By Terra Santa blog
Emilie Rey
Emilie Rey
La Custodia di Terra Santa, presente e attiva in varie città e paesi del
Libano, ha ricevuto la richiesta di aiuto da alcune famiglie cristiane
di Qaraqosh rifugiate nel Paese dei Cedri.
Ci rechiamo nella Parrocchia francescana di Deir Mimas, all’estremo Sud del Libano, dove padre Toufic ha deciso di prestare aiuto a queste famiglie.
In questo mesi invernali, i chilometri scorrono veloci sul tachimetro dell’auto di padre Toufic. È il primo giorno della settimana e, come di consueto, deve celebrare due messe: la prima alle 8,30 nella città costiera di Tiro, la seconda alle 11,00 sulle montagne lontane di Deir Mimas, dove la Custodia di Terra Santa, da oltre sessant’anni, gestisce una chiesa e un convento. Non c’è tempo da perdere, i fedeli non si fanno aspettare, soprattutto gli ultimi arrivati in Parrocchia, giusto le famiglie cristiane venute da Qaraqosh in Iraq.
Dopo aver lasciato parenti, lavoro e i propri beni, da alcune settimane i profughi hanno trovato rifugio in questo nido appollaiato sui monti di Deir Mimas, a 90 KM da Beirut. Padre Toufic, che si cura della Parrocchia latina, insieme agli abitanti di questo paesino cristiano di 400 anime, ha accolto i profughi materialmente e moralmente. «Come fare diversamente? -domanda una delle parrocchiane all’uscita della messa- Ogni giorno si sente parlare della situazione del popolo iracheno, in particolare dei cristiani che hanno dovuto fuggire, sotto la minaccia dello Stato islamico. Allora, quando ci è stato detto: “Domani alcune famiglie cristiane di Qaraqosh si rifugeranno qui”, ci siamo organizzati». La semplicità e la simpatia spontanea degli abitanti di Deir Mimas ci stupiscono, soprattutto pensando alla pressione demografica ed economica che pesa sul Libano nel dover sostenere 1,6 milioni di esuli Siriani, 300.000 Palestinesi e 9.000 Iracheni già rifugiati nel Paese.
Come accogliere le famiglie prive di tutto, dove alloggiarle, in che scuole inserire dove i bambini? Gli abitanti di Deir Mimas non vivono di rendita; la maggior parte di loro sono da produttori di olive o impiegati della UNIFIL – la Forza d’Interposizione delle Nazioni Unite in Libano. L’economia del Sud del Libano è stata inoltre indebolita dalle guerre con Israele; l’ultima risale al 2006.
È stata fondamentale l’inventiva di padre Toufic, francescano libanese e Guardiano del Convento di Beirut, che ci spiega: «Per una parte degli abitanti, Deir Mimas è soltanto una residenza estiva; durante l’anno alcuni preferiscono il clima più mite di Beirut. Abbiamo chiesto la disponibilità ad affittare a modico prezzo le loro case per accogliere queste famiglie». Così si attua un aiuto reciproco e ‘ecumenico’: la Custodia di Terra Santa sostiene gli affitti di sette appartamenti messi a disposizione, la Parrocchia greco-ortodossa fa il pieno di nafta per l’inverno, gli abitanti donano vestiti e alimenti.
Lena Ghazzi, unica donna eletta al Consiglio Municipale della città, si dà da fare: distribuzione le razioni alimentari, collaborando con le ONG che possono farsi carico delle spese sanitarie, dei trasporti, degli interpreti… È lei che ci accompagna a incontrare una famiglia. Padre Toufic arriva con le braccia cariche: i bambini accorrono, poiché in poche settimane è diventato di famiglia!
Najlaa, una madre trentenne di tre bambini che non la lasciano mai: Rania, la maggiore di dieci anni; David, che ha festeggiato gli otto anni il giorno d’arrivo in paese; l’ultima, Nour, che non ha ancora quattro anni. La loro storia è purtroppo simile a quella di tante famiglie di Qaraqosh, la più grande città cristiana dell’Iraq. Il 7 agosto 2014, la città è caduta nelle mani degli islamisti e, dopo settimane di angoscia e resistenza, c’è stata la fuga improvvisa. Prima destinazione, la Turchia: «C’era l’ostacolo della lingua, noi parliamo aramaico o arabo, ma non turco. I cristiani non sono benvenuti e abbiamo dovuto nasconderci per quaranta giorni; non uscivamo e non parlavamo con nessuno», racconta la giovane madre, mentre guarda i suoi bambini. Il loro profondo silenzio non lascia alcun dubbio: tra l’esodo, l’illegalità e la povertà, sanno che la loro vita non sarà più come prima. Najla e suo marito, insegnante, avevano una vita confortevole, possedevano anche un’auto. Raina, la bimba di dieci anni, ci dice che la sua casa le manca, così come le mancano i suoi amici; le piacerebbe andare a scuola, imparare l’inglese; «Ma mi piace il Libano», aggiunge sorridendo.
