"La situazione sta peggiorando. Gridate con noi che i diritti umani sono calpestati da persone che parlano in nome di Dio ma che non sanno nulla di Lui che è Amore, mentre loro agiscono spinti dal rancore e dall'odio.
Gridate: Oh! Signore, abbi misericordia dell'Uomo."

Mons. Shleimun Warduni
Baghdad, 19 luglio 2014

19 gennaio 2015

Patriarca caldeo: Musulmani e cristiani uniti devono guidare la lotta al fondamentalismo


"I nostri fratelli musulmani devono assumere, per primi, l'iniziativa e promuovere una campagna che respinga ogni forma di discriminazione di natura confessionale".
È quanto ha sottolineato il patriarca caldeo Mar Louis Raphael I Sako, intervenendo ad un convegno organizzato nel fine settimana a Baghdad dall'Iraqi Center for Diversity Management (Icdm). Il patriarca si rivolge agli oltre 1,6 miliardi di fedeli musulmani, in maggioranza moderati, sparsi nel mondo, invitandoli a promuovere un progetto congiunto volto a "smantellare l'ideologia fondamentalista" in ogni sua forma. Una proposta che, per avere successo, deve essere sostenuta e guidata proprio dagli stessi fedeli dell'islam.
Nel suo intervento, mar Sako parla del dramma dei cristiani di Mosul e della piana di Ninive, dove circa 500mila persone  sono fuggite fra giugno e agosto dello scorso anno, in seguito all'avanzata dello Stato islamico, che ha fondato un Califfato e imposto la sharia. I cristiani che, assieme ad altre minoranze religiose, "un tempo erano maggioranza" hanno "legami profondi" col territorio; essi hanno contribuito - aggiunge mar Sako - alla costruzione dell'Iraq e allo sviluppo della stessa cultura islamica.
Queste comunità "oggi sono emarginate" e "sono state trattate in modo duro e brutale", tanto che oggi a Mosul e nella piana di Ninive "non vi è nemmeno un cristiano". Per il patriarca di Baghdad la minaccia più grande "non è solo il terrorismo dello Stato islamico" o di altre "organizzazioni terroriste", ma è l'ideologia "takfiri" che considera "miscredenti" gli stessi musulmani che non appoggiano il modo di pensare e agire, basato sulla violenza e la sopraffazione. Egli punta il dito contro "forze" che commettono violenze e sono incentrate su logiche di potere "coperte dal manto della religione".
Per superare uno dei periodi più difficili della storia dell'Iraq, della regione mediorientale e delle stesse minoranze cristiane, mar Sako propone un progetto comune incentrato su tre punti principali: costruire un'opinione pubblica islamica "aperta e illuminata", mediante "la revisione dei testi" religiosi e storici; a questo si aggiunge un'interpretazioni dei testi "appropriata", che metta al bando la logica della violenza; infine, la promozione di una "cultura dell'accettazione e della conoscenza reciproca", come "fratelli e cittadini" di una stessa nazione. In quest'ottica sarà essenziale il ruolo "delle autorità religiose e politiche" musulmane, per "vincere ogni forma di violenza".
Ringraziando i responsabili dell'Icdm a Baghdad per l'impegno nella promozione della "cultura della co-esistenza pacifica" e del "rispetto per diversità e pluralismo", mar Sako conclude ricordando che "non c'è altro futuro" che non sia quello di "pace, armonia e cooperazione". Un obiettivo comune a musulmani, cristiani, fedeli di altre religioni, e che deve essere sostenuto anche "dai media" che devono fornire informazioni e contenuti "rispettosi delle religioni" e della sensibilità dei credenti.