By Swissinfo.ch
Frédéric Burnand
Frédéric Burnand
Di fronte alla distruzione deliberata di vestigia
storiche, una decina di città sparse nel mondo hanno firmato la
Dichiarazione di Ginevra per migliorare la protezione del patrimonio
culturale e delle comunità ad esso legate. L'idea è di coinvolgere altre
città in questa rete e di colmare le lacune dei trattati esistenti.
"L'essere umano è unito dal sangue e dalle lacrime, non dalle religioni", dice padre Michaeel Najeeb alla firma della Dichiarazione di Ginevra, nel Palazzo Heynard, sede del municipio della città svizzera.
Rifugiato
a Erbil, nel Kurdistan iracheno, il sacerdote cattolico caldeo sa di
cosa parla: "Quello che faccio da 25 anni è salvare il patrimonio e
anche l'essere umano. Non si possono salvare gli esseri umani senza
salvare la loro storia".
Padre Najeeb è riuscito a salvare dalla
distruzione 8'000 manoscritti, alcuni dei quali del XIII secolo, e circa
40'000 documenti, tra cui i primi libri scritti nell'antica
Mesopotamia. Operando dapprima da Mosul, sua città natale, padre Najeeb è
riuscito a preservare i preziosi documenti dalla furia distruttiva dei
miliziani dell'Isis quando hanno invaso la città irachena nel giugno
2014. Una pericolosa avventura che lo ha portato a Erbil, da dove
continua la sua azione di salvataggio.
Questo lavoro esemplare incarna alla lettera lo spirito della
Dichiarazione di Ginevra: "I patrimoni, le conoscenze e le pratiche ad
essi legati sono obiettivi privilegiati nel mirino di conflitti interni e
internazionali, a causa del loro elevato significato simbolico. Con la
loro distruzione si cerca di raggiungere individui e comunità, persino
interi popoli, al cuore della loro identità, e di cancellare le tracce
della loro esistenza da un territorio".
Anche il sindaco di Mosul
testimonia. Firmatario della Dichiarazione di Ginevra, Zuhait Mohsin Al
Al-A'araji ricorda che "l'Isis aveva un programma metodico di
distruzione del patrimonio storico della città di Mosul. In primo luogo
mirava al patrimonio architettonico, alle moschee, alle chiese: tutto
ciò che mostrava lo splendore della città nel passato".
Mosul, Timbuctù, Diyarbakir, eccetera
Dalla
liberazione di Mosul, la scorsa estate, Zuhait Mohsin Al Al-A'araji ha
lavorato per ricostruire la sua città, compreso il suo patrimonio
storico. L'interesse della Dichiarazione di Ginevra? "Beneficiamo
dell'esperienza di altre città che hanno già sperimentato questo e
possiamo parlarne con i sindaci di tutto il mondo", ha spiegato il
sindaco alla cerimonia della firma.
A Timbuctù, altra firmataria, i
mausolei della Città dei 333 Santi, nel 2012, sono stati presi
d'assalto dagli islamisti dei movimenti AQMI e Ansar Dine. Uno dei loro
leader, Ahmad Al Faqi Al Mahdi, è stato arrestato e processato dalla
Corte penale internazionale (CPI). Questa lo ha condannato
a nove anni di carcere nel settembre 2016 per atti di distruzione del
patrimonio. Una prima nella storia della giustizia internazionale.
Sindaco
della città maliana, Aboubacrine Cissé ha fatto il punto sul restauro
dei venerabili e venerati mausolei: "Questi monumenti sono la vita, sono
le radici. La loro ricostruzione è una rinascita".
Le distruzioni
possono anche essere causate dagli Stati, come ha raccontato un'altra
firmataria della Dichiarazione, Fatma Sik, co-sindaca di Sur, un comune
della regione metropolitana di Diyarbakir nella regione a maggioranza
curda della Turchia. Fatma Sik è stata cacciata nel 2016 da Ankara,
insieme a decine di altri colleghi curdi, in seguito ai nuovi
combattimenti tra l'esercito turco e i ribelli curdi del PKK. Da allora
si è rifugiata in Svizzera.
Arrivando dalla Place des Nations , di fronte alla sede delle Nazioni
Unite a Ginevra, dove lei e altri attivisti curdi dal 19 marzo stanno
attuando uno sciopero della fame, per protestare contro l'offensiva
turca a Afrin, in Siria, Fatma Sik ha precisato che a Sur un centinaio
di edifici storici sono stati distrutti. Una devastazione messa sotto i
riflettori attraverso una mostra a Ginevra.
La
forza della Dichiarazione di Ginevra e dell'alleanza delle città, che i
suoi promotori intendono sviluppare, è quella di collegare la tutela
del patrimonio culturale alle varie comunità che vi abitano. Queste
vestigia del passato costituiscono "risorse essenziali che consentono
loro di esercitare i loro diritti culturali, di sviluppare le loro
capacità di creatività e resistenza e di dialogare al di là delle loro
differenze, condividendo le loro rispettive memorie, per vivere insieme e
costruire il futuro collettivamente", sottolinea la Dichiarazione.
Una lotta universale
La
posta in gioco è palpabile anche nei Paesi in pace, nel Nord come nel
Sud, come scrivono gli autori della dichiarazione: "La distruzione,
legale o illegale, è anche conseguenza di politiche di sviluppo
insostenibili, che non tengono conto né delle aspirazioni né dei diritti
umani degli individui. Per questo motivo i membri del Nord (Ginevra,
Strasburgo, Lund e Vienna) e del Sud si trovano su un piano di parità.
Lontano dal paternalismo che talvolta traspare dalle azioni di tutela
del patrimonio culturale e dai trattati e dalle organizzazioni che le
promuovono."
In ogni caso, questa è la speranza espressa dal padre
di questa iniziativa, il sindaco di Ginevra, Rémy Pagani. Uno spirito al
quale si è associato Zeid Raad al-Hussein, alto Commissario per i
diritti umani, che ha elogiato il suo "approccio innovativo".(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)