By Radiovaticana
Sentiamo la vicinanza del Papa e la preghiera dei cristiani ma abbiamo bisogno di un intervento internazionale per sconfiggere il terrorismo dello Stato islamico: è quanto afferma ai nostri microfoni il patriarca caldeo di Baghdad Louis Raphaël I Sako, che oggi, a Jelsi in provincia di Campobasso, riceve il Premio internazionale “La traglia, etnie e comunità”, istituito a difesa delle minoranze. Ascoltiamo il patriarca Sako nell'intervista di Sergio Centofanti:
Questo premio non è per me, personalmente, ma per tutti coloro che lavorano per la pace, per il dialogo. Secondo me, è dato a tutti, non solo ai cristiani, ma anche ai musulmani che vogliono un mondo migliore, un mondo in cui tutti possano vivere nella gioia e nella dignità.Qual è la situazione oggi dell’Iraq?
E’ una situazione molto brutta a causa della guerra che fa tanti morti, tanti rifugiati e distruzione.
Qual è la situazione dei cristiani e che Chiesa è oggi quella irachena?
I cristiani pagano il prezzo di questa guerra settaria fra sunniti e sciiti, ma anche della guerra nel Medio Oriente. L’identità di questa Chiesa è quella di una Chiesa martire.
Ci sono tanti sfollati che vivono una situazione drammatica…
120 mila sfollati. Ma c’è anche un’angoscia psicologica un po’ dappertutto: come sarà il futuro? Ci sarà un’avvenire o no? La risposta è oscura.
I cristiani continuano a lasciare l’Iraq?
Si, purtroppo
La comunità internazionale cosa fa e che cosa può fare di più
E’ una politica alla ricerca degli interessi economici e non del benessere delle persone: loro non cercano la pace. Fabbricare armi vuol dire fabbricare anche guerre. Ci vuole un rinnovamento della politica e dell’economia, ma anche della religione. I musulmani devono fare una lettura all’interno dell’islam per scoprire il messaggio positivo per la vita umana, il rispetto della dignità della persona.
Come combattere il terrorismo dello Stato Islamico?
Ci vuole un’azione effettiva, internazionale, perché questi Paesi da soli non possono combattere l’Is, che è uno Stato: ha soldi, vende petrolio, ha armi e tanti jihadisti che aumentano.
Che cosa possono fare i cristiani di tutto il mondo per voi?
Possono aiutare, ma ciò di cui noi abbiamo più bisogno è l’amicizia, la solidarietà, la vicinanza. Io direi che la preghiera può fare un miracolo, cambiare il cuore di questi uomini: la conversione, la riconciliazione fra i politici.
I cristiani iracheni sentono la vicinanza di Papa Francesco?
Sì, sì, ma aspettano una sua visita pastorale. Abbiamo bisogno della sua presenza fra noi, in modo che ci dia tanta forza, tanta speranza, non solo ai cristiani, ma a tutti. Il Papa è un simbolo non solo per i cristiani - è un’autorità internazionale, spirituale e morale - e tutti aspettano questa presenza in mezzo a noi. Ci potrà dare tanta forza per perseverare e non lasciare.
Sentiamo la vicinanza del Papa e la preghiera dei cristiani ma abbiamo bisogno di un intervento internazionale per sconfiggere il terrorismo dello Stato islamico: è quanto afferma ai nostri microfoni il patriarca caldeo di Baghdad Louis Raphaël I Sako, che oggi, a Jelsi in provincia di Campobasso, riceve il Premio internazionale “La traglia, etnie e comunità”, istituito a difesa delle minoranze. Ascoltiamo il patriarca Sako nell'intervista di Sergio Centofanti:
Questo premio non è per me, personalmente, ma per tutti coloro che lavorano per la pace, per il dialogo. Secondo me, è dato a tutti, non solo ai cristiani, ma anche ai musulmani che vogliono un mondo migliore, un mondo in cui tutti possano vivere nella gioia e nella dignità.Qual è la situazione oggi dell’Iraq?
E’ una situazione molto brutta a causa della guerra che fa tanti morti, tanti rifugiati e distruzione.
Qual è la situazione dei cristiani e che Chiesa è oggi quella irachena?
I cristiani pagano il prezzo di questa guerra settaria fra sunniti e sciiti, ma anche della guerra nel Medio Oriente. L’identità di questa Chiesa è quella di una Chiesa martire.
Ci sono tanti sfollati che vivono una situazione drammatica…
120 mila sfollati. Ma c’è anche un’angoscia psicologica un po’ dappertutto: come sarà il futuro? Ci sarà un’avvenire o no? La risposta è oscura.
I cristiani continuano a lasciare l’Iraq?
Si, purtroppo
La comunità internazionale cosa fa e che cosa può fare di più
E’ una politica alla ricerca degli interessi economici e non del benessere delle persone: loro non cercano la pace. Fabbricare armi vuol dire fabbricare anche guerre. Ci vuole un rinnovamento della politica e dell’economia, ma anche della religione. I musulmani devono fare una lettura all’interno dell’islam per scoprire il messaggio positivo per la vita umana, il rispetto della dignità della persona.
Come combattere il terrorismo dello Stato Islamico?
Ci vuole un’azione effettiva, internazionale, perché questi Paesi da soli non possono combattere l’Is, che è uno Stato: ha soldi, vende petrolio, ha armi e tanti jihadisti che aumentano.
Che cosa possono fare i cristiani di tutto il mondo per voi?
Possono aiutare, ma ciò di cui noi abbiamo più bisogno è l’amicizia, la solidarietà, la vicinanza. Io direi che la preghiera può fare un miracolo, cambiare il cuore di questi uomini: la conversione, la riconciliazione fra i politici.
I cristiani iracheni sentono la vicinanza di Papa Francesco?
Sì, sì, ma aspettano una sua visita pastorale. Abbiamo bisogno della sua presenza fra noi, in modo che ci dia tanta forza, tanta speranza, non solo ai cristiani, ma a tutti. Il Papa è un simbolo non solo per i cristiani - è un’autorità internazionale, spirituale e morale - e tutti aspettano questa presenza in mezzo a noi. Ci potrà dare tanta forza per perseverare e non lasciare.