By AgenSIR
Daniele Rocchi
“Una vera sorpresa, del tutto inaspettata. Ringrazio per questo Papa Francesco. Questa nomina è un grande sostegno per tutta la Chiesa irachena, per il nostro Paese, per il popolo che soffre. Farò tutto ciò che è in mio potere per l’Iraq e per gli iracheni, senza distinzione alcuna”.
Daniele Rocchi
“Una vera sorpresa, del tutto inaspettata. Ringrazio per questo Papa Francesco. Questa nomina è un grande sostegno per tutta la Chiesa irachena, per il nostro Paese, per il popolo che soffre. Farò tutto ciò che è in mio potere per l’Iraq e per gli iracheni, senza distinzione alcuna”.
È ancora emozionato Louis-Raphaël I Sako, patriarca
di Babilonia dei Caldei, quando il Sir lo raggiunge telefonicamente
nella capitale irachena. Neanche il tempo di “metabolizzare” la notizia
della sua creazione a cardinale, data da Papa Francesco, dopo il Regina
Coeli in piazza San Pietro, insieme ad altri 13 nuovi porporati. Tra i
nomi che riceveranno la berretta rossa dalle mani di Papa Francesco
durante il Concistoro del 29 giugno: Luis Ladaria Ferrer, prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede; Angelo De Donatis, vicario di
Roma; Giovanni Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato; Konrad Kraiewski, elemosiniere apostolico; Joseph Coutts, arcivescovo di
Karachi; Antonio dos Santos Marto, vescovo di Leiria-Fatima; Pedro
Ricardo Barreto Jimeno, arcivescovo di Huancayo; Désiré Tsarahazana,
arcivescovo di Toamasina; Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, e
Thomas Aquino Manyo Maeda, arcivescovo di Osaka.Chiesa di martiri.
Dopo Emmanuel III Delly, creato e pubblicato cardinale nel concistoro del 24 novembre 2007 da Benedetto XVI, la Chiesa irachena torna così ad avere una nuova porpora cardinalizia, “confinante” con quella siriana del nunzio apostolico Mario Zenari. E il neo porporato non manca di sottolinearlo:
Dopo Emmanuel III Delly, creato e pubblicato cardinale nel concistoro del 24 novembre 2007 da Benedetto XVI, la Chiesa irachena torna così ad avere una nuova porpora cardinalizia, “confinante” con quella siriana del nunzio apostolico Mario Zenari. E il neo porporato non manca di sottolinearlo:
“Papa Francesco con questa decisione ha voluto ancora una
volta, così come era stato per il nunzio in Siria, il card. Mario
Zenari, esprimere la sua vicinanza ad una terra macchiata da sangue
innocente, dove i cristiani sono stati oggetto di tanta violenza”.
Il pensiero di Mar Sako corre a “tutti coloro che sono stati uccisi
in odio alla fede”, come mons. Paul Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul,
padre Ragheed Ganni e i loro compagni, il cui martirio dona “valori
spirituali che riempiono la nostra vita di speranza, dignità umana,
tolleranza e pace”, valori che “aiuteranno la nostra nazione a rialzarsi
e a liberarsi da ogni forma di terrorismo, uccisioni, distruzioni per
godere di sicurezza, stabilità, prosperità economica e sociale”. Parole
che Mar Sako aveva già usato nel suo messaggio scritto per la
commemorazione dei martiri caldei, celebrata il 6 aprile scorso.
“Noi cristiani – aggiunge il neo porporato – non abbiamo spade,
ma solo le armi della pace, della preghiera, della convivenza
armoniosa. La nostra vocazione è perdonare settanta volte sette, vale a
dire sempre. Siamo chiamati ad essere artigiani di pace, costruttori di
speranza e di dialogo. I nostri fratelli musulmani apprezzano questa
nostra cultura di pace”.
La telefonata di Moqtada al Sadr.
“Papa Francesco ha sempre detto di voler andare dove c’è bisogno. Per ora non può venire qui da noi ma con la nomina di un cardinale per l’Iraq, così come è stato per la Siria, il Santo Padre si rende vicino a tutti noi per sostenere gli iracheni, cristiani e non, che soffrono” afferma il patriarca caldeo. Il messaggio insito in questa nomina, aggiunge il patriarca, è chiaro:
“Papa Francesco ha sempre detto di voler andare dove c’è bisogno. Per ora non può venire qui da noi ma con la nomina di un cardinale per l’Iraq, così come è stato per la Siria, il Santo Padre si rende vicino a tutti noi per sostenere gli iracheni, cristiani e non, che soffrono” afferma il patriarca caldeo. Il messaggio insito in questa nomina, aggiunge il patriarca, è chiaro:
“Basta sangue, basta guerre, è tempo di riconciliarsi”.
Un assist al mondo politico iracheno, reduce dal voto del 12 maggio
scorso. “Speriamo che le recenti elezioni possano far nascere un governo
capace di riconciliare le diverse anime del nostro Paese così da
camminare uniti verso la pace, la stabilità e il progresso sociale ed
economico”. Non è un caso, allora, che tra i primi a congratularsi con
Mar Sako sia stato proprio il vincitore della tornata elettorale, vale a
dire il religioso sciita Moqtada al Sadr.
“Mi ha chiamato al Sadr che ha usato parole che mi hanno
commosso: ‘La pace del Signore sia su di te’. Mi ha anche ribadito che è
pronto ad aiutare e a collaborare con i cristiani” rivela il patriarca
caldeo.
Attestazioni di stima sono arrivate anche “da parte di autorità di
Governo e di leader religiosi musulmani, sciiti e sunniti, come anche da
gente semplice. Tutti – dichiara Mar Sako – mi hanno espresso la loro
gioia dicendo che questa nomina è un dono grande per il nostro Paese, un
infuso di speranza per un futuro migliore. Ma è anche un segno di
vicinanza spirituale alla nostra fede, non solo cristiana, come mi ha
detto un musulmano”.
Il grembiule e la croce.
Forte di questa nomina, la Chiesa irachena prova a rafforzare la sua presenza e a rilanciare la sua azione pastorale, a partire dal ritorno delle comunità cristiane nei villaggi della Piana di Ninive, distrutti dallo Stato Islamico e in via di ricostruzione. A indicare la direzione è il patriarca Sako:
Forte di questa nomina, la Chiesa irachena prova a rafforzare la sua presenza e a rilanciare la sua azione pastorale, a partire dal ritorno delle comunità cristiane nei villaggi della Piana di Ninive, distrutti dallo Stato Islamico e in via di ricostruzione. A indicare la direzione è il patriarca Sako:
“Venerdì scorso ho ordinato quattro nuovi sacerdoti caldei e,
donando loro un grembiule e una croce in legno, li ho esortati a vivere
da servitori del Vangelo. La stessa esortazione che rivolgo non solo ai
sacerdoti ma anche a tutti i fedeli: non cerchiamo potere, denaro, fama.
Seguiamo il Vangelo servendo con gioia il gregge che Gesù ci affida. Un
compito reso ancora più difficile dalla situazione in cui ci troviamo a
vivere.
Deponiamo l’orgoglio, l’ambizione, e facciamoci servi. La Bibbia sia
la luce del nostro cammino. Il grembiule è un simbolo evangelico dal
grande significato. Esso ci esorta a
vivere come servitori e non come autorità.
Vestire il grembiule vuole anche esprimere la semplicità dello stare
vicino alla gente, esserne amico, stare al suo fianco. È con questo
spirito che accolgo la nomina voluta dal Santo Padre”.