By ACI Stampa
Andrea Gagliarducci
Andrea Gagliarducci
“Ricordare dove è nata la cristianità; fare tutti gli sforzi
per aiutare i cristiani a rimanere nelle loro terre; più fatti meno
parole”. Il Patriarca Ignazio Giuseppe III Younan
della Chiesa cattolic sira non usa l’arte della mediazione. E nelle sue
parole c’è l’urgenza di una situazione, quella mediorientale, che
sembra sfuggire di mano, specialmente con i disordini in Libano che mettono a rischio l’unico stato dell’area in cui si è trovata una coesistenza tra le varie religioni.
“I cattolici, la Santa Sede, devono lavorare per
guardare ai popoli del Medio Oriente non come numeri, come opportunità,
ma come persone umane che meritano di vivere in dignità e libertà”.
Prima di andare a Bari per partecipare al forum “Mediterraneo, frontiera di pace”
promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, il patriarca Younan ha
partecipato il 7 febbraio, insieme ad altri patriarchi mediorientali, ad
un incontro con Papa Francesco per discutere della difficile situazione
nella regione. La conversazione parte da qui.
Il Medio Oriente è in una situazione perennemente instabile. Perché?
Sembra un piano per mostrare che convivere tra diverse confessioni
religiose. Guardate cosa sta accadendo in Libano. C’è stata, è vero,
corruzione. Ma si deve riconoscere che il sistema politico del Libano è
il migliore della regione.
Perché avete voluto un colloquio con Papa Francesco?
Per diverse ragioni. Prima di tutto, per parlare della drammatica
situazione in Medio Oriente, in Siria, Iraq e Libano. I leader cristiani
sono coloro che hanno uno sguardo di insieme conoscono anche le
comunità fuori dalla loro terra e comprendono che queste tensioni sono
una minaccia alla sopravvivenza dei cristiani nell’area.
Cosa ha detto Papa Francesco?
Ci ha ascoltato da fratello. Ha detto proprio così: io sono vostro fratello.
Cosa si aspetta ora della Santa Sede?
Mi aspetto che la Santa Sede continui a difendere tutti i cristiani
perseguitati nel Medio Oriente. C’è una situazione politica che non è
promettente per il futuro di quelli che sono in minoranza e non hanno i
mezzi per difendersi e dare sicurezza alla comunità.
Cosa avete detto a Papa Francesco?
Lo abbiamo ringraziato per quello che sta facendo. Gli abbiamo
spiegato che la situazione non è facile a causa della sporca politica
portata avanti da molti politici occidentali, che vedono nella
situazione mediorientale una opportunità per difendere i loro interessi.
Siamo grati a Papa Francesco per quello che fa e gli abbiamo esposto la
situazione delle nostre comunità sia nella loro casa originaria, sia in
diaspora.
Quale è la situazione in Medio Oriente?
I cristiani stanno lasciando la loro casa in Medio Oriente perché non
credono nella situazione, che è guidata da forze opportunistiche. Siamo
stati abbandonati dai politici e siamo stati traditi. Siamo una regione
ricca, eppure siamo stati lasciati indietro. Non è onesto, non è
giusto. Ci ritroviamo soli, siamo minoranze che però deriviamo dagli
annunciatori del Vangelo. Il Medio Oriente è la culla del cristianesimo,
siamo tutte Chiese di fondazione apostolica e antiche sedi. Quello che
sta succedendo è molto triste.
All’inizio del mese, l’amministrazione USA ha presentato il cosiddetto Deal of the Century,
il piano per la pace in Israele, che prevede anche Gerusalemme capitale
di Israele e non della Palestina. Quali sono le vostre reazioni?
Per noi, il piano porta più minacce che soluzioni. È descritto come
un piano di pace, ma non lo è realmente. Le comunità che avevano
maggiore interesse non sono state considerate. Di nuovo, i politici
dell’Occidente non uniscono i loro sforzi per richiedere soluzioni per
israeliani e palestinesi, specialmente allo scopo di preservare i riti
sacri per tutte le soluzioni. Al limite, possiamo dire che il piano ha
il merito di riaprire la questione, e ci saranno nuovi sforzi per fare
in modo che questi popoli vivano insieme.
Cosa si aspetta dall’incontro di Bari?
Che apra gli occhi alle nazioni europee. Guardando fuori dall’Italia,
e alle nazioni mediterranee, i cattolici italiani mostrano tutta la
loro preoccupazione per la sopravvivenza delle comunità cristiane. È la
prima volta che la Chiesa Cattolica Italiana fa un passo del genere per
guardare alla nostra sofferenza e trovare un modo di aiutarci. Non si
parla solo della presenza cristiana, ma delle persone del Mediterraneo.