Nutrire la speranza
Domenica mattina, gli esuli vengono ad ascoltare le omelie di padre Toufic. Queste famiglie cattoliche di rito orientale professano la stessa fede in Gesù Cristo e partecipano alla stessa eucaristia. Nel paese non ci sono parrocchie cattoliche di rito siriaco, quindi le famiglie si recano nella chiesa più accogliente. Padre Toufic se ne fa un onore: «Papa Francesco non cessa d’invitare la Chiesa ad avvicinarsi ai nostri fratelli cristiani d’Oriente; è adesso che hanno bisogno di noi». Così Natale è stato celebrato nella gioia. È stato organizzato un grande pranzo con distribuzione di regali ai bambini. Per l’anno venturo si stanno preparando attività ricreative e l’animazione spirituale per i giovani. La parrocchia francescana dispone di una grande sala per incontri e di un campo sportivo: «Almeno qualche ora, ogni sabato, andrà bene come inizio», spera l’instancabile francescano. «Queste famiglie hanno perso quasi tutto, non possiamo lasciare andare alla deriva la loro speranza cristiana, bisogna continuare a nutrirla», ci confida.
Il francescano non è sacerdote siriaco e non ha l’ambizione di diventarlo: «Sono cattolico latino e sono felice che alcuni fratelli di un altro rito possano scoprire il nostro modo di vivere la fede, anche se sono solo di passaggio. Dobbiamo arricchirci di questo incontro». Queste famiglie irachene hanno affidato l’incertezza del loro destino alla protezione di San Mamas, martire del III secolo che ha dato il nome al paese. «Qui ci sentiamo quasi a casa perché siamo guardati con benevolenza», conclude Najla.
Un autobus per andare a scuola Arrivate a Deir Mimas, queste otto famiglie irachene – soprattutto i diciannove giovani che le compongono – hanno bisogno di integrarsi nella società libanese. I bambini sono stati iscritti nelle scuole vicine di Klayaa, ma non possono frequentare, non avendo risorse per pagare il trasporto scolastico. «Per questi diciannove giovani, un minibus per condurli cinque volte la settimana per i prossimi sei mesi costerebbe solo 1.500 euro» spiega padre Toufic. I bambini potrebbero non solo andare a scuola, ma soprattutto uscire dalle loro case, cambiar aria e giocare con i ragazzi della loro età.
Ci rechiamo nella Parrocchia francescana di Deir Mimas, all’estremo Sud del Libano, dove padre Toufic ha deciso di prestare aiuto a queste famiglie.
In questo mesi invernali, i chilometri scorrono veloci sul tachimetro dell’auto di padre Toufic. È il primo giorno della settimana e, come di consueto, deve celebrare due messe: la prima alle 8,30 nella città costiera di Tiro, la seconda alle 11,00 sulle montagne lontane di Deir Mimas, dove la Custodia di Terra Santa, da oltre sessant’anni, gestisce una chiesa e un convento. Non c’è tempo da perdere, i fedeli non si fanno aspettare, soprattutto gli ultimi arrivati in Parrocchia, giusto le famiglie cristiane venute da Qaraqosh in Iraq.
Dopo aver lasciato parenti, lavoro e i propri beni, da alcune settimane i profughi hanno trovato rifugio in questo nido appollaiato sui monti di Deir Mimas, a 90 KM da Beirut. Padre Toufic, che si cura della Parrocchia latina, insieme agli abitanti di questo paesino cristiano di 400 anime, ha accolto i profughi materialmente e moralmente. «Come fare diversamente? -domanda una delle parrocchiane all’uscita della messa- Ogni giorno si sente parlare della situazione del popolo iracheno, in particolare dei cristiani che hanno dovuto fuggire, sotto la minaccia dello Stato islamico. Allora, quando ci è stato detto: “Domani alcune famiglie cristiane di Qaraqosh si rifugeranno qui”, ci siamo organizzati». La semplicità e la simpatia spontanea degli abitanti di Deir Mimas ci stupiscono, soprattutto pensando alla pressione demografica ed economica che pesa sul Libano nel dover sostenere 1,6 milioni di esuli Siriani, 300.000 Palestinesi e 9.000 Iracheni già rifugiati nel Paese.
Come accogliere le famiglie prive di tutto, dove alloggiarle, in che scuole inserire dove i bambini? Gli abitanti di Deir Mimas non vivono di rendita; la maggior parte di loro sono da produttori di olive o impiegati della UNIFIL – la Forza d’Interposizione delle Nazioni Unite in Libano. L’economia del Sud del Libano è stata inoltre indebolita dalle guerre con Israele; l’ultima risale al 2006.
È stata fondamentale l’inventiva di padre Toufic, francescano libanese e Guardiano del Convento di Beirut, che ci spiega: «Per una parte degli abitanti, Deir Mimas è soltanto una residenza estiva; durante l’anno alcuni preferiscono il clima più mite di Beirut. Abbiamo chiesto la disponibilità ad affittare a modico prezzo le loro case per accogliere queste famiglie». Così si attua un aiuto reciproco e ‘ecumenico’: la Custodia di Terra Santa sostiene gli affitti di sette appartamenti messi a disposizione, la Parrocchia greco-ortodossa fa il pieno di nafta per l’inverno, gli abitanti donano vestiti e alimenti.
Lena Ghazzi, unica donna eletta al Consiglio Municipale della città, si dà da fare: distribuzione le razioni alimentari, collaborando con le ONG che possono farsi carico delle spese sanitarie, dei trasporti, degli interpreti… È lei che ci accompagna a incontrare una famiglia. Padre Toufic arriva con le braccia cariche: i bambini accorrono, poiché in poche settimane è diventato di famiglia!
Najlaa, una madre trentenne di tre bambini che non la lasciano mai: Rania, la maggiore di dieci anni; David, che ha festeggiato gli otto anni il giorno d’arrivo in paese; l’ultima, Nour, che non ha ancora quattro anni. La loro storia è purtroppo simile a quella di tante famiglie di Qaraqosh, la più grande città cristiana dell’Iraq. Il 7 agosto 2014, la città è caduta nelle mani degli islamisti e, dopo settimane di angoscia e resistenza, c’è stata la fuga improvvisa. Prima destinazione, la Turchia: «C’era l’ostacolo della lingua, noi parliamo aramaico o arabo, ma non turco. I cristiani non sono benvenuti e abbiamo dovuto nasconderci per quaranta giorni; non uscivamo e non parlavamo con nessuno», racconta la giovane madre, mentre guarda i suoi bambini. Il loro profondo silenzio non lascia alcun dubbio: tra l’esodo, l’illegalità e la povertà, sanno che la loro vita non sarà più come prima. Najla e suo marito, insegnante, avevano una vita confortevole, possedevano anche un’auto. Raina, la bimba di dieci anni, ci dice che la sua casa le manca, così come le mancano i suoi amici; le piacerebbe andare a scuola, imparare l’inglese; «Ma mi piace il Libano», aggiunge sorridendo.
Nutrire la speranza
Domenica mattina, gli esuli vengono ad ascoltare le omelie di padre Toufic. Queste famiglie cattoliche di rito orientale professano la stessa fede in Gesù Cristo e partecipano alla stessa eucaristia. Nel paese non ci sono parrocchie cattoliche di rito siriaco, quindi le famiglie si recano nella chiesa più accogliente. Padre Toufic se ne fa un onore: «Papa Francesco non cessa d’invitare la Chiesa ad avvicinarsi ai nostri fratelli cristiani d’Oriente; è adesso che hanno bisogno di noi». Così Natale è stato celebrato nella gioia. È stato organizzato un grande pranzo con distribuzione di regali ai bambini. Per l’anno venturo si stanno preparando attività ricreative e l’animazione spirituale per i giovani. La parrocchia francescana dispone di una grande sala per incontri e di un campo sportivo: «Almeno qualche ora, ogni sabato, andrà bene come inizio», spera l’instancabile francescano. «Queste famiglie hanno perso quasi tutto, non possiamo lasciare andare alla deriva la loro speranza cristiana, bisogna continuare a nutrirla», ci confida.
Il francescano non è sacerdote siriaco e non ha l’ambizione di diventarlo: «Sono cattolico latino e sono felice che alcuni fratelli di un altro rito possano scoprire il nostro modo di vivere la fede, anche se sono solo di passaggio. Dobbiamo arricchirci di questo incontro». Queste famiglie irachene hanno affidato l’incertezza del loro destino alla protezione di San Mamas, martire del III secolo che ha dato il nome al paese. «Qui ci sentiamo quasi a casa perché siamo guardati con benevolenza», conclude Najla.
Un autobus per andare a scuola Arrivate a Deir Mimas, queste otto famiglie irachene – soprattutto i diciannove giovani che le compongono – hanno bisogno di integrarsi nella società libanese. I bambini sono stati iscritti nelle scuole vicine di Klayaa, ma non possono frequentare, non avendo risorse per pagare il trasporto scolastico. «Per questi diciannove giovani, un minibus per condurli cinque volte la settimana per i prossimi sei mesi costerebbe solo 1.500 euro» spiega padre Toufic. I bambini potrebbero non solo andare a scuola, ma soprattutto uscire dalle loro case, cambiar aria e giocare con i ragazzi della loro età.