pasqua.
All’interno si terranno attività pastorali, ludiche, catechismo e una
grande aula per le feste, i matrimoni, perché oggi le persone sono
ancora costrette ad andare a Qaraqosh dove gli spazi sono maggiori. Ora,
però, con questa aula non sarà più necessario andare altrove”.
Il (lento) cammino di rinascita abbraccia anche la città di Mosul,
metropoli del nord dell’Iraq per anni roccaforte del Califfato islamico
nel Paese. “Abbiamo una parrocchia a Mosul - racconta don Paolo - dove
ogni domenica celebriamo la messa cui partecipano diverse famiglie, fra
loro alcune rientrate in modo stabile. Le funzioni ora sono regolari,
anche se la gran parte della popolazione cristiana originaria è ancora
lontana. Aspettiamo una svolta nel percorso di rinascita, Mosul resta
una città ancora da ricostruire, con una corruzione molto forte”.
Molti giovani, prosegue il sacerdote, collaborano perché “vi sia
questo cambiamento radicale” e proprio da quella che un tempo era la
roccaforte del jihadismo potrebbe arrivare “un segnale di novità, dal
lavoro ad un nuovo modello di convivenza. Vi sono molti giovani che
vogliono costruire una nuova società, che combatte il fondamentalismo,
multicolore, con etnie e religioni diverse, aperta”. Mosul, prosegue,
“potrà diventare un laboratorio di convivenza fra cristiani e musulmani,
grazie anche al lavoro di organizzazioni e personalità che cercano di
cambiare la mentalità, di unire nella diversità arabi, yazidi,
musulmani, cristiani, etc”.
“Speriamo che questa Quaresima - conclude don Paolo - sia l’inizio di
una nuova tappa per l’Iraq, in cui si possa registrare anche un
cambiamento politico, una lotta vera alla corruzione che ha distrutto il
Paese. Serve un patto comune fra i cittadini perché prevalga una
visione nuova, una vera pace e un cambiamento concreto che aspettiamo
dal 2003 per il pieno sviluppo della nazione”.