By La Stampa - Vatican Insider
Giacomo Galeazzi
Giacomo Galeazzi
“Va sempre peggio per noi cristiani e per le altre minoranze religiose. La situazione in Iraq si aggrava ogni giorno”. A lanciare il grido d’allarme per l’escalation di violenze e persecuzioni scatenata dal Califfato e dal fondamentalismo islamico è Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei.
Un anno dopo la proclamazione del Califfato da parte di Abu Bakr al Baghdadi, lo Stato islamico sta acquistando forza e terreno, espandendosi oltre i confini di Iraq e Siria. Manca una strategia efficace da parte della comunità internazionale?
“Sì. Pur in condizioni disperate, il nostro impegno sul territorio è quello di preservare spazi di dialogo. Al bene comune serve il buon senso. E invece purtroppo sta prendendo sempre più campo il fanatismo e per questo va tutto male”.
Quale argine può fermare l’avanzata dei jihadisti?
“Solo una reazione dei sunniti moderati. I fondamentalisti fanatici agli ordini di al-Baghdadi non hanno mai letto le Sacre Scritture altrimenti saprebbero che Dio è misericordioso. Il mio appello è rivolto agli islamici moderati: loro sanno che avere fede significa accogliere la volontà di Dio. Perciò i musulmani moderati devono reagire alla follia distruttrice dell’Isis e cercare di interagire con tutta la popolazione e di collaborare con il resto della società. Solo così possono fare il bene comune, il bene di tutta la gente e quindi anche il loro bene”.
Lo Stato islamico sta diventando sempre più potente ed è attivo non più solo in Iraq ed in Siria, ma sta guadagnando forza anche in Afghanistan ed in Africa, dove alcuni gruppi una volta fedeli ad al Qaeda hanno giurato fedeltà all'Isis. Cosa li unisce?
“Quelli che sono contrari al dialogo fanno il male di tutti, per questo è determinante il ruolo dei musulmani moderati. Il prevalere del moderatismo equivale alla vittoria del bene comune ed è l’unica salvezza in questa situazione esplosiva per l’intero scacchiere internazionale. Deve essere una priorità geopolitica per l’Occidente e l’Onu”.
La comunità internazionale dovrebbe dedicare più sforzi a contrastare la radicalizzazione dell’Islam?
“Sì. Se in Iraq e nel resto del Medio Oriente stiamo così male è proprio perché il mondo tace, non fa niente. E così noi cristiani siamo in mezzo, tra due fuochi. Come le altre minoranze cerchiamo solo di sopravvivere ma quando usciamo di casa la mattina non sappiamo se vi faremo ritorno la sera. Siamo minacciati, attaccati, perseguitati. Gli spietati miliziani dell’Isis non hanno misericordia, non hanno Dio. Uccidono senza un barlume di umanità”.
La situazione dei cristiani iracheni è peggiorata rispetto all’epoca di Saddam?
“Non si possono fare paragoni. L’insicurezza e la paura di oggi sono senza dubbio maggiori. Ma sotto molti aspetti quello che di più terribile stiamo soffrendo oggi è il risultato della dittatura di Saddam Hussein. Intanto il mondo pensa agli interessi economici e vende armi per il massacro. Qui chi vince è il più forte e i fabbricanti di morte si arricchiscono con il sangue di migliaia di innocenti”.
E’ ancora possibile la pace?
“Ogni giorno è più lontana. Ci sono moderati che vogliono la pace e pensano al bene del popolo. Per loro, cristiani e musulmani, la voce di Papa Francesco è un aiuto e viene ascoltata. Ma i fondamentalisti e i signori della guerra non vogliono che alla gente arrivi il messaggio di pacificazione del Pontefice. Non lo vogliono sentire. Francesco sta con i poveri, è contro la guerra e i suoi discorsi ci donano speranza nel buio della paura. Il Giubileo della misericordia avrà ancora più significato qui che nel resto del mondo perché sarà un aiuto per tutto quelli che ora soffrono e che vogliono vivere in sicurezza e in pace”
Come si vive quando si è bersaglio dei terroristi?
“Molto male. Vogliamo pace e sicurezza, chiediamo solo di poter vivere senza la paura costante di essere attaccati. Non siamo tranquilli, l’agitazione aumenta man mano che la pace si allontana. Invece di migliorare la situazione peggiora ogni giorno. Senza un minimo di tranquillità non è possibile condurre una vita normale”.
Un anno dopo la proclamazione del Califfato da parte di Abu Bakr al Baghdadi, lo Stato islamico sta acquistando forza e terreno, espandendosi oltre i confini di Iraq e Siria. Manca una strategia efficace da parte della comunità internazionale?
“Sì. Pur in condizioni disperate, il nostro impegno sul territorio è quello di preservare spazi di dialogo. Al bene comune serve il buon senso. E invece purtroppo sta prendendo sempre più campo il fanatismo e per questo va tutto male”.
Quale argine può fermare l’avanzata dei jihadisti?
“Solo una reazione dei sunniti moderati. I fondamentalisti fanatici agli ordini di al-Baghdadi non hanno mai letto le Sacre Scritture altrimenti saprebbero che Dio è misericordioso. Il mio appello è rivolto agli islamici moderati: loro sanno che avere fede significa accogliere la volontà di Dio. Perciò i musulmani moderati devono reagire alla follia distruttrice dell’Isis e cercare di interagire con tutta la popolazione e di collaborare con il resto della società. Solo così possono fare il bene comune, il bene di tutta la gente e quindi anche il loro bene”.
Lo Stato islamico sta diventando sempre più potente ed è attivo non più solo in Iraq ed in Siria, ma sta guadagnando forza anche in Afghanistan ed in Africa, dove alcuni gruppi una volta fedeli ad al Qaeda hanno giurato fedeltà all'Isis. Cosa li unisce?
“Quelli che sono contrari al dialogo fanno il male di tutti, per questo è determinante il ruolo dei musulmani moderati. Il prevalere del moderatismo equivale alla vittoria del bene comune ed è l’unica salvezza in questa situazione esplosiva per l’intero scacchiere internazionale. Deve essere una priorità geopolitica per l’Occidente e l’Onu”.
La comunità internazionale dovrebbe dedicare più sforzi a contrastare la radicalizzazione dell’Islam?
“Sì. Se in Iraq e nel resto del Medio Oriente stiamo così male è proprio perché il mondo tace, non fa niente. E così noi cristiani siamo in mezzo, tra due fuochi. Come le altre minoranze cerchiamo solo di sopravvivere ma quando usciamo di casa la mattina non sappiamo se vi faremo ritorno la sera. Siamo minacciati, attaccati, perseguitati. Gli spietati miliziani dell’Isis non hanno misericordia, non hanno Dio. Uccidono senza un barlume di umanità”.
La situazione dei cristiani iracheni è peggiorata rispetto all’epoca di Saddam?
“Non si possono fare paragoni. L’insicurezza e la paura di oggi sono senza dubbio maggiori. Ma sotto molti aspetti quello che di più terribile stiamo soffrendo oggi è il risultato della dittatura di Saddam Hussein. Intanto il mondo pensa agli interessi economici e vende armi per il massacro. Qui chi vince è il più forte e i fabbricanti di morte si arricchiscono con il sangue di migliaia di innocenti”.
E’ ancora possibile la pace?
“Ogni giorno è più lontana. Ci sono moderati che vogliono la pace e pensano al bene del popolo. Per loro, cristiani e musulmani, la voce di Papa Francesco è un aiuto e viene ascoltata. Ma i fondamentalisti e i signori della guerra non vogliono che alla gente arrivi il messaggio di pacificazione del Pontefice. Non lo vogliono sentire. Francesco sta con i poveri, è contro la guerra e i suoi discorsi ci donano speranza nel buio della paura. Il Giubileo della misericordia avrà ancora più significato qui che nel resto del mondo perché sarà un aiuto per tutto quelli che ora soffrono e che vogliono vivere in sicurezza e in pace”
Come si vive quando si è bersaglio dei terroristi?
“Molto male. Vogliamo pace e sicurezza, chiediamo solo di poter vivere senza la paura costante di essere attaccati. Non siamo tranquilli, l’agitazione aumenta man mano che la pace si allontana. Invece di migliorare la situazione peggiora ogni giorno. Senza un minimo di tranquillità non è possibile condurre una vita normale”.