"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

24 febbraio 2020

Bari, la gratitudine dei vescovi del Mare Nostrum

By Vatican News
Federico Piana
22 febbraio 2020

Chiusi i lavori di Mediterraneo, frontiera di pace, i cinquantotto vescovi e patriarchi del Mediterraneo che hanno partecipato all’evento sinodale esprimono gioia e gratitudine per aver ricevuto la straordinaria possibilità di confrontarsi con liberta e verità con i propri fratelli nella fede. Ognuno di loro sa che da Bari riporterà un bagaglio di consapevolezza maggiore sui temi caldi che stanno interessando tutta l’area mediterranea: dalle guerre al terrorismo, dalle crisi economiche alla devastazione ambientale. Ma, soprattutto, sono convinti che da oggi le cose non saranno più come prima: perché si è messo in moto un cammino sinodale ‘mediterraneo’ che renderà le chiese locali molto più dialoganti, molto più unite nell’azione, meno distanti e indifferenti.


Monsignor Yaldo: far sentire la voce di chi soffre
Di avvenimento provvidenziale, parla monsignor Basel Yaldo, vescovo iracheno ausiliario di Baghdad, che ringrazia con tutto il cuore di aver potuto testimoniare la situazione della sua martoriata comunità cristiana. “Noi abbiamo bisogno – dice - di far ascoltare la voce di questi Paesi che soffrono”. La situazione in Iraq non è facile, ribadisce, ma la speranza non si uccide: “Nella mia nazione adesso la situazione della chiesa è molto difficile, la situazione politica è incerta. Durante i lavori di questo incontro abbiamo chiesto e pregato per la pace, specialmente per Siria e Libano. In Iraq i cristiani sono la minoranza, ma una minoranza davvero  speranzosa”.

Monsignor Fahim: a Bari ci siamo sentiti vicini
Monsignor Botros Fahim Awad Hanna, vescovo di Minya, a Bari è venuto per raccontare dolori e speranze del suo Paese, l’Egitto. “Abbiamo avuto l’occasione di conoscerci meglio tra vescovi e patriarchi per poter fare qualcosa ciascuna chiesa per l’altra, in sostanza essere solidali”.  Ma il confronto è servito anche per denunciare il male e “fare di tutto per promuovere la pace, la fratellanza, i principi umani e cristiani” aggiunge. Anche in Egitto, i cristiani sono una minoranza piena di gioia e speranza: “Dobbiamo ringraziare il Signore – dice il presule – che non sia scoppiata una guerra civile come in alcuni Paesi nostri vicini. Noi abbiamo i problemi che ha ogni minoranza ma riusciamo lo stesso ad esprimere e a vivere la nostra fede e a dare una concreta testimonianza di vita”.