“Tante sono le vittime del conflitto: a tutte penso e per tutte prego. Ma non posso sottacere il grave danno alle comunità cristiane in Siria e in Iraq, dove molti fratelli e sorelle sono vessati a causa della propria fede, cacciati dalle proprie terre, tenuti in prigionia o addirittura uccisi”. Nella seconda parte del discorso a “Cor Unum” il Papa si è soffermato sulla tragica situazione in Siria e in Iraq, terre in cui “per secoli le comunità cristiane e quelle musulmane hanno convissuto, sulla base del reciproco rispetto”. “Oggi è la legittimità stessa della presenza dei cristiani e di altre minoranze religiose ad essere negata in nome di un fondamentalismo violento che rivendica un’origine religiosa”, ha ammonito Francesco citando Benedetto XVI: “Eppure, alle tante aggressioni e persecuzioni che oggi subisce in quei Paesi, la Chiesa risponde testimoniando Cristo con coraggio, attraverso la presenza umile e fervida, il dialogo sincero e il servizio generoso a favore di chiunque soffra o abbia bisogno, senza alcuna distinzione”.
"In Siria e in Iraq, il male distrugge gli edifici e le infrastrutture, ma soprattutto la coscienza dell’uomo”, il grido d’allarme del Papa: “Nel nome di Gesù, venuto nel mondo per sanare le ferite dell’umanità, la Chiesa si sente chiamata a rispondere al male col bene, promuovendo uno sviluppo umano integrale, occupandosi di ogni uomo e di tutto l’uomo”, come raccomanda Paolo VI nella “Populorum Progressio”. “Per rispondere a questa difficile chiamata - la tesi di Francesco - è necessario che i cattolici rafforzino la collaborazione intra-ecclesiale e i legami di comunione che li uniscono alle altre comunità cristiane, cercando anche la collaborazione con le istituzioni umanitarie internazionali e con tutti gli uomini di buona volontà”. “Per favore: non abbandonate le vittime di questa crisi, anche se l’attenzione del mondo venisse meno!”, l’esortazione finale del Papa.