“Baghdad ha perduto la sua bellezza e non ne è rimasto che il nome.
Rispetto a ciò che essa era un tempo, prima che gli eventi la colpissero e gli occhi delle calamità si rivolgessero a lei, essa non è più che una traccia annullata, o una sembianza di emergente fantasma.”
Ibn Battuta
"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
«Fate qualcosa o l’Isis verrà a bussare anche alle vostre
porte». E ucciderà, perché «noi amiamo, loro vogliono cancellarci». Va
oltre ogni “buonismo” l’appello del vescovo ausiliare caldeo di Baghdad,
monsignor Shlemon Warduni, per fare capire quali siano le condizioni di
vita dei cristiani in Iraq e Medio Oriente, vittime di un vero e
proprio genocidio.
Il ragionamento complessivo del presule, nato in un villaggio vicino a
Mosul 72 anni fa, verrà reso noto oggi, con l’uscita del settimanale
diocesano Il Popolo, di cui l’agenzia dei vescovi Sir ha diffuso
un’anticipazione. «La situazione di tutti gli iracheni peggiora di giorno in giorno. Però
– rileva il vescovo – i cristiani devono pazientare molto di più: sono
in costante calo. Siamo sempre di meno». Sino a qualche anno fa, secondo
le stime, in Iraq erano un milione e mezzo. «Poi hanno cominciato a
scendere: prima sotto il milione, poi ancora di più. Oggi siamo 350-400
mila».
La loro vita quotidiana è difficile: «Lavorare è impossibile. Da
qualche giorno i cristiani non possono più vendere alcolici. E le
uccisioni e ancora di più i rapimenti sono frequenti. Bisogna sempre
essere prudenti». La libertà di culto viene garantita, ma non quella di
coscienza: «Domenica scorsa ho celebrato la prima comunione di dodici
bambini. È possibile per loro seguire i catechismo, ci sono raduni di giovani
delle nostre parrocchie». Ma resta il fatto che «i cristiani possono
farsi musulmani, i musulmani non possono farsi cristiani. Se un
musulmano decide di farsi cristiano viene ucciso. Se un papà e una mamma
cristiani si fanno musulmani i loro figli diventano in automatico
musulmani».
Ma il vescovo, che è anche presidente della Caritas irachena, è
ancora più esplicito, quando si parla di Isis. «Il mondo è in colpa sul
fronte Isis. Sta a guardare e non fa niente. Anzi, peggio: gli vende le
armi». Per monsignor Warduni, sono due le cose urgenti: «Dire
insistentemente ai diplomatici di fare qualcosa, di prendere sul serio
l’Isis perché non si può stare tranquilli. Ormai nessuno può esserlo».
Perché, ha aggiunto, «prima o poi verranno a bussare alle vostre
porte». Secondo: «Non vendere più le armi. Questo è terribile: interessi
economici, di soldi da incassare, più forti delle vite uccise e
violate. Questo si trasforma in un terrore sempre più diffuso».
Gli attentati in Francia, Belgio, Tunisia «dicono al mondo intero un
messaggio le autorità non sembrano recepire. Dicono che noi cristiani
amiamo tutti in nome di Cristo. Ma che loro non sono così. Loro vogliono
ucciderci, eliminarci ed essere gli unici. Vogliono cancellare noi per
esserci loro. E questo stanno facendo».
Il vescovo Shlemon Warduni – che ieri ha visitato la tomba dei santi
martiri concordiesi assieme a don Andrea Vena – stasera sarà a Bibione,
alle 21.15, nella chiesa di via Antares: riceverà il premio “Luigi
Padovese” (prima edizione), destinato alla chiesa cristiana in Medio
Oriente. L’iniziativa è inserita nel cartellone delle “giornate
dell’Avvenire” che per la nona edizione hanno come tema “Frammenti di
bellezza, per un nuovo umanesimo”. Monsignor Luigi Padovese era vicario apostolico dell’Anatolia e fu
assassinato, il 3 giugno di 5 anni fa, dal suo autista a Iskenderun. Il
vescovo era stato ucciso in casa sua: l’autopsia chiarì che fu
accoltellato in tutto il corpo, otto fendenti al cuore. Prima di morire,
monsignor Padovese, originario di Summaga di Portogruaro, era riuscito a
raggiungere la soglia di casa per chiedere aiuto. Poi il suo assassino
lo aveva sgozzato, era salito sul tetto della casa e aveva gridato: «Ho
ammazzato il grande satana! Allahu Akbar